
Gli scimpanzé curano le ferite aperte con gli insetti

Lo studio “Application of insects to wounds of self and others by chimpanzees in the wild”, pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori guidato da Alessandra Mascaro del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie e che comprende anche scienziati dell’Universtät Osnabrück e dell'Ozouga Chimpanzee Project ha rivelato un altro sorprendente aspetto della vita degli scimpanzé, avvicinandoli ancora di più a noi. Infatti, i ricercatori tedeschi hanno osservato per la prima volta gli scimpanzé applicarsi degli insetti sulle loro ferite e curare con lo stesso sistema le ferite dei loro simili
Gli scimpanzé vivono, in popolazioni molto ridotte rispetto al passato, in tutta l'Africa equatoriale, compreso il Loango National Park in Gabon dove ha sede l’Ozouga Chimpanzee Project, guidato da due autori dello studio, il primatologo Tobias Deschner e la biologa cognitiva Simone Pika, entrambi dell’università di Osnabrück, che studia il comportamento di una comunità di circa 45 scimpanzé con un'attenzione particolare alle loro relazioni sociali, interazioni e controversie con altri gruppi, al loro comportamento di caccia, all'utilizzo degli strumenti e alle loro capacità cognitive e comunicative.
La Pika evidenzia che «L'automedicazione – nella quale gli individui utilizzano parti di piante o sostanze non nutrizionali per combattere agenti patogeni o parassiti - è stata osservata in più specie animali tra cui insetti, rettili, uccelli e mammiferi. I nostri due parenti viventi più stretti, scimpanzé e bonobo, per esempio, ingoiano foglie di piante con proprietà antielmintiche e masticano foglie amare che hanno proprietà chimiche per uccidere i parassiti intestinali».
Ma finora, nonostante ricerche sul campo durate decenni in altri nell'Africa occidentale e orientale, l'applicazione esterna di materia animale su ferite aperte, non er mai stata documentata. Deschner. Spiega: «Le nostre osservazioni forniscono la prima prova che gli scimpanzé catturano regolarmente insetti e li applicano su ferite aperte. Ora miriamo a studiare le potenziali conseguenze benefiche di un comportamento così sorprendente».
Ma come è avvenuta questa scoperta? La Mascaro, all'epoca volontaria dell’Ozouga Chimpanzee Project, la ricorda così: «Nel 2019, stavo seguendo una femmina di scimpanzé di nome Suzee, e l'ho osservata mentre si prendeva cura del piede ferito del figlio adolescente, Sia. Ho notato che lei sembrava avere qualcosa tra le labbra che ha poi applicato alla ferita sul piede di Sia. Più tardi quella sera, ho rivisto i miei video e ho visto che Suzee aveva prima allungato una mano per prendere qualcosa che aveva messo tra le labbra e poi direttamente sulla ferita aperta sul piede di Sia. Discutendo queste osservazioni e la possibile funzione del comportamento con i membri del team, ci siamo resi conto che non avevamo mai visto un comportamento del genere e che non era mai stato nemmeno documentato prima».
Una settimana dopo, un’altra autrice dello studio, Lara Southern dell’Institut für Kognitionswissenschaft dell’università di Osnabrück, ha osservato un maschio adulto, Freddy, che mostrava un comportamento simile. Poi il team di ricercatori ha scoperto che, dato dove e come erano stati catturati dagli scimpanzé, i minuscoli oggetti erano molto probabilmente insetti volanti.
Durante il 2020 i ricercatori hanno iniziato a osservare e filmare diligentemente tutti gli scimpanzé con ferite e hanno catalogato 22 eventi che per lo più coinvolgevano esemplari che applicavano insetti sulle loro ferite. Quasi un anno dopo l'osservazione della Mascaro della prima applicazione di insetti sulla ferita di un altro individuo, Southern ha assistito a un altro evento simile: «Un maschio adulto, Littlegrey, aveva una profonda ferita aperta sullo stinco e Carol, una femmina adulta, che lo stava accarezzando, all'improvviso si allungò per catturare un insetto. Quello che mi ha colpito di più è stato che lo ha consegnato a Littlegrey, che lo applicò sulla sua ferita e successivamente anche Carol e altri due scimpanzé adulti toccarono la ferita e vi spostarono l'insetto. I tre scimpanzé non imparentati sembravano eseguire questi comportamenti esclusivamente a beneficio del membro del loro gruppo».
Gli autori dello studio pensano che gli insetti che gli scimpanzé applicano sulle ferite potrebbero avere proprietà antinfiammatorie o antisettiche.
Nell’uomo, l’utilizzo di insetti per scopi terapeutici è fatto risalire al 1.400 a.C. ed è ancora in uso in diverse popolazioni umane che utilizzano una varietà di specie di insetti con effetti antibiotici e antivirali scientificamente provati.
Per quanto riguarda i nostri cugini primati, un'altra spiegazione di questo comportamento potrebbe essere che non abbia in realtà conseguenze benefiche ma che faccia parte della cultura locale degli scimpanzé, proprio come un gran numero di trattamenti medici e sciamanici nelle società umane.
La Pika pensa comunque che si tratti di qualcosa di mi molto rilevante dal punto di vista scientifico ed etologico: «Per me, essendo interessato alle capacità cognitive degli scimpanzé, è stato particolarmente sorprendente vedere che gli individui non solo curano le proprie ferite, ma quelle di altri individui non imparentati. Tali esempi di chiari comportamenti prosociali sono raramente osservati in specie non umane, ma ora queste osservazioni possono convincere anche gli scettici».
I ricercatori vogliono recuperare le parti rimanenti degli insetti per identificare la specie usata dagli scimpanzé per curarsi e poi eseguire saggi biologici che studino le loro potenziali proprietà farmaceutiche. Inoltre, il team si concentrerà anche sulla dimensione sociale del comportamento, «Come ad esempio chi sono gli attori principali e chi sono i principali destinatari del “trattamento”, nonché i processi di apprendimento sociale che ne consentono la trasmissione».
Deschner conclude: «E’ semplicemente affascinante vedere che dopo decenni di ricerche sugli scimpanzé selvatici, ci sorprendono ancora con nuovi comportamenti inaspettati. Il nostro studio mostra che c'è ancora molto da esplorare e scoprire sui nostri parenti viventi più stretti, e quindi dobbiamo impegnarci ancora di più per proteggerli nel loro habitat naturale».
