
Il riscaldamento climatico potrebbe spezzare la relazione tra piante e funghi

I funghi ectomicorrizici sono organismi che colonizzano le radici di molte specie di alberi dove si incontrano l'ecosistema boreale (zona che comprende le foreste più settentrionali della Terra) e l'ecosistema temperato (zona tra le regioni tropicali e boreali) e che presenta un mix di alberi boreali tra cui sempreverdi dalle foglie aghiformi e specie di alberi temperati tra cui aceri e querce. Proprio come una sana relazione umana, alberi e funghi funzionano bene insieme perché si aiutano a vicenda: quando i funghi ectomicorrizici si attaccano alle radici degli alberi, acquisiscono carbonio sotto forma di zuccheri dagli alberi ospiti e, a loro volta, forniscono agli alberi importanti nutrienti come azoto e fosforo. E’ un’importante relazione simbiotica che fa funzionare l’ecosistema e lo rende resiliente.
Ma il cambiamento climatico e il riscaldamento globale fanno aumentare le temperature e favoriscono la siccità e si sa poco su come i funghi ectomicorrizici risponderanno a queste nuove condizioni ambientali. Inoltre, ci si chiede come il riscaldamento climatico avrà un impatto sulle reti ectomicorriziche, formate dai filamenti di funghi che collegano gli alberi e facilitano il trasferimento di acqua, azoto e altri minerali. Per cercare di capirlo, lo studio “Climate change–induced stress disrupts ectomycorrhizal interaction networks at the boreal–temperate ecotone”, pubblicato recentemente su PNAS da un team di ricerca della Syracuse University e dell’Università del Minnesota ha condotto l’esperimento “Boreal Forest Warming at an Ecotone in Danger” (B4WARMED), nel quale le specie arboree boreali e temperate vengono esposte a trattamenti di riscaldamento e siccità, consentando così ai ricercatori di esplorare il modo in cui i funghi ectomicorrizici e le reti che formano con i loro alberi ospiti rispondono ai fattori di stress ambientale.
I risultati del lavoro del team guidato dal biologo Christopher Fernandez della Syracuse University e dell’università del Minnesota, hanno rivelato che «Gli effetti combinati del riscaldamento e dello stress idrico probabilmente causeranno gravi disturbi alle reti ectomicorriziche e potrebbero danneggiare la resilienza e il funzionamento delle foreste».
Fernandez, la cui ricerca punta a comprendere i processi che coinvolgono l'ecologia delle piante, dei microbi e degli ecosistemi, spiega che « Il nostro studio ha rivelato che la composizione delle specie fungine ectomicorriziche cambia drasticamente con il cambiamento climatico». Nello specifico, il team di ricercatori ha osservato «Uno spostamento dalle specie comunemente presenti nelle foreste mature che hanno un'elevata biomassa di micelio (il corpo filiforme del fungo che esplora il suolo e che è probabilmente importante per la formazione della rete) verso specie a bassa biomassa che si trovano generalmente in aree con ecosistemi fortemente disturbati».
Fernandez evidenzia che «Esiste un'ipotesi supportata secondo la quale queste specie a bassa biomassa probabilmente non forniscono all'ospite molti benefici in termini di nutrizione rispetto alle specie ad alta biomassa. Abbiamo scoperto che le reti formate da questi funghi che "connettono" gli alberi si sono spostate da reti relativamente complesse e ben connesse a reti più semplici con meno connessioni».
Gli autori dello studio affermano che «Questi cambiamenti erano significativamente legati alle prestazioni degli alberi ospiti e alla loro capacità di convertire l’anidride carbonica in ossigeno e zuccheri attraverso la fotosintesi». Fernandez aggiunge: «Il cambiamento climatico sta riducendo la quantità di carbonio che gli alberi fissano e probabilmente ha effetti a cascata sulla quantità di carbonio che possono fornire ai loro funghi ectomicorrizici. Questo probabilmente sta causando uno spostamento verso specie a bassa biomassa, con conseguente rottura delle reti tra gli alberi».
Il team di ricerca conclude: «Questo è il primo studio che esamina la risposta delle reti ectomicorriziche al cambiamento climatico e i nostri risultati dovrebbero generare una nuova ricerca incentrata su altri ecosistemi. Basandosi su questo lavoro, il prossimo passo sarà collegare i cambiamenti nelle reti ectomicorriziche ai processi a livello di ecosistema come il ciclo dei nutrienti e del carbonio per comprendere meglio quanto siano resilienti ai cambiamenti climatici».
