I droni amici dei dugonghi

I dugonghi sopravvissuti nella baia di Maputo sono più di quel che si credeva

[14 Febbraio 2024]

Tenere sotto controllo le popolazioni delle specie animali selvatiche è sorprendentemente difficile e, come spiega su Smithsoniam Magazine Danna Staaf, una biologa marina autrice di Nursery Earth  e  The Lives of Octopuses and Their Relatives, vedere un dugongo, nonostante la sua mole, è ancora più difficile.

In Australia, dove una piattaforma continentale ampia e ben illuminata vanta abbondanti praterie di fanerogame marine, le popolazioni di dugonghi possono prosperare ed Helene Marsh, della James Cook University e una delle principali esperte di dugonghi conferma che «L’Australia probabilmente è sempre stata la capitale mondiale del dugongo».

Anche l’Africa orientale ha una piattaforma continentale altrettanto ampia e un tempo potrebbe aver ospitato tanti dugonghi quanto l’Australia, ma lo sviluppo costiero e l’inquinamento hanno distrutto le praterie sottomarine e strumenti di pesca insostenibili, come le reti da posta, intrappolano e fanno annegare i dugonghi che, con un tasso riproduttivo di un cucciolo ogni tre o quattro anni, sono lenti a riprendersi dalle perdite e la popolazione di dugonghi dell’Africa orientale è ora in grave pericolo.

Il gruppo rimanente più numeroso comprende circa 300 dugonghi che vivono nelle acque protette dell’arcipelago del Parque Nacional do Bazaruto, in Mozambico. Gruppi più piccoli sopravvivono in una grande area che va dalla costa della Somalia meridionale fino alla baia di Maputo, nel Mozambico meridionale, ma le indagini aeree sono troppo costose per mappare regolarmente queste popolazioni sparse. Le ultime indagini per valutare la popolazione nella  baia di Maputo, all’inizio degli anni 2000, segnalavano solo 1 – 4  dugonghi sopravvissuti.

Nel 2020, Damboia Cossa, una ricercatrice mozambicana dell’Universidade Eduardo Mondlane, della Göteborgs universitet svedese e del Dugong Technical Advisory Group del Memorandum of Understanding on the Conservation and Management of Dugongs (Dugong dugon) and their Habitats throughout their Range, ha utilizzato droni aerei standard per cercare non i dugonghi ma le caratteristiche tracce che lasciano dietro di loro mentre si alimentano. In 6 mesi ha effettuato 12 voli con droni durante la bassa marea, quando le praterie sottomarine della baia di Maputo sono facili da fotografare. Nel 2023 la Cossa e il suo team di ricerca mozambicano/svedese hanno pubblicato su Marine Ecology Progress Series, lo studio “Drones and machine-learning for monitoring dugong feeding grounds and gillnet fishing” che ha esaminato gli hotspot dei dugonghi a Saco East e Saco West, nell’isola di Inhaca, nel Mozambico meridionale, per valutare l’influenza delle attività di pesca con reti da posta sulle zone di alimentazione dei dugonghi e hanno concluso che «Questo studio evidenzia il chiaro potenziale dei droni e dell’apprendimento automatico per studiare e monitorare il comportamento degli animali in natura, in particolare negli hotspot e nelle aree remote. Incoraggiamo l’istituzione di strategie di gestione efficaci per monitorare e controllare l’uso delle reti da posta, evitando così la cattura accidentale di dugonghi».

Per elaborare migliaia di immagini, la Cossa ha addestrato un modello di apprendimento automatico per identificare le tracce di alimentazione e lo studio del 2023 ha dato buone notizie: «Abbiamo visto davvero moltissimi sentieri. Vengono ancora in quel posto, continuano a mangiare quell’erba marina», dice la Cossa. Non esiste ancora un metodo affidabile per convertire il numero di sentieri di alimentazione nel numero di dugonghi, ma la Cossa stima che «Almeno 10 o addirittura 20 dugonghi pascolano ora nella baia di Maputoz. Sfortunatamente, ha scoperto, le praterie delle loro piante e alghe sottomarine che preferiscono portano spesso i dugonghi pericolosamente vicini alle reti da posta.

Ma la scienziata mozambicana sottolinea che «I dettagli di questa sovrapposizione possono aiutare a orientare le decisioni di gestione della fauna selvatica su quando e dove limitare la pesca».

Ora, la Cossa vuole condividere i suoi dati con la comunità locale, sensibilizzandola sui dugonghi e invitando i pescatori a partecipare ai censimenti futuri e a individuare pratiche di pesca più sicure. «Cerchiamo di salvare i pochi dugonghi rimasti». conclude.