
Il ritiro dei ghiacciai alpini mette in pericolo la biodiversità fluviale

La biodiversità fluviale alpina è minacciata in tutto il mondo dal ritiro dei ghiacciai causato dal rapido riscaldamento globale. La nostra capacità di prevedere la distribuzione futura di specie adattate al freddo o che prediligono l’ambiente glaciale è attualmente limitata. Lo studio “Glacier retreat reorganizes river habitats leaving refugia for Alpine invertebrate biodiversity poorly protected”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution da un team internazionale di ricercatori che comprendeva Valeria Lencioni del MUSE di Trento, presenta un nuovo metodo per fare previsioni sul futuro della biodiversità nelle Alpi europee che arriva fino al 2100 e identifica potenziali aree rifugio umide per le specie di invertebrati che attualmente vivono in acque fredde.
Uno degli autori dello studio, Jonathan Carrivick della School of Geography dell’università di Leeds, spiega: «Abbiamo quantificato che mentre i ghiacciai si sciolgono e si ritirano, i fiumi che attraversano le Alpi subiranno grandi cambiamenti nel loro contributo alla fonte d'acqua. A breve termine, alcuni trasporteranno più acqua e si formeranno alcuni nuovi fiumi affluenti, ma tra diversi decenni la maggior parte dei fiumi diventerà più secca, scorrerà più lentamente e diventerà più stabile, e potrebbero persino avere periodi in un anno in cui non c'è flusso d'acqua. Inoltre, in futuro la maggior parte dell'acqua nei fiumi alpini sarà anche più calda».
Al MUSE sottolineano che «Il metodo di ricerca messo a punto dal team di ricercatori utilizza i dati raccolti in 25 anni di studi sui torrenti alpini e combina modelli di estensione futura dei ghiacciai, influenza che i ghiacciai hanno sui torrenti che alimentano e nicchie ecologiche delle specie che popolano le acque d’alta quota. Le proiezioni sono state sviluppate per 15 specie di invertebrati di cui un verme piatto (Crenobia alpina) e 14 insetti (8 Ditteri Chironomidi, 2 Efemerotteri, 3 Plecotteri e 1 Tricottero) utilizzando dati relativi a 656 campioni biologici con una serie di caratteristiche ambientali ovvero influenza glaciale e fattori idrologici, idraulici e idrochimici. Le proiezioni della distribuzione di questi animali sono state sviluppate per tutti i sottobacini glaciali delle Alpi al di sopra dei 2000 m di quota, nei bacini del Po/Adige, Danubio, Reno e Rodano (area totale di 34.218 km2), a intervalli decennali (2020-2100), per “segmenti” fluviali di 10×10 m»,
I siti indagati dal MUSE sono distribuiti in 5 torrenti trentini, nel gruppo montuoso Adamello-Presanella (Conca, Niscli, Cornisello) e Ortles Cevedale (Noce Bianco e Careser) e in 2 torrenti lombardi, il Trobio e il Gleno nelle Alpi Orobie.
In base ai risultati della modellazione, la maggior parte delle specie subirà consistenti perdite di habitat. Ad essere più colpiti dovrebbero essere insetti come Diamesa latitarsis grp., D. steinboecki e D. bertrami, il plecottero Rhabdiopteryx alpina e l’effimero Rhithrogena nivata. mentre a beneficiare dei cambiamenti dell'habitat saranno specie come la Crenobia alpina e l'effimero Rhithrogena loyolaea.
Altre specie troverebbero rifugio in nuove località. Gli scienziati prevedono che il plecottero Dictyogenus alpinus e il tricottero Drusus discolor saranno in grado di sopravvivere nella valle del Rodano, nel sud-est della Francia, mentre altre specie scompariranno dai fiumi che sfociano nel bacino del Danubio.
Il MUSE evidenzia che «Il risultato è una previsione che parla di una costante diminuzione dell’influenza glaciale sui fiumi, con reticoli fluviali che si ampliano a quote più elevate a un tasso dell’1% per decennio. Secondo le stime, le specie analizzate subiranno spostamenti di distribuzione a monte, dove i ghiacciai persistono, e si estingueranno dove i ghiacciai scompaiono completamente. Diversi bacini alpini offriranno rifugi climatici per gli specialisti delle acque fredde (in particolare nel Bacino del Rodano) ma è significativo rilevare che le attuali reti di aree protette offrono una copertura relativamente scarsa di questi futuri rifugi. Una situazione che suggerisce un cambiamento importante nelle strategie di conservazione delle Alpi, per adattarsi agli effetti futuri del riscaldamento globale».
I ricercatori descrivono il "lavoro sostanziale" necessario per proteggere la biodiversità nei fiumi che vengono alimentati dai ghiacciai in ritirata. E’ probabile che le località in cui i ghiacciai esisteranno ancora alla fine del XXI secolo avranno la priorità per le infrastrutture e lo sviluppo economico.
Un altro autore dello studio, Martin Wilkes dell'università dell'Essex conclude con una dose di prudente ottimismo della ragione: «Le perdite che prevediamo per la biodiversità alpina entro la fine di questo secolo si riferiscono solo a uno dei numerosi possibili scenari di cambiamento climatico. Un'azione decisa da parte dei leader mondiali per ridurre le emissioni di gas serra potrebbe limitare le perdite. D'altra parte, l'inazione potrebbe significare che le perdite si verificheranno prima di quanto prevediamo. Capire come le popolazioni di invertebrati rispondono ai cambiamenti climatici è la chiave per capire come può essere influenzata la biodiversità nelle zone di alta montagna, e le tecniche sviluppate nello studio potrebbero essere applicate ad altri ambienti montani».
