Il ruolo dei parchi e l’economia
[24 Aprile 2015]
Sul ruolo dei parchi da tempo si viaggia a fari spenti. Si è detto e scritto di tutto, ma si è cercato soprattutto di accreditare l’idea che essi devono gravare il meno possibile sulle istituzioni che hanno tante altre cose a cui pensare specie in tempi di carestia (e con una spesa procapite per l’ambiente in calo)
Tanto è vero che la pessima legge di modifica della 394, di cui si sono perse le tracce, prevedeva che per far cassa chi era disposto a pagare poteva utilizzare i territori dei parchi per attività lontane un miglio da quelle compatibili con un’area protetta.
Naturalmente a parole, come un disco rotto, si è continuato a ripetere che i parchi possono e devono concorrere alle politiche dell’ambiente e devono farlo innanzitutto con maggiore ‘managerialità’. Così, nel momento in cui come – convengono ormai in molti – la managerialità è in crisi palese anche nei settori industriali e commerciali, la si propina come ‘cura’ per i parchi. Ora si susseguono incontri e dibattiti sul ruolo dei parchi in economia, perché come ha detto il ministro Galletti «i parchi sono risorse economiche». Il ministro assicura perciò di avere «importanti progetti con le regioni per la tutela dei Parchi. Per anni qualcuno ha definito i Parchi un fattore di limitazione dello sviluppo, noi siamo convinti del contrario, rappresentano una potenzialità economica incredibile».
Il previsto stravolgimento della legge quadro partiva e parte proprio da questa convinzione: che i parchi costituiscono con i loro piani e progetti un fattore di limitazione e vincolo, e per questo si doveva annacquare il vino. E il ministero era ed è d’accordo, perché non ci risulta che abbia mai contestato quel testo che invece ha sostenuto. Ecco perché bisogna intendersi bene quando si parla dei parchi come risorsa economica. Vuol dire che la gestione del parco va allargata a interessi settoriali, di categoria come vuole la legge in discussione, e come qualcuno ha cominciato a fare anche sulle Apuane per il marmo? I parchi come le Camere di Commercio?
Eppure nel febbraio scorso la Corte dei Conti, controllando la gestione finanziaria del 2013 degli Enti dei Parchi Nazionali dei Monti Sibillini, Dolomiti Bellunesi, Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna, Val Grande, ha rilevato «che a oltre 23 anni dalla legge 394 non sono stati ancora adottati gli strumenti di pianificazione del territorio e delle attività (Piano per il parco, regolamento, Piano Pluriennale economico-sociale) previsti, fatta eccezione le Dolomiti Bellunesi e Foreste Casentinesi e per quello socio-economico solo Bellunesi». Ha inoltre rilevato un elevato livello di residui sia attivi che passivi.
Nei convegni in corso, dove non sembra che di questi problemi si parli, si è detto che bisogna «affiancare le iniziative economiche alla conservazione della biodiversità». Ma è proprio il contrario che va fatto, nei boschi come sui fiumi, le coste e le montagne – specie delle aree protette – sono le scelte economiche che devono conformarsi alle politiche di tutela della biodiversità come del paesaggio.
Qui non si tratta di affiancare alcunché ma finalmente di integrare, raccordare nel piano del parco come del Bacino (i distretti per ora sono ancora da istituire) le politiche del territorio in grado di sottrarlo alle distruzioni e deturpazioni i cui effetti e costi abbiamo sotto gli occhi. Il ministro Galletti come il governo devono finalmente ripartire da qui d’intesa con le Regioni, che a loro volta in troppi casi non stanno facendo granché meglio di Roma.
A questo doveva servire la famosa e mai convocata Terza conferenza nazionale dei parchi. Conferenza o no, è questo che va messo in cantiere in sede politico-istituzionale. Che fine ha fatto la Carta di Livorno approvata a metta novembre del 2014? Cosa prevede al riguardo il progetto di cui parla il ministro Galletti? Visto che si parla di appuntamenti mondiali e comunitari sull’ambiente, aree protette comprese, il nostro ministero e pure le regioni hanno dato un’occhiata a cosa stanno facendo i parchi francesi sostenuti e incoraggiati da Hollande? Noi gestiamo insieme il santuario dei cetacei ma qualcuno sa cosa si stia facendo, specie il disastro del Concordia? Qui non mancano certamente anche interessi economici rilevanti, dalla pesca alla navigazione,non da affiancare ma da gestire facendo leva innanzitutto sulla tutela di un ambiente dalla cui crisi anche l’economia ha tutto da perdere.
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