India, i Dongria non mollano e confermano il no alla miniera di bauxite della Vedanta Resources
[31 Luglio 2013]
Domani pomeriggio la multinazionale mineraria Vedanta Resources tiene al London Marriott Hotel la sua assemblea annuale (Agm). Intanto in India sono iniziati dal 18 luglio i “gram sabhas” – assemblee generali per prendere decisioni che riguardano la collettività – nei 12 villaggi Dongria kondh, il popolo che fu paragonato ai Na’vi che vivevano nel pianeta Pandora nel film “Avatar” di James Cameron. Gli 8 villaggi finora consultati hanno confermato la loro fiera opposizione alla realizzazione di una miniera di bauxite nelle loro terre ancestrali e sulla loro montagna sacra.
È dal 2003 che Vedanta tenta di estrarre bauxite dalle colline di Niyamgiri, ma si è trovata di fronte un popolo pacifico e determinatissimo come i Dongria, appoggiati da ambientalisti ed attivisti dei diritti umani, da celebrità come Michael Palin, Joanna Lumley e Claudio Santamaria e, per una volta, anche dal governo centrale indiano, solitamente non molto amichevole con le minoranza etniche e non riconducibili né all’induismo né all’islam.
Grazie all’indignazione cresciuta in tutto il mondo – anche grazie ad Avatar – verso questo scellerato progetto, diversi azionisti, tra i quali alcuni molto “pesanti” come la Chiesa di Inghilterra e il fondo pensionistico del Governo norvegese, hanno ritirato i loro investimenti nella Vedanta Resources.
I “gram sabhas” sono stati richiesti ad aprile 2013 dalla Corte Suprema nella sentenza storica che ha respinto un ricorso in appello della Vendana per ottenere il permesso di realizzare miniere nelle colline di Niyamgiri. Una vittoria di grande importanza perché riconosce il diritto dei popoli indigeni indiani ad avere voce in capitolo nei progetti che coinvolgono le loro terre.
Survival international però sottolinea che «nonostante la sentenza della Corte, il governo dello stato di Odisha ha unilateralmente deciso di consultare solo 12 degli oltre 100 villaggi colpiti. La scelta è stata condannata dagli attivisti, dal Ministro indiano agli Affari Indigeni e dai leader delle tribù Dongria e Majhi Kondh. I Dongria vogliono che siano interpellati tutti i villaggi coinvolti, e stanno organizzando autonomamente delle proprie consultazioni nelle comunità escluse».
La selezione dei 12 villaggi fatta dal governo locale è stata molto criticata, i portavoce dei Dongria dicono che uno dei villaggi scelti è rappresentato solo dall’insediamento di una famiglia non residente e che il governo dell’ Odisha sta costruendo frettolosamente nuove case per portare persone non appartenenti a quest’etnia autoctona all’interno di alcuni villaggi.
Ma per il governo statale e per la Vendanta le cose non si mettono comunque per niente bene: gli 8 villaggi che si sono espressi finora sono stati tutti all’unanimità contrari alla miniera. Survival evidenzia che «i Dongria rimangono coraggiosamente uniti contro il progetto nonostante, dalla sentenza di aprile, le intimidazioni e le molestie da parte della polizia e dei paramilitari continuino a crescere. Le donne Dongria hanno paura ad andare nella foresta a causa della massiccia presenza della polizia».
Le consultazioni continