Identificata la prima patria dell’Homo sapiens fuori dall’Africa: l’altopiano persiano
Studio italiano: è stato il primo hub per la colonizzazione di Eurasia, Oceania e Americhe
[28 Marzo 2024]
Tutte le attuali popolazioni umane non africane sono il risultato di suddivisioni avvenute dopo che i loro antenati lasciarono l’Africa, almeno 60.000 anni fa. Ma queste suddivisioni non avvennero subito: ci sono voluti altri 20.000 anni, durante i quali tutti i non africani facevano parte di un’unica popolazione. Dallo studio “The Persian Plateau served as Hub for Homo sapiens after the main Out of Africa dispersal”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricerca del dipartimento di biologia dell’università di Padova in collaborazione con il dipartimento di beni culturali dell’università di Bologna, la Griffith University di Brisbane, il Max-Planck-Institut für Geoanthropologie e l’università di Torino, emerge che «Gli antenati di tutti gli attuali Eurasiatici, Americani e Oceanici emigrarono dall’Africa tra 70 e 60 mila anni fa. Dopo aver raggiunto l’Eurasia, questi primi coloni non si spinsero immediatamente a colonizzarla nella sua interezza ma si stabilirono per alcuni millenni in un’area presumibilmente circoscritta, formando una popolazione omogenea. Questo evento, datato circa 45 mila anni fa, pose le basi per la divergenza genetica tra gli attuali Europei e i popoli Est Asiatici».
Al’università di Padova ricordano che «Alcuni degli autori dello studio avevano già ricostruito le dinamiche che hanno portato alla colonizzazione dell’Eurasia, avvenuta tramite una serie di espansioni distinguibili cronologicamente, geneticamente e culturalmente. Tuttavia, l’area geografica in cui vissero gli antenati di tutti i non africani dopo l’uscita dall’Africa e che servì da hub per le successive espansioni di Homo sapiens è stata oggetto di grande dibattito, che ha portato a ipotizzare gran parte dell’Asia occidentale, il Nord Africa, il subcontinente indiano e il Sud-Est asiatico quali aree potenzialmente idonee».
Il nuovo studio rivela con precisione il luogo che ospitò la nostra specie e servì da hub per la colonizzazione successiva e il principale autore, Leonardo Vallini del dipartimento di biologia dell’università di Padova, spiega che «In questo lavoro di ricerca abbiamo utilizzato un nuovo approccio genetico e abbiamo identificato nelle popolazioni antiche e moderne dell’altopiano persiano delle tracce genetiche che assomigliano alle caratteristiche della popolazione hub, individuando quindi l’area come la probabile patria di tutti i primi eurasiatici. La parte più complessa della nostra ricerca è stata quella di districare i vari strati di informazione costituiti da 45mila anni di movimenti e mescolanze di popolazioni avvenute dopo l’insediamento dell’hub».
La ricerca multidisciplinare ha analizzato anche le caratteristiche paleoecologiche dell’area, evidenziando come «Già all’epoca presentasse condizioni ambientali adatte all’occupazione umana, e potenzialmente in grado di sostenere una popolazione più numerosa rispetto ad altre parti dell’Asia occidentale».
Uno degli autori dello studio, Michael Petraglia della Griffith University, fa notare che «L’identificazione dell’altopiano persiano come hub per le prime migrazioni umane apre nuove porte alla ricerca archeologica e paleoantropologica».
E proprio l’altopiano persiano sarà al centro del Progetto ERC Synergy “LAST NEANDERTHALS”, recentemente assegnato al coautore Stefano Benazzi, professore al dipartimento di beni culturali dell’università di Bologna, che sottolinea: «In linea con i risultati dell’articolo, questo progetto ERC si propone di esplorare e svelare gli intricati eventi bioculturali verificatisi tra i 60.000 e i 40.000 anni fa, focalizzandosi anche sull’altopiano persiano».
Luca Pagani, coordinatore dello studio e docente del dipartimento di biologia dell’Ateneo patavino, conclude: «Con il nostro lavoro abbiamo ricostruito 20.000 anni di storia condivisa da europei, asiatici, nativi americani e oceanici. Questa tappa del viaggio umano fuori dall’Africa è affascinante: è durante questo periodo che abbiamo mescolato i nostri geni con quelli dei Neanderthal».