I gatti mangiano squali a rischio estinzione

I test del DNA rivelano che nel cibo per gatti ci sono squali. Ma sulle etichette non c'è scritto

[9 Marzo 2022]

I proprietari di gatti potrebbero nutrire involontariamente i loro animali con carne di specie di squali in via di estinzione. A dirlo è lo studio “DNA Barcoding Identifies Endangered Sharks in Pet Food Sold in Singapore”, pubblicato su Frontiers in Marine Science da Ian French e Benjamin Wainwright dello Yale-NUS College della National University of Singapore, che ha rilevato che «Il 31% dei 144 campioni di prodotti alimentari per animali domestici conteneva DNA di squalo, con la specie più identificata è la verdesca (Prionace glauca), seguito dallo squalo sericeo (Carcharhinus falciformis) e lo squalo pinna bianca del reef (Triaenodon obesus)», tutte specie elencate come “vulnerabili” dalla Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN).

Incuriositi dagli elenchi di ngredienti piuttosto vaghi presenti sulle confezioni di alimenti per animali domestici, French e Wainwright i hanno cominciato a indagare su con che cosa le persone stanno davvero alimentando i loro amati animali domestici. I due scienziat hanno utilizzato il codice a barre del DNA per determinare se c’era DNA di squalo in 45 diversi prodotti alimentari per animali domestici di 16 diversi marchi in vendita a Singapore e in altri Paesi del mondo.

I ricercatori fanno notare che «Nessuno dei prodotti acquistati elencava lo squalo come ingrediente, utilizzando solo termini generici come “pesce”, “pesce dell’oceano”, “white bait” o “pesce bianco” per descrivere il loro contenuto».

Un precedente studio pubblicato sempre dallo Yale-NUS College nel 2019 su Conservation Genetics  aveva ilevato una forte presenza di carne di squalo nei campioni di alimenti per animali domestici in vendita negli Stati Uniti, ispirando i ricercatori a valutare anche i prodotti asiatici.

«Gli squali non sono stati elencati come ingredienti in nessuno dei prodotti campionati testati – scrivono gli autori dello studio – Anche se questa non è una procedura illegale o richiesta, sosteniamo che molti proprietari e amanti di animali domestici sarebbero allarmati nello scoprire che probabilmente stanno contribuendo alle pratiche di pesca insostenibili che hanno causato un massiccio calo delle popolazioni globali di squali».

Gli autori del nuovo studio scrivono che «La carne di squalo può essere utilizzata nel cibo per animali domestici nel tentativo di evitare sprechi nell’industria delle pinne di squalo, dove le carcasse di basso valore vengono spesso scartate.  Se fosse così, potrebbe essere lodevole. Tuttavia, siamo scettici sul fatto che questa sia l’unica ragione per cui gli squali finiscono nel cibo per animali domestici. Più probabilmente, la loro presenza dimostra l’elevata pressione di pesca a cui sono sempre più soggetti gli squali».

Alla luce delle loro scoperte, gli scienziati hanno esortato i responsabili politici ad «Attuare standard globali per le etichette degli alimenti per animali domestici, al fine di frenare lo sfruttamento eccessivo delle specie di squali in via di estinzione», sottolineando l’importanza di «Evitare termini generici vaghi negli elenchi degli ingredienti». French e Wainwright suggeriscono che una migliore etichettatura consentirebbe ai consumatori di prendere decisioni più informate su ciò che acquistano, «Questo a sua volta andrebbe a beneficio delle popolazioni di squali, aiutando a mitigare la pesca insostenibile e l’uso delle risorse incompatibile con la loro continua sopravvivenza».

Gli squali sono predatori all’apice della catena alimentare oceanicae quindi essenziali per il mantenimento di un ecosistema marino sano, ma gli autori del nuovo studio denunciano che «Il crescente commercio di pinne e carne di squalo sta mettendo a repentaglio le popolazioni di squali, con una stima di 100 milioni di squali uccisi ogni anno. Le carni di squalo si trovano anche come un “contributore silenzioso” in prodotti di uso quotidiano come i cosmetici, incluso l’olio di squalene derivato dagli squali nei prodotti di bellezza».

Wrainright e French concludono: «Le popolazioni di squali sono sovrasfruttate in tutto il mondo, con un calo documentato di oltre il 70% negli ultimi 50 anni. Questo è indicativo dell’attuale mancanza di rispetto che abbiamo per i nostri oceani».