I paguri sono attratti da alcune tossine presenti nelle plastiche. Problemi anche per i mitili
A mettere in difficoltà i Paguri eremita sarebbe un mix di problemi legati anche al cambiamento climatico
[11 Agosto 2021]
Secondo una ricerca realizzata da un team dell’università di Hull. «I paguri eremita potrebbero essere “eccitati” da un additivo rilasciato dalla plastica nell’oceano». Si tratta dell’oleamide è un additivo plastico già noto per essere un feromone sessuale – o “stimolante” – per alcune specie marine come i gamberetti.
Il team di ricercatori dell’università di Hull, del quale fa parte anche la dottoranda Paula Schirrmacher, sta ora studiando l’impatto combinato sui paguri del cambiamento climatico, della plastica e di altre molecole presenti nell’oceano.
Uno studio ha scoperto che, «Una volta rilevata, l’oleamide aumenta il tasso di respirazione dei paguri, indicando eccitazione e attrazione». Questi crostacei spazzini possono anche scambiare l’oleamide per cibo dagli spazzini, il che significa che i paguri eremita possono camminare a lungo sul fondale in cerca di un pasto, solo per scoprire che invece si tratta di plastica.
Secondo la Schirrmacher, «Il nostro studio dimostra che l’oleamide attira i paguri. La frequenza respiratoria aumenta significativamente in risposta a basse concentrazioni di oleamide e i paguri mostrano un’attrazione comportamentale paragonabile alla loro risposta a uno stimolante alimentare. L’oleamide ha anche una sorprendente somiglianza con l’acido oleico, una sostanza chimica rilasciata dagli artropodi durante la decomposizione. Come spazzini, i paguri eremita possono identificare erroneamente l’oleamide come fonte di cibo, creando una trappola. Questa ricerca dimostra che la lisciviazione additiva può svolgere un ruolo significativo nell’attrazione della vita marina per la plastica».
Il gruppo di ricerca MolStressH2O, guidato da Katharina Wollenberg Valero, studia l’impatto combinato del cambiamento climatico e della plastica sulla vita oceanica e recentemente ha pubblicato tre studi che rivelano che gli invertebrati marini che vivono a Robin Hood’s Bay, lungo la costa dello Yorkshire, sono stati influenzati negativamente dal cambiamento climatico globale. Il secondo studio ha scoperto che «L’inquinamento da plastica negli oceani, insieme all’acidificazione degli oceani, può influenzare in modo diverso i mitili maschi e femmine».
La dottoranda Luana Fiorella Mincarelli, che fa parte del team di ricerca, ha sottolineato che «E’ di fondamentale importanza capire come funzionano gli additivi plastici a livello molecolare, in particolare sul successo riproduttivo. Abbiamo scoperto che il loro effetto tossico può essere amplificato in uno scenario di cambiamento climatico».
La sua ricerca dimostra che i mitili maschi sono per lo più colpiti dall’aumento della temperatura, ma le femmine sono più sensibili al DEHP, una sostanza chimica tossica presente in molte plastiche. Questo studio ha concluso che «L’aumento della temperatura del mare, combinato con un aumento dell’inquinamento da plastica, può confondere i loro cicli di riproduzione e quindi avere un impatto sui tassi di riproduzione».
Un altro filone di ricerca ha esaminato l’odorato dei paguri negli oceani acidificati. Precedenti studi avevano suggerito che l’acidificazione degli oceani danneggia il senso dell’olfatto degli animali marini, limitando così anche la loro capacità di comunicare. Jorg Hardege, reader in chemical ecology all’università di Hull, fa notare che «Se gli animali marini possono annusare o meno la plastica è un argomento che in precedenza ha attirato molte controversie scientifiche, ma non c’erano molti dati reali».
Tuttavia, la ricerca condotta dalla signora Schirrmacher sui paguri eremita della Robin Hood’s Bay ha scoperto chei paguri sono davvero attratti da un segnale chimico noto come PEA (2-feniletilamina). I Ricercatori evidenziano che «E’ noto che la PEA avverte i mammiferi e le creature marine della presenza di predatori e la sua efficacia può essere aumentata in un oceano acidificato».
Un’altra ricercatrice dell’università di Hull, Christina Roggatz, che studia i cambiamenti nelle strutture delle molecole durante l’acidificazione degli oceani, conclude: «Per ricevere correttamente le informazioni relative all’odore, la molecola dell’odore deve adattarsi e legarsi correttamente al recettore. I nostri risultati dimostrano come il pH ambientale più basso causi piccoli cambiamenti nelle proprietà chimiche delle molecole odorifere, che a loro volta facilitano questo passaggio cruciale di legame. In breve: il pH può creare o interrompere una comunicazione di successo nell’oceano».