Il futuro dei Parchi visto dalle Foreste Casentinesi
Cosa servirebbe per fare uscire dall’oblio la politica italiana a favore della conservazione della biodiversità
[31 Ottobre 2023]
Il libro “Il futuro dei Parchi. Dal locale al globale“, edito dalla casa editrice romagnola “Il Ponte Vecchio” di Cesena, racconta innanzitutto la nascita del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi a trent’anni esatti dalla sua istituzione . Lo fa in un mix di vicende locali, dagli anni settanta in avanti, e nazionali; attraverso il lungo percorso che ha preceduto la approvazione della Legge nazionale sulle aree protette , la n. 394 del 1991. E’ quindi, allo stesso tempo, una testimonianza storica degli avvenimenti locali che si sono sviluppati innanzitutto nel versante romagnolo del Parco e insieme a ciò la descrizione del dibattito politico-istituzionale che si è snodato in Italia a partire dagli anni settanta a cominciare dalle prime leggi regionali per la creazione dei Parchi e poi da quella nazionale, che hanno visto come protagonisti principali i movimenti ambientalisti, insigni naturalisti, le forze politiche e il sistema delle autonomie locali, là dove i Parchi sono stati creati .
Le vicende del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi sono contrassegnate da una particolarità distintiva data dal fatto che l’avvento del Parco nazionale, nel versante romagnolo, è stato preceduto di alcuni anni dalla nascita del Parco regionale del crinale romagnolo istituito dalla regione Emilia-Romagna nel 1988, cinque anni prima del Decreto del Presidente della repubblica che nel luglio 1993 ha suggellato l’Ente di gestione del Parco nazionale . Nelle 160 pagine del libro sono richiamate anche la lunga storia delle foreste romagnole che facevano parte del complesso di quelle Casentinesi, la istituzione della Riserva Integrale di Sasso Fratino nel 1958 e il vivace dibattito che si sviluppò in Romagna e che vedeva contrapposte le ipotesi di sviluppo turistico montano a quelle della forte tutela di uno dei lembi meglio conservati dei boschi del crinale dell’intera catena appenninica.
Dopo il massiccio spopolamento della montagna degli anni cinquanta e sessanta, nel decennio successivo prese il via un confronto più maturo e concreto sulle sorti delle aree naturali delle vallate della provincia di Forlì-Cesena animato innanzitutto dal grande naturalista forlivese Pietro Zangheri; un dibattito che ebbe come protagonisti gli ambientalisti, i Comuni, la Provincia e la Regione Emilia-Romagna. La parte del libro dedicata alle fasi che precedettero il lungo dibattito parlamentare per giungere alla legge nazionale n. 394 del 1991 riporta i passaggi principali del confronto di quegli anni che ruotava prevalentemente intorno al rapporto tra centralismo e regionalismo nella gestione delle aree protette ma che in realtà evidenziava una concezione differente circa le finalità ed il ruolo delle aree protette italiane .Le diverse correnti di pensiero che si contrapponevano furono particolarmente vivaci e produttive in quel periodo tant’è che, grazie ad uno sforzo unitario, quelli furono gli anni dell’approvazione di importanti leggi nazionali in campo ambientale: quelle sulla difesa del suolo, sulle acque , sulla tutela del mare e infine quella della fauna e della regolamentazione dell’attività venatoria.
Non mancano poi alcune significative riflessioni sui limiti del dibattito intorno alla legge quadro un po’ troppo “provinciale”, perché poco attento alle esperienze condotte dagli altri paesi europei. Un limite questo che ha segnato tutti i primi 30 anni della legge nazionale che sono trascorsi con oscillazioni continue tra ventate centraliste e ritorni regionalisti, tra la gerarchizzazione sbagliata delle diverse tipologie di Parco, quelli nazionali di serie A e quelli regionali di serie B e che in definitiva hanno finito per mettere nel dimenticatoio la costruzione di una vera politica nazionale e di sistema per costruire la rete ecologica italiana, così come ha indicato la Ue con le Direttive Uccelli ed Habitat ben più di trent’anni orsono.
Cosa servirebbe per fare uscire dall’oblio la politica italiana a favore della conservazione della biodiversità e al suo interno quella delle aree protette, gli autori provano a delinearlo richiamando anche i contributi di autorevoli personalità scientifiche.
Infine il libro, nella sua parte conclusiva, ritorna sul Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna per sottolineare alcune questioni strategiche ancora aperte; questioni che in buona misura sono presenti anche in molti altri Parchi montani (il cambio climatico, i parchi come fattore di rilancio delle aree interne , la pianificazione integrata tra fuori e dentro il parco , le aree contigue , la partecipazione ecc.).
Le ultime pagine contengono le testimonianze di alcuni dei protagonisti dei primi anni del Parco nazionale, tra cui quella di Valdo Spini che da Ministro dell’Ambiente a metà degli anni novanta impresse uno straordinario slancio alla creazione degli enti di gestione, insieme a un corredo fotografico di alcuni scorci dell’area protetta tosco-romagnola.
Gli autori, Enzo Valbonesi e Oscar Bandini, hanno condiviso buona parte delle vicende del Parco in ruoli importanti. Coetanei ed entrambi di Santa Sofia, il comune romagnolo che più si è attivato per il Parco regionale e nazionale, hanno fatto parte del suo Consiglio, come Presidente e Consigliere ed operato entrambi in Federparchi di cui Valbonesi, oltre che cofondatore, è stato prima Vice Presidente e poi Presidente fino al 2001.