Il programma regionale del Pd e l’ambiente
[6 Febbraio 2015]
E’ una buona notizia che il Pd toscano in vista delle prossime elezioni regionali abbia aperto un dibattito sul suo programma. Era ora, perché su troppe questioni estremamente importanti su cui la regione sta peraltro varando anche leggi impegnative che devono vedersela anche – è il caso di quella urbanistica- con impugnative governative davvero strane, le cose non sono sempre chiare.
Vorrei riferirmi a questo riguardo a due aspetti tra di loro strettamente connessi che ritengo richiedano integrazioni e correzioni.
L’agenda ambientale per la Toscana strategicamente determinante, stando al documento, appare ancora troppo lacunosa anche se in misura minore rispetto a quella nazionale. C’è insistente, ad esempio, il richiamo alla esigenza che il territorio e il suo governo non possano più essere lasciati a livello locale, specie per quanto riguarda i piani urbanistici e l’assetto idrogeologico. Ma la Toscana proprio sotto questo profilo – perché questo è stato, in soldoni, il giustamente apprezzato e ricordato modello toscano – ha saputo integrare e raccordare sia con leggi nazionali che regionali l’operato dei comuni e delle province con la regione. E lo ha fatto consapevole delle insidie campanilistiche così forti e dure a morire, da noi.
Non solo, lo ha fatto avvalendosi efficacemente anche di quelle leggi nazionali sull’inquinamento, sul suolo e sulle aree protette che – più di quella urbanistica – hanno permesso soprattutto con i parchi (e un po’ meno con le autorità di bacino) di fare operare insieme più comuni e province specie con i loro piani, non escluso quello territoriale di coordinamento.
E qui si registra l’altro problema chiave – un vero inghippo – ossia i diversi ruoli oggi delle istituzioni. Perché nel momento in cui giustamente si sottolinea la necessità di superare i localismi coi nuovi assetti istituzionali entrati in una fase destabilizzante, soprattutto (ma non solo) per l’abrogazione delle province, che mette a rischio proprio quelle aree vaste tanto evocate la cui identità resta però un mistero.
Mentre si citano spesso, ad esempio, le esigenze della costa da Livorno a Carrara per non restare schiacciati da Firenze, tutta una serie di funzioni non solo ambientali vengono trasferite in regione. E l’accentramento non è certo la cura più efficace contro il campanilismo.
Colpisce nel documento che queste vicende complicate, sul piano regionale come su quello nazionale, sembrino riguardare principalmente se non esclusivamente la spesa e la necessità di risparmiare, di far cassa. Ma le riforme istituzionali hanno o dovrebbero avere ben altri obiettivi.
Se persino in settori chiave dove il piatto piange – vedi alluvioni – si riscontrano anche in Toscana residui passivi vorrà dire pure qualcosa.
Se le Autorità di bacino dal 2007 dovevano lasciare il posto ai Distretti idrografici ma finora questo non è avvenuto, con tanti saluti ai piani di gestione di cui parla anche una recente Direttiva comunitaria sulle acque, serve a poco ripetere un giorno sì e l’altro pure che bisogna galoppare.
E’ vero che se per fare i piani si impiegano molti anni, questi poi servono a poco. Ma alle Apuane la gestione delle cave che vede i comuni protestare perché il piano paesaggistico non è affidato esclusivamente a loro, il piano dovrà farlo o no il parco? Altrimenti perché abbiamo istituito il parco regionale? Ma il partito e quei suoi dirigenti e parlamentari che hanno sbeffeggiato Asor Rosa che ha manifestato e manifesta preoccupazioni al riguardo si sono presi la briga di discuterne pubblicamente? Il Pd toscano ha un responsabile dell’ambiente e se sì cosa fa? Ci sono documenti al riguardo? Non è difficile capire insomma perché oggi la critica sui ritardi ambientali non fa distinzioni tra destra e sinistra, accomunate indistintamente nelle stesse responsabilità incluse quelle di governo.
Concludendo, come è possibile che in un documento toscano – tanto per fare un esempio – in cui ricorre un sacco di volte il termine Brand toscano non vi sia alcun riferimento ai parchi, di cui manca anche la parola? Eppure ne abbiamo tre nazionali e tre regionali, e tra poco la Regione dopo ritardi di anni dovrebbe varare una sua nuova legge. Occorre un emendamento?
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