I cinghiali, la caccia nel Parco e il prosciuttificio
Le domande di Andreoli (PD) e le risposte degli ambientalisti elbani
[13 Dicembre 2021]
Oggi, al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, alla ex tonnara dell’Enfola, a Portoferraio, si tiene il convegno “Valorizzazione, promozione e rilancio delle attività agricole nelle zone del parco nazionale dell’arcipelago toscano e dintorni” promosso ed organizzato dall’Agenzia Formativa di Coldiretti Toscana (Centro Assistenza Imprese Coldiretti Toscana) e da Impresa Verde Pisa Livorno, e l’11 dicembre, il quotidiano online ElbaReport, che collabora con greenreport.it da sempre, ha pubblicato un intervento di Paolo Andreoli (PD) che, partendo dal convegno Coldiretti, rivolge due domande che sembrano indirizzate più che agli agricoltori al Parco e che ricalcano quelle da tempo avanzate dal mondo venatorio. Domande che hanno scatenato un acceso dibattito, soprattutto dopo che sul tema è intervenuto Umberto Mazzantini di Legambiente.
Ecco cosa risponde ad Andreoli, riportandone integralmente le due domande, l’ambientalista elbano:
L’amico Paolo Andreoli si sminuisce quando, in relazione al convegno indetto da Coldiretti su turismo/parco/cinghiali, scrive di porsi «due semplici domande da cittadino», visto che non è un semplice cittadino ma un ex assessore e consigliere comunale e leader locale di un Partito che governa e ha governato per lunghi periodi l’Italia, la Regione Toscana, Portoferraio e addirittura l’Unione europea.
Non si capisce però se, vista la sua lunga e prestigiosa carriera politica locale, Andreoli ci sia o si faccia quando chiede “innocentemente” a Sammuri: «1) ma per il presidente del parco sarebbe così inopportuno, vista ovviamente una situazione piuttosto pericolosa e ormai fuori controllo con grandi problemi oltre che per privati, traffico e anche per le nostre aziende agricole e vitivinicole, prendere accordi con i cacciatori elbani e farli cacciare di più e anche nel territorio del parco?».
Infatti, l’ex assessore, consigliere e leader portoferraiese del PD dovrebbe sapere che nel Parco agli inizi si cacciò e che la cosa si rivelò un clamoroso e vergognoso fallimento, tanto che Il TAR prima e il ministero dell’ambiente poi decisero di mettere fine a quella farsa con un paio di sentenze e un fermo richiamo al rispetto della normativa italiana e delle direttive europee (recentissimamente rafforzate anche con la nuova direttiva biodiversità) che vietano la caccia nei Parchi.
Inoltre, e sembra strano che Andreoli non se lo ricordi, sta ipotizzando di mandare plotoni di cacciatori a cacciare dentro Zone di protezione speciale e Zone speciali di conservazione istituite dall’Italia – su suggerimento della Regione e col beneplacito dei Comuni – in attuazione delle direttive Ue Habitat e Ambiente ed evidentemente per esercitarvi una della cacce più impattanti, distruttive e inefficaci che si conoscano: la braccata.
Infatti, la caccia in battuta al cinghiale, come dimostrano tutti i più recenti studi, ha un piccolo problema: favorisce la proliferazione dei cinghiali.
Se Andreoli non ci crede legga questo: «In particolare, a differenza di quanto si sia erroneamente ritenuto fino ad oggi, l’ordinaria attività venatoria, così come viene organizzata e gestita in Italia, non rappresenta una forma di controllo delle popolazioni di cinghiale, tantomeno può rappresentarlo un’estensione del periodo di prelievo (deregulation dei calendari venatori) o la concessione del prelievo in aree altrimenti protette. Altresì, l’attività venatoria ha determinato negli anni una destrutturazione della piramide delle classi di età, agevolando la riproduzione degli esemplari più giovani, abbattendo i capi adulti con più di due anni di età».
Ad Andreoli questo dovrebbe suonare familiare, dato che si tratta della risoluzione approvata il 29 ottobre 2014 in Commissione agricoltura (Atto Camera Risoluzione conclusiva 8-00085 – Risoluzioni 7-00249 Cenni e 7-00268 B: Interventi in materia di danni all’agricoltura provocati dalla fauna selvatica). e presentata da Susanna Cenni, una prestigiosissima deputata toscana del PD, che è stata presidente della Commissione agricoltura, ben conosciuta all’Elba, e alla quale hanno contribuito numerosi esponenti del PD e del Movimento 5 Stelle.
