Google Earth rivela i trucchi della sovra-pesca: i furbetti intrappolati nella rete di Internet
[2 Dicembre 2013]
I dati ufficiali sulla sovra-pesca locale sono molto sottostimati: per svelare quel che tutti sospettavano è servito l’aiuto di Google Earth e di Al-Abdulrazzak e Daniel Pauly, che lavorano al Sea Around Us Project, ricercatori del Fisheries Centre, dell’università canadese della British Columbia.
Secondo quanto scrivono i due ricercatori nello studio “Managing fisheries from space: Google Earth improves estimates of distant fish catches” pubblicato su ICES Journal of Marine Science, «Le statistiche essenziali sulle catture segnalate alla Food and Agriculture Organization (Fao) dai Paesi membri restano inaffidabili». Ma Al-Abdulrazzak e Pauly hanno trovato il modo di colmare queste lacune utilizzando i recenti progressi nella tecnologia di telerilevamento che permettono di visualizzare le attività di pesca dallo spazio e lo hanno fatto utilizzando semplicemente Google Earth per contare gli sbarramenti di reti al largo della costa di 6 Paesi del Golfo Persico, o Golfo Arabico (in arabo Hadrah e in farsi: Moshta) .
Combinando con una procedura “Monte Carlo” il numero di reti da posta dighe con ipotesi sul pescato giornaliero e la lunghezza della stagione di pesca, i due ricercatori scrivono: «Si stima che 1.900 (± 79) sbarramenti contribuiscano a una cattura regionale fino a sei volte superiore alle catture dichiarate ufficialmente di 5.260 t. Questi risultati, che parlano dell’inaffidabilità delle statistiche della pesca riportate ufficialmente, forniranno il primo esempio di stima della catture di pesca dallo spazio e puntano al potenziale degli approcci del telerilevamento per convalidare statistiche sulle catture e le operazioni di pesca in generale».
Durante il 2005 le grandi trappole di reti nel Golfo Persico avrebbero quindi pescato circa 31.000 tonnellate di pesce all’anno. Si tratta di sbarramenti semi-permanenti che sfruttano le differenze di marea per intrappolare una grande varietà di specie marine e la stessa tecnica viene utilizzata nel Sudest asiatico, in Africa e in parte del Nord America, alcune di queste dighe superano i 100 metri di lunghezza.
Al-Abdulrazzak spiega che «questa antica tecnica di pesca è in funzione da migliaia di anni. Ma fino ad ora non siamo stati in grado di cogliere veramente il loro impatto sulle nostre risorse marine come abbiamo fatto con l’aiuto della moderna tecnologia».
Lo studio mostra il potenziale dell’utilizzo di metodi di telerilevamento, come le immagini satellitari di Google Earth, per convalidare le statistiche sulle catture e le attività di pesca in generale.
Pauly conclude: «Di volta in volta abbiamo visto che a livello mondiale i dati sulle catture della pesca di non tornano. Dato che i Paesi non forniscono informazioni affidabili sulle catture della loro pesca, abbiamo bisogno di espandere il nostro modo di pensare e di guardare altre fonti di informazione ed alle nuove tecnologie per raccontare quello che sta succedendo nei nostri oceani».