Global warming, a rischio più dell’80% dell’ecosistema terrestre: «Sarà un mondo diverso»
Lo scenario business-as-usual è insostenibile, ma grossi cambiamenti anche con 2 gradi in più
[9 Ottobre 2013]
Secondo il nuovo studio “Critical impacts of global warming on land ecosystems” pubblicato da un team di ricercatori tedeschi del Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (Pik) e dell’ Humboldt-Universität di Berlino su Earth SystemDynamics dell’European Geosciences Union (Egu) «Oltre l’80% del terreno libero dai ghiacci del mondo è a rischio di una profonda trasformazione dell’ecosistema entro il 2100», e Sebastian Ostberg, del Pik, spiega: «In sostanza, stiamo andando verso un mondo diverso da come lo conosciamo».
Ostberg ed il suo team hanno studiato gli impatti del cambiamento climatico sui territori, scoprendo che «Quasi nessuna zona del mondo è libera dal rischio che i cambiamenti climatici trasformino sostanzialmente i paesaggi, a meno che lsa mitigazione non limiti il riscaldamento a circa 2 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali».
I cambiamenti degli ecosistemi potrebbero riguardare le foreste boreali, che si trasformerebbero in savane temperate , gli alberi potrebbero crescere nella tundra attualmente congelata e le foreste tropicali di tutto il mondo potrebbero subire un forte degrado. Barbara Ferreira dell’ufficio esecutivo dell’Egu, scrive che «Tali profonde trasformazioni degli ecosistemi terrestri hanno il potenziale per influenzare la sicurezza alimentare ed idrica e, di conseguenza, l’impatto sul benessere umano, proprio come l’innalzamento del livello del mare ed i danni diretti degli eventi meteorologici estremi».
Lo studio indica che «Fino all’ 86 % degli ecosistemi terrestri naturali rimasti in tutto il mondo potrebbero essere a rischio di un importante cambiamento in uno scenario business-as -usual. Ciò presuppone che, alla fine di questo secolo, la temperatura media globale sarà di 4 – 5 gradi più calda che nel periodo preindustriale, data la riluttanza di molti Paesi a impegnarsi per tagli vincolanti delle emissioni e che il riscaldamento non è fuori questione per il 2100».
Ostberg sottolinea che «La ricerca dimostra che c’è una grande differenza nel rischio di un importante cambiamento dell’ecosistema a seconda se l’umanità continuerà con business as usual o se optiamo per un’efficace mitigazione dei cambiamenti climatici», ma anche se il global warming si limitasse a 2 gradi «Circa il 20 % degli ecosistemi terrestri , in particolare quelli ad alta quota (come Alpi e Appennini, ndr) ed alle alte latitudini, sono a rischio di trasformazione moderato o grave» .
I ricercatori hanno studiato più di 150 scenari climatici, trovando i cambiamenti dell’ecosistema con una ventina di diversi modelli climatici per i vari gradi di global varming. Wolfgang Lucht, del Dipartimento di geografia dell’Humboldt-Universität e coopresidente del settore ricerca dell’Earth System Analysis del Pik, evidenzia: «Il nostro studio è l’analisi più completa e coerente del rischio di un importante cambiamento dell’ecosistema da cambiamenti climatici su scala globale. Pochi studi precedenti hanno esaminato l’impatto globale dell’aumento delle temperature sugli ecosistemi a causa della loro complessità e di come sono interconnessi. Non esistono teorie e modelli informatici esaustivi di tali sistemi complessi e delle loro dinamiche fino ad una scala globale .
Un problema che il team tedesco j ha risolto misurando i cambiamenti simultanei nella biogeochimica della vegetazione terrestre e l’abbondanza relativa delle diverse specie vegetali. «Ogni modifica significativa della biogeochimica sottostante presenta una sfida all’adattamento ecologico , fondamentalmente destabilizzare per i nostri sistemi naturali», spiega Ostberg. I ricercatori hanno quindi definito un parametro per misurare la distanza tra un futuro ecosistema sottoposto al cambiamento climatico rispetto allo stato attuale . Il parametro include cambiamenti di variabili quali la struttura della vegetazione (il passaggio dagli alberi all’erba, per esempio), il carbonio stoccato nel suolo e nella vegetazione e la disponibilità di acqua dolce.
Ostberg conclude: «Il nostro indicator of ecosystem change è in grado di misurare l’effetto combinato del cambiamenti in molti processi ecosistemici, invece di guardare solo ad un unico processo. Spero che i nuovi risultati possano aiutare a informare i negoziati in corso sugli obiettivi di mitigazione del clima, così come la pianificazione dell’adattamento all’inevitabile cambiamento».