Che poi i governi succedutisi abbiano ignorato queste indicazioni e la Regione Toscana sia andata (fallendo clamorosamente) in direzione opposta a quella indicata dalla Commissione agricoltura questo è un problema che riguarda la coerenza politica e istituzionale… Ma riguarda anche Andreoli e il suo Partito, visto che la ricetta che propone per l’Elba e quella della gestione venatoria – anche nel Parco – del cinghiale che si è rivelata fallimentare. Invece, Andreoli e il PD elbano farebbero bene a insistere di più perché l’Elba venisse dichiarata Area non vocata al cinghiale – come chiedono Sindaci, Parco, Legambiente e Coldiretti – sanando finalmente la fesseria fatta dalla Regione a guida PD con l’Area Vocata.
La seconda domanda del cittadino comune Andreoli fa il paio con la prima e pare ancora più (ingenuamente?) naive: «2) creare una cooperativa di giovani Elbani per la produzione di prodotti derivati dal cinghiale a km 0 (zero)? Invece di far catturare gli animali con le gabbie e portarli fuori Elba? Si otterrebbero 2 vantaggi, dare lavoro e finalmente vedere il Parco non più come solo “un divieto” ma un’opportunità!».
Ora, l’amico e cittadino comune Andreoli capirà che se si vuole risolvere un problema mandando i cacciatori a sparare nel Parco, non è che lo si fa creando poi anche una filiera produttiva, con tanto di cooperative e salumificio, che per sopravvivere avranno bisogno di un abbondantissimo numero di suini selvatici. Che facciamo, prima li leviamo e poi li ri-importiamo?
Quanto al fatto che i cinghiali potrebbero essere un’opportunità del Parco, forse Andreoli farebbe bene a farsi una chiacchierata con la compagna Cenni.
La politica, anche quando si autodefinisce “cittadino comune”, dovrebbe smetterla di fare con i cinghiali questo gioco dell’Oca da smemorati che ci fa ripartire dalle stesse caselle del via, come se in quest’Isola non fosse successo niente e se la colpa se ci sono i cinghiali e i mufloni fosse del Parco e non di chi li ha scelleratamente introdotti per sparargli.
La gestione venatoria del cinghiale è stata un disastro in tutta Italia, in particolare in Toscana, e all’Elba è diventata un vero e proprio ecocidio, con la scomparsa di quasi tutta la piccola e preziosa fauna autoctona, letteralmente divorata da questi maghiali onnivori.
Andreoli sembra credere che i cacciatori elbani elimino più cinghiali del Parco, in realtà è il contrario: il Parco tra trappolamenti e abbattimenti selettivi elimina il doppio dei cinghiali e ne eliminerebbe ancora di più se le trappole non venissero continuamente sabotate.
All’Elba non sono mai stati eliminati così tanti cinghiali. E il fallimento della gestione venatoria sta proprio in queste cifre, soprattutto se confrontate con quelle fornite ormai quasi 30 di anni fa proprio dalle associazioni venatorie – dati che naturalmente non oserei mai mettere in dubbio – che avevano censito solo 800 cinghiali all’Elba. Ora, dopo aver eliminato più o meno 14.000 cinghiali solo negli ultimi 10 anni (senza contare quelli bracconati) si calcola che ce ne siano 4.000/5.000.
E’ evidente che la situazione è fuori controllo e che così lo sarà sempre di più e che per “mantenere” la popolazione che continua a crescere si stanno infliggendo sofferenze e morte a molti più animali di quelli che occorrerebbe abbattere attuando un’eradicazione che sia la più incruenta e veloce possibile.
Invece di pensare a colossali battute di caccia dentro un Parco Nazionale e a prosciuttifici, Andreoli e il suo Partito farebbero bene a porre, con la forza e la determinazione finora mancate, all’attenzione della Regione Toscana e del governo del Paese il disastro ecologico ed economico – diventato anche un problema di sicurezza delle persone – dei cinghiali all’Elba, chiedendo che venga sanata una ferita inferta da un pugno di persone a un’intera isola, cosa che può essere fatta solo con un progetto straordinario attuato e finanziato da chi governa questo Paese e questa Regione e il loro ambiente, nel rispetto delle leggi dello Stato e delle Direttive europee e ripristinando l’habitat insulare, fatto anche di agricoltura, come ci chiede addirittura l’Onu con il suo decennio per il ripristino degli ecosistemi.
E’ arrivato il momento del coraggio, della scienza e dell’assunzione di responsabilità, non quello dei prosciuttifici e delle stesse domande e proposte di sempre.
Umberto Mazzantini
Rappresentate associazioni ambientaliste nel direttivo del Parco Nazionale Arcipelago Toscano
Sulla questione è poi intervenuta anche Italia Nostra con un comunicato che riportiamo integralmente:
Leggiamo con stupore la richiesta di un dirigente del PD di Portoferraio per una proposta di soluzione al “problema cinghiali all’isola d’Elba”. Stupisce perché non si capisce da che parte nasca un articolo così candido.
La questione dei cinghiali e il loro impatto sulla vita economica e sociale degli abitanti va indietro di tantissimi anni e si è accumulata una tale quantità di materiale ed esperienze che ha, ad oggi, avuto il solo risultato dell’acuirsi di questo problema: la Regione ha trasformato l’Elba in “area vocata al cinghiale” e nel frattempo l’isola sembra militarizzata e ogni traccia di biodiversità sembra essere condannata alla scomparsa. Non sono più solo le campagne e le aziende agricole a barricarsi dietro reti elettrificate, elettrosaldate e staccionate varie. Ogni strada, di notte, ogni casa in campagna, ogni giardino, orto e adesso perfino strutture economiche e, non ultimi, siti culturali è assalito.
Nell’ultimo anno e mezzo è nato un documento di sintesi che analizza in modo scientifico, senza chiacchiere da bar, l’argomento. Sono ad oggi coinvolti, e lo hanno adottato, enti, amministrazioni, associazioni di categoria, ambientaliste e culturali elbane. Questo aspetto multiforme dell’iniziativa nasce però da un forte e preciso dialogo istituzionale: il Parco e tutte le amministrazioni elbane lo hanno letto in maniera approfondita. Lo hanno condiviso. Hanno preso una posizione chiara e precisa. Sono state seguite, o precedute, da tutte le associazioni di categoria, quelle professionali e quelle ambientaliste e culturali. Tutte lo hanno deliberato nei propri consigli.
Italia Nostra invita allora tutti coloro che ancora non conoscono questo documento di sintesi a leggerlo. Lo studio originale è composto da circa 400 pagine, perché contiene anche allegati gli atti normativi e la rassegna stampa dalla nascita del Parco ad oggi e anche prima. Per chi non ha tempo di leggere tutto lo studio, è stata creata una versione ridotta di 40 pagine. Esiste infine una versione breve di una pagina, che riassume i punti principali.
Italia Nostra invita allora tutti coloro che ancora non hanno approfondito l’argomento “cinghiali” a partecipare al convegno dedicato a agricoltura, ungulati e turismo, organizzato presso la sede del Parco “Valorizzazione, promozione e rilancio delle attività agricole nelle zone del parco nazionale dell’arcipelago toscano e dintorni” promosso ed organizzato dall’Agenzia Formativa di Coldiretti Toscana (Centro Assistenza Imprese Coldiretti Toscana) e da Impresa Verde Pisa Livorno.
Ma prima di andare, sarebbe opportuno documentarsi ed evitare di affrontare un argomento così serio con superficialità.
Italia Nostra Arcipelago Toscano
Per finire la panoramica delle reazioni ecologiste, ad Andreoli ha ribattuto anche l’entomologo Leonardo Forbicioni:
Provo a rispondere per punti:
1 La Legge nr. 157/1992 vieta la “caccia” nei Parchi Nazionali. Punto.
2 Non si può eliminare il problema, creando una rete di interessi intorno al problema stesso…è pura follia.
Dopodiché…
Voler trasformare il cinghiale in una “risorsa” di quest’isola, è semplicemente fuori da qualsiasi logica e denota scarsa conoscenza del problema.
Per approfondimenti, consiglierei questa lettura:
https://www.elbaconsapevole.it/wp-content/uploads/2021/03/rapporto-elba-cinghiali-Ed-divulgativa-Febbraio-2021-D1Pb.pdf
Si tratta di specie invasiva, come tale va gestita e, laddove possibile (solo nelle isole lo è) va tentata la strada del “contenimento a zero”!
Per chi ancora non se ne fosse accorto, il cinghiale non è una “risorsa”, anzi è la prima minaccia per l’economia, la sicurezza e soprattutto per l’ambiente naturale di quest’isola, dove sta svolgendo un ruolo primario nella riduzione drastica della biodiversità di questo territorio e dove ha già provocato danni probabilmente irreparabili.
Spero davvero che nell’incontro di Coldiretti si parli proprio di questo!
Leonardo Forbicioni
Vicepresidente WBA – World Biodiversity Association onlus