I diritti umani devono essere al centro del piano Onu per salvare la biodiversità (VIDEO)
Boyd: il Post-2020 Global Biodiversity Framework non tiene abbastanza conto del contributo e dei diritti delle comunità indigene e locali
[23 Agosto 2021]
«Se vogliamo garantire il futuro della vita sul nostro pianeta, il progetto di piano delle Nazioni Unite per preservare e proteggere la natura deve essere modificato per mettere i diritti umani al centro». A dirlo è David Boyd, relatore speciale Onu sui diritti umani e l’ambiente, che ha aggiunto: «Lasciare i diritti umani alla periferia semplicemente non è un’opzione, perché la conservazione basata sui diritti è il percorso più efficace, efficiente ed equo per salvaguardare il pianeta. Esorto gli Stati membri a porre i diritti umani al centro del nuovo Global Biodiversity Framework».
L’appello di Boyd riguarda i negoziati in corso per la Conferenza delle parti della Convention on biological Diversity (Cbd) che si terrà a ottobre a Kunming, in Cina, dove i rappresentanti di 190 governi metteranno a punto l’United Nations Post-2020 Global Biodiversity Framework, affrontando le minacce per la biodiversità, il benessere umano e il futuro della vita sulla Terra.
Secondo l’inviato speciale Onu, «Per salvare la biodiversità e garantire il rispetto dei diritti umani per tutti, gli Stati devono discostarsi da un approccio “conservation as usual”. Un approccio più inclusivo, giusto e sostenibile alla salvaguardia e al ripristino della biodiversità è un obbligo, non un’opzione».
Il vertice di Kunming lavorerà sulla bozza di quadro pubblicata a luglio dal Segretariato della Convention on Biological Diversity che punta a realizzare «Un mondo che vive in armonia con la natura» entro il 2050, in parte proteggendo almeno il 30% del pianeta a mare e a terra e ripristinando le funzionalità ecologiche su almeno il 20% entro il 2030.
Per Boyd, «Questo nuovo quadro è di vitale importanza perché gli sforzi accelerati per espandere le aree protette si sono purtroppo rivelati insufficienti per fermare o addirittura rallentare l’ondata di distruzione ambientale che sta investendo il pianeta. La rapida espansione delle aree protette per coprire il 30% delle terre e delle acque della Terra è essenziale per conservare la biodiversità, ma non deve essere ottenuta a spese di ulteriori violazioni dei diritti umani contro le popolazioni indigene e altre popolazioni rurali».
L’inviato speciale dell’Onu, è convinto che «Occorre prestare particolare attenzione ai diritti delle popolazioni indigene, delle persone di discendenza africana, delle comunità locali, dei contadini, delle donne rurali e dei giovani rurali, nessuno dei quali ha una priorità adeguata nell’attuale bozza, nonostante i recenti miglioramenti. Questi individui e gruppi devono essere riconosciuti come partner chiave nella protezione e nel ripristino della natura. I loro diritti umani, fondiari e di proprietà, la conoscenza e i contributi alla conservazione devono essere riconosciuti, rispettati e sostenuti».
Boyd ha messo in guardia contro gli approcci tipo “fortezze della conservazione” «Volti a ripristinare la natura selvaggia incontaminata, libera da abitanti umani. Questo approccio ha avuto un impatto devastante sui diritti umani sulle comunità che vivono in aree target, comprese le popolazioni indigene e altri abitanti rurali. L’attuale progetto di Framework non menziona i diritti umani, trascurando il fatto fondamentale che tutti i diritti umani dipendono in ultima analisi da una biosfera sana. Gli Stati devono migliorare la bozza del Post-2020 Global Biodiversity Framework garantendo che gli approcci basati sui diritti siano obbligatori in tutte le azioni per conservare, ripristinare e condividere i benefici della biodiversità, compreso il finanziamento della conservazione. E’ anche imperativo che il Framework riconosca che tutti, ovunque, hanno il diritto di vivere in un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, un diritto che include ecosistemi sani e biodiversità».
Espandendo il suo rapporto “Human Rights Depend on a Healthy Biosphere”, che ha presentato nell’ottobre 2020 all’Assemblea Generale, Boyd ha ora sviluppato il documento politico “Human rights-based approaches to conserving biodiversity: equitable che chiede un approccio più inclusivo, giusto e sostenibile alla salvaguardia e al ripristino della biodiversità e che delinea i costi per i diritti umani costi e limitata efficacia della conservazione escludente.