I capodogli sono una specie rifugiata. Li stiamo proteggendo nei posti sbagliati?
Uno studio rivela che i capodogli sono stati spinti in alto mare dalla caccia alle balene
[24 Febbraio 2023]
Finora, gli scienziati pensavano che per proteggere i capodogli (Physeter macrocephalus) bisognasse tutelare le aree nel remoto oceano aperto e questa convinzione è alla base del “Final recovery plan for the sperm whale” pubblicato nel 2010 dell’Office of Protected Resources, del National Marine Fisheries Service della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) Usa che individua l’areale dei capodogli come «Generalmente offshore». Lo studio “Crowdsourcing Modern and Historical Data Identifies Sperm Whale (Physeter macrocephalus) Habitat Offshore of South-Western Australia”, pubblicato nel 2016 su Frontiers in Marine Science da un team di ricercatori di Murdoch University, 2Ocean Alliance e Wwf Australia, descrive i capodogli come cetacei che si cibano «Nelle aree offshore profonde degli oceani del mondo». Una convinzione che risale a molto tempo fa: in Moby Dick , pubblicato nel 1851, la baleniera Pequod insegue i capodogli lontano dalla riva, a giorni di navigazione dal porto più vicino.
Ma questo non significa che i capodogli vogliano limitarsi all’oceano aperto. Delle piccole balene disegnate 200 anni fa sui margini dei registri di caccia alle balene hanno aiutato gli scienziati a comprendere l’impatto duraturo della caccia storica sui capodogli che oggi vivono in mare aperto nell’Oceano Indiano, Ne è nato il studio “Contrasting ecological information content in whaling archives with modern cetacean surveys for conservation planning and identification of historical distribution changes”, pubblicato su Conservation Biology da un team internazionale di ricercatori guidato da Tom B Letessier della Zoological Society of London (ZSL) e dell’University of Western Australia, che esamina i record del periodo di massimo splendore della “caccia alle balene yankee – dal 1792 al 1912 – e che ha scoperto che «I capodogli erano soliti frequentare aree molto più vicine alla costa. Sebbene i capodogli abbiano bisogno di acque profonde per cacciare il cibo, hanno abbandonato le aree vicino alla costa perché è il primo posto in cui gli umani li hanno cacciati».
Analizzando i registri di caccia alle balene, lo studio rivela come «Questi giganti gentili – che un tempo su trovavano in questa regione prevalentemente lungo le coste dell’Africa orientale, Madagascar e la penisola arabica – ora appaiono più comunemente nei bacini oceanici più profondi e vicino a remote isole oceaniche come l’arcipelago di Chagos». Questo ha portato gli scienziati a interrogarsi sulle conseguenze a lungo termine della caccia commerciale alle balene dal XVIII secolo fino all’inizio del XX secolo, quando i capodogli venivano cacciati per il loro grasso, olio e spermaceti, con importanti implicazioni per la protezione di questa specie vulnerabile.
Per capire quali cambiamenti si siano verificati nella distribuzione dei capodogli nell’Oceano Indiano occidentale, il team di ricerca britannico e australiano ha confrontato i dati dei registri balenieri nordamericani operanti tra il 1792 e il 1912, nei quali ogni pagina è impreziosita da rappresentazioni in miniatura delle catture giornaliere, con le moderne indagini scientifiche realizzate dal 1995, e ne è venuto fuori che «I capodogli mostrano le caratteristiche delle “specie rifugiate”: animali e piante che sono stati spinti fuori dal loro habitat preferito – solitamente dall’attività umana – e sono ora confinati in aree dove per loro è più difficile sopravvivere».
Letessier evidenzia che «E’ straordinario considerare che la distribuzione del capodoglio, l’animale con i denti più grande del mondo, potrebbe ancora essere modellata dal fantasma della caccia umana di diverse generazioni fa. I capodogli sono animali sociali molto intelligenti, noti per adattare il loro comportamento per proteggere dalle minacce se stessi e i membri della loro famiglia. Mentre la maggiore possibilità di essere cacciati avrebbe ridotto direttamente il numero di cetacei negli habitat costieri, anche gli antenati dei capodogli di oggi probabilmente hanno imparato a evitare queste aree e hanno invece cercato rifugio in acque aperte, dove rimangono oggi, nonostante le crescenti sfide per farlo».
I capodogli vivono nei mari di tutto il mondo – compreso il Mediterraneo – e hanno una grande sacca di olio ceroso – lo spermaceti – nella loro testa, che si ritiene li aiuti nella galleggiabilità e nell’ecolocalizzazione durante la caccia ai calamari in acque profonde e scure. Oltre alla domanda di grasso di balena come combustibile per lampade, questo olio è diventato molto ricercato per la sua idoneità alla produzione di candele, sapone e lubrificante per macchine e profumo, il che li fece diventare una preda ambitissima per le baleniere che ridussero la loro popolazione globale di oltre due terzi in meno di 300 anni. Moby Dick, la balena bianca, in realtà era un capodoglio.
Letessier aggiunge: «Sebbene la caccia commerciale ai capodogli sia cessata e la specie sia ora protetta da varie leggi e trattati, sono ancora vulnerabili a fattori umani come l’impigliamento nelle reti da pesca, l’inquinamento e le collisioni con le imbarcazioni»
Un altro autore dello studio, Samuel Turvey dell’ Institute of Zoology della ZSL,sottolinea che «E’ fondamentale affrontare qualsiasi minaccia attuale che stia spingendo una specie verso l’estinzione, ma dobbiamo anche riconoscere che alcune specie ora sopravvivono solo ai margini del loro habitat ideale. Nel caso del capodoglio, capire non solo dove si trova la specie oggi, ma anche dove prosperava un tempo, è la chiave per una pianificazione e un’azione di conservazione efficaci e guidate dalla scienza per proteggere questa incredibile specie. Il nostro studio mostra il potere di utilizzare i documenti storici, per sbloccare informazioni importanti per la conservazione moderna che altrimenti andrebbero perse nel passato. E’ essenziale che gli scienziati, quando cercano di capire in che modo l’attività umana influisce sul mondo naturale e cosa possiamo fare per ripristinarlo, continuino a utilizzare fonti di informazioni inaspettate, come gli archivi ambientali».
La protezione delle specie è fondamentale per la missione e lo scopo della ZSL e questa nuova importante ricerca scientifica contribuirà alla protezione a lungo termine dei capodogli. Fa parte di un più ampio progetto finanziato dalla Bertarelli Foundation, dedicato allo studio delle specie di cetacei e della loro abbondanza mediante idrofoni e rilievi visivi nell’Arcipelago di Chagos. Co-guidato da Letessier e colleghi, il team includerà esperti locali dell’Oceano Indiano e spera di raccogliere più dati per comprendere la distribuzione dei capodogli e di altre specie per capire come possono essere protetti al meglio.