I territori d’oltremare del Regno Unito a forte rischio invasione di specie aliene
Cozze verdi, formiche di fuoco, ratti e mesquite sono gli invasori più pericolosi
[6 Febbraio 2023]
I 14 Territori d’oltremare del Regno Unito – Anguilla, Bermuda, British Antarctic Territory, British Virgin Islands, Cayman Islands, Montserrat, Turks & Caicos Islands, Ascension, St Helena and Tristan da Cunha, Falkland Islands, South Georgia and the South Sandwich Islands, British Indian Ocean Territory, Pitcairn e Gibilterra – molti dei quali sono piccole isole remote, ospitano specie che non si trovano in nessun’altra parte del mondo. Questo li rende estremamente vulnerabili alle invasioni biologiche – negli oceani o sulla terraferma – che potrebbero portare all’estinzione di queste specie endemiche o modificare irrevocabilmente i loro ecosistemi unici.
Lo studio “Horizon scanning for potential invasive non-native species across the United Kingdom Overseas Territories”, pubblicato su Conservation Letters il giornale della Society for Conservation Biology, da un team internazionale di ricercatori guidato dall’UK Centre for Ecology & Hydrology (UKCEH) e dalla Durham University ha previsto per la prima volta quali specie invasive potrebbero rappresentare una futura minaccia per i territori d’oltremare del Regno Unito.
I ricercatori, lavorando in collaborazione con le comunità dei territori d’oltremare, hanno valutato migliaia di potenziali specie invasive non autoctone, per prevedere quali hanno maggiori probabilità di arrivare e avere un impatto su questi ambienti entro i prossimi 10 anni. Ne è venuto fuori uno studio che rappresenta un riferimento non solo per i governi dei Territori di oltremare britannici, ma anche per quelli dei piccoli Stati insulari indipendenti e per gli ambientalisti e l’opinione pubblica, un insieme di linee guida per la prevenzione dell’insediamento di queste specie esotiche invasive che causano danni ecologici ed economici.
Helen Roy dell’UKCEH, che ha guidato il team internazionale di ricerca, evidenzia che «Questi territori sono eccezionalmente ricchi di biodiversità. Sant’Elena, ad esempio, ha oltre 400 invertebrati che non si trovano in nessun’altra parte del mondo: è semplicemente unica. Ci auguriamo che questo studio attiri l’attenzione su questi territori d’oltremare e sulle persone ispiratrici che stanno lavorando così duramente per proteggere la loro incredibile fauna selvatica e i loro habitat».
Durante lo studio, sono stati coinvolti 147 esperti provenienti da 52 organizzazioni. La ricerca si è svolta nell’arco di 14 mesi e ha comportato visite in loco, videochiamate e workshop con i partecipanti. Negli elenchi ad alto rischio sono state incluse 74 specie di invertebrati terrestri, 46 di vertebrati, 71 di piante e 40 di specie marine. Predentemente, lo stesso pragramma di studio si era concentrato sul territorio antartico britannico. Lo studio è stato finanziato da governo del Regno Unito, Foreign, Commonwealth and Development Office Conflict, Security and Stabilization Fund e dal GB Non-Native Species Secretariat (GB NNSS).
Per produrre l’elenco, gli esperti di ciascun territorio d’oltremare del Regno Unito hanno collaborato con il più ampio team di esperti di tutto il mondo per prevedere quali specie invasive non autoctone potrebbero arrivare, stabilirsi e avere un impatto sulla biodiversità, sugli ecosistemi, sulla salute umana e sull’economia entro 10 anni. Lo studio esamina anche come è più probabile che arrivino le specie invasive e i container sono stati identificati come il principale mezzo utilizzato da molte specie animali alloctone.
Gibilterra e Sant’Elena sono minacciate dall’invasione biologica del maggior numero di specie in assoluto. Sant’Elena è maggiormente a rischio a causa di un elevato numero di specie vegetali, mentre le Isole Falkland e Tristan da Cunha sono minacciate dalle specie non autoctone invasive più marine.
Una delle specie alloctone invasive che potrebbe rappresentare una minaccia per molti territori d’oltremare del Regno Unito è la cozza verde (Perna viridis). All’UKCEH ricordano che «Può “fare l’autostop” in giro per il mondo su navi e imbarcazioni e formare fitte colonie nei luoghi in cui si stabilisce. Sostituendo altre specie, ad esempio riducendo i livelli di fitoplancton, un componente chiave degli ecosistemi acquatici». Altre specie non autoctone invasive che rappresentano una grave minaccia per molti territori d’oltremare del Regno Unito includono la piccola formica di fuoco (Wasmannia auropunctata), il ratto (Rattus norvegicu ) e l’arbusto Prosopis juliflora, un mesquite.
Il principale autore dello studio, Wayne Dawson della Durham University. ha sottolineato che «La conoscenza e l’esperienza degli esperti locali è stata fondamentale per identificare le specie non autoctone che rappresentano le maggiori minacce per ciascun territorio, ed è stato un grande privilegio lavorare al progetto con un’ampia gamma di contributori».
Gli ambientalisti e altri esperti dei Territori d’oltremare del Regno Unito sono consapevoli delle sfide poste dalle specie invasive alloctone e in molti casi dispongono di solide misure di biosicurezza, ma la Roy spera che lo studio attiri l’attenzione sul loro lavoro fondamentale e ha concluso: «Prevenire l’introduzione di specie non autoctone invasive è fondamentale, perché la gestione delle specie che si sono stabilite e si sono diffuse è spesso estremamente costosa e in alcuni casi non ci sono opzioni disponibili. Ci auguriamo che questo elenco contribuisca a informare l’azione, compreso il sostegno alle attività di biosicurezza, per salvaguardare la fauna selvatica in questi luoghi preziosi».