Il tucano di Cingolani. Greenpeace: «Serve una legge Ue ambiziosa contro la deforestazione»

L’Italia non ha assunto posizioni decise su tutela degli ecosistemi e obblighi del settore finanziario

[16 Giugno 2022]

Il 28 giugno i ministri dell’ambiente dei 27 Paesi dell’Unione europea dovrebbero discutere  la bozza della nuova normativa che potrebbe finalmente impedire di importare deforestazione e oggi Greenpeace ha inscenato una protesta creativa per esprimere «Preoccupazione per la mancanza di ambizione dimostrata finora dall’Italia nel colmare le lacune dell’attuale bozza».

Gli ambientalisti raccontano che «Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani è stato fermato all’ingresso di un convegno a piazza Montecitorio. Gli è stato chiesto di scegliere se prendere una posizione ambiziosa, rappresentata da una statuina a forma di tucano, oppure proseguire su una strada che mette in pericolo la natura, rappresentata da una statuina a forma di motosega. Il ministro ha scelto il tucano, assicurando l’impegno del nostro Paese».

Però, Martina Borghi, Campagna Foreste di Greenpeace Italia, evidenzia che «Nella normativa risulta ancora inadeguata la tutela dei diritti umani, bisogna includere anche altri importanti ecosistemi diversi dalle foreste (come le savane e le zone umide), mancano obblighi per il settore finanziario e non sono stati inseriti nella lista di materie prime e prodotti interessati dalla normativa prodotti come gomma, mais e carne di maiale e pollo, la cui produzione ha gravi impatti su foreste e biodiversità. Ma durante gli incontri preliminari al voto finale della Commissione, l’Italia non ha assunto posizioni decise su questi punti, preferendo anche rimandare decisioni importanti ai prossimi anni. Abbiamo chiesto  al Ministro più ambizione da parte del nostro Paese e confidiamo che il 28 giugno l’Italia faccia la sua parte per evitare che la normativa venga annacquata o aggirata».

Tra il 2015 e il 2020, il mondo ha perso circa 51 milioni di ettari di foreste, pari a un’area delle dimensioni di un campo da calcio ogni due secondi, soprattutto a causa dell’espansione dell’agricoltura industriale. Greenpeace chiede al ministro Roberto Cingolani e ai ministri competenti dei Paesi membri di colmare le lacune dell’attuale normativa.

Intanto, l’associazione di categoria che rappresenta l’industria dell’olio di palma e 4 delle più grandi aziende agroalimentari al mondo (Bunge, Cargill, ADM e Viterra) stanno cercando delle scappatoie per aggirare uno degli obblighi principali previsti dalla normativa, ovvero l’obbligo di trasparenza e tracciabilità delle filiere di prodotti e materie prime importati in Ue. Vorrebbero cioè evitare di dover indicare con precisione l’appezzamento di terreno dove sono state coltivate le materie prime (nel caso della palma da olio e della soia e derivati, come i mangimi) o dove hanno pascolato gli animali (nel caso della carne e del cuoio).

La Borghi spiega che «Parliamo di una parte cruciale della proposta: se salta l’obbligo di indicare l’appezzamento di terreno sul quale sono state piantate la soia o le palme dai cui frutti si ottiene l’olio di palma, non sapremo mai se per fare spazio alle piantagioni, siano state invase terre indigene o stata distrutta la natura. Se l’attuale bozza venisse approvata, invece, la normativa richiederebbe per la prima volta alle aziende che immettono determinati prodotti e materie prime sul mercato Ue, di rintracciarne l’origine e dimostrare che non sono collegate alla distruzione o al degrado delle foreste. Bisogna agire con urgenza».
L’iniziativa di Greenpeace Italia arriva dopo la notizia del crudele assassinio dell’indigenista Bruno Araújo Pereira e del giornalista inglese Dom Phillips, che erano scomparsi da domenica 12 giugno e che erano stati visti l’ultima volta nella regione di Vale do Javari, in Amazzonia. Secondo l’ União dos Povos Indígenas do Vale do Javari (Univaja), avevano ricevuto minacce. La Borghi ha commentato: «La loro morte ci addolora profondamente e rappresenta l’ennesimo capitolo dell’agenda anti-ambientalista che il governo Bolsonaro sta promuovendo. Parliamo di politiche che hanno reso l’Amazzonia più pericolosa sia per i Popoli Indigeni e le comunità tradizionali, sia per chi difende l’ambiente, i diritti umani e la libera informazione. La domanda europea di mangimi, carne, legname pregiato, minerali e metalli preziosi rischia di esasperare questa situazione già gravissima, per questo chiediamo a gran voce una normativa europea per smettere di importare deforestazione e violazioni dei diritti umani».