I bambini preferiscono la fauna selvatica esotica alla natura locale

E i bambini di campagna e di città sono scollegati dalla natura nello stesso modo

[19 Settembre 2019]

Dopo aver letto lo studio “Children’s attitudes towards animals are similar across suburban, exurban, and rural areas”, pubblicato su PeerJ da un team di ricercatori della North Carolina State University e dello Statens Naturhistoriske Museum della Københavns Universitet, Michelle Jewell a capo della comunicazione scientifica del Department of Applied Ecology della North Carolina State University  si è chiesta: «Se nella foresta c’è un albero e nessuno ha pubblicato una sua foto online, esiste? I bambini di oggi probabilmente risponderanno di no».

Oggi, i bambini ora trascorrono la maggior parte del tempo in ambienti chiusi, impegnati con esperienze virtuali e, secondo lo studio pubblicato su PeerJ, questo potrebbe influire sul loro atteggiamento nei confronti della fauna selvatica locale.  All’interno di un progetto più ampio che punta a interessare i bambini alla scienza e alla natura attraverso la citizen science, i ricercatori statunitensi hanno esaminato 2.759 bambini – poco più della metà viveva in aree urbane e suburbane, mentre il resto era composto da abitanti delle aree extraurbane o rurali – che frequentano dalla quarta all’ottava classe in tutta la North Carolina e ai quali è stato chiesto di elencare 4 animali che gli piacevano e 4 di cui avevano paura, poi è stato chiesto loro di scegliere i 5 animali che gli piacevano di più da un elenco di 20.

I ricercatori fanno notare che «Sono state condotte poche ricerche sugli atteggiamenti dei bambini nei confronti della fauna selvatica, in particolare nella zone urbanizzate» e, in generale,  dal loro studio emerge che i bambini sono più attratti da specie che vivono lontano ma famose, come i panda e i ghepardi, rispetto agli animali locali. Inoltre, le specie locali sono state classificate come “spaventose” più spesso di quelle che vivono lontano. E’ quella che gli ambientalisti chiamano “estinzione dell’esperienza”: i bambini non hanno più un legame quotidiano con la natura.

Lo studio ha anche esaminato se l’atteggiamento dei bambini nei confronti della natura sia influenzato dal posto dove vivono e l’urbanizzazione è stata utilizzata come proxy per l’accesso dei bambini alla fauna selvatica locale, prevedendo che i bambini delle zone rurali ed extraurbane – che vivono vicino a spazi naturali – sarebbero stati più propensi a vedere con favore la fauna selvatica locale rispetto ai loro coetanei urbani. Ma dallo studio emerge che tutti i bambini, indipendentemente dal posto dove vivono, erano ugualmente “disconnessi” dalla fauna selvatica locale.

Il principale autore dello studio, Robert Runn, che lavora sia per l’università statunitense che per quella danese, conferma: «Immaginavamo che i bambini che vivono a fianco della natura avessero una maggiore passione per la natura. Ma non abbiamo riscontrato alcun effetto del genere. Il livello di disconnessione dalla natura sembrava indipendente da dove vivevano i bambini».

Le creature più popolari tra i bambini restano naturalmente i cani e i gatti (dei quali lo studio non ha tenuto conto, in quanto animali domestici), seguiti da panda, conigli, lupi, scimmie e leoni. Si tratta, ad eccezione dei conigli, di animali esotici che i bambini possono aver visto solo su uno schermo o in cattività. Inoltre, i bambini avevano tre volte più probabilità di trovare più spaventosi che belli gli animali selvatici che vivono nel loro territorio: puzzole e linci, i, coyote e pipistrelli E gli scolari sino anche spaventati da invertebrati, rettili e pesci.

Il team di Runn e  Schuttler  scrive: «Come biologi della conservazione, siamo incoraggiati dalla grande percentuale di animali a rischio globale inclusi per gli animali che piacciono ai bambini, ma troviamo preoccupante la scarsa conoscenza e gli atteggiamenti sfavorevoli nei confronti delle specie locali».

La Jewel commenta con spirito tipicamente statunitense: «Non è chiaro quali saranno gli effetti a lungo termine di questa disconnessione tra i bambini e il mondo naturale. Tuttavia, ci sono molte tecniche collaudate per aumentare le connessioni tra i giovani e la conoscenza della fauna selvatica locale, inclusi progetti di citizen science, caccia, pesca e programmi educativi basati sulla natura».

Ma il richiamo alla caccia e alla pesca, che può far inorridire in Italia, non si è rivelato completamente sbagliato nel caso dei bambini americani. Anche se le differenze di atteggiamento verso gli animali tra i bambini che vivono in città e quelli che vivono in campagna non sono grandi, gli scolari delle zone rurali, in particolare quelli che cacciavano, avevano una leggera probabilità in più di apprezzare le specie locali.  Ma i ricercatori avvertono che «I presunti livelli più elevati di familiarità che i bambini delle aree rurali hanno con la fauna selvatica locale sono limitati. I nostri risultati implicano che potrebbe non essere solo l’urbanizzazione a portare all’Estinzione dell’esperienza, poiché la disconnessione con la fauna selvatica tra i bambini è estesa in tutte le aree con qualsiasi tipo di urbanizzazione». Certo, si tratta di uno studio che ha coinvolto solo i bambini di un singolo Stato Usa e nel campione di studio c’erano più bambini che vivono in città e in periferia che in campagna, ma gli stessi ricercatori evidenziano che «La ricerca futura dovrebbe continuare a esplorare queste domande con campioni più ampi e diversificati. Ma, ciò detto, i nostri risultati sono intriganti».

Commentando lo studio su Anthropocene, Brandon Keim scrive: «Forse l’esposizione che i bambini delle zone rurali hanno alla fauna selvatica locale semplicemente non si traduce in familiarità o in atteggiamenti favorevoli. Oppure, principalmente, potrebbero non essere molto esposti, una possibilità supportata da prove crescenti che i bambini delle aree rurali trascorrono meno tempo all’aperto rispetto alle generazioni passate».

I ricercatori fanno notare che, in una situazione del genere, «I programmi educativi e ricreativi incentrati sulle specie locali e quotidiane sono importanti. Solo far notare le piante gli animali sulla strada per la scuola può fare molto, e i programmi di citizen science possono aiutare a coltivare questa familiarità».

Questo vale sia per i bambini delle aree rurali che per quelli che vivono in città: «Le persone tendono a preoccuparsi e ad investire in ciò che sanno. I bambini rappresentano i futuri sostenitori della conservazione – concludono i ricercatori – Poiché la disconnessione tra i bambini e la fauna selvatica è forse ancora più pronunciata di quanto precedentemente compreso, fornire intenzionalmente esperienze ai bambini in natura può essere una delle azioni più importanti che i biologi della conservazione possano intraprendere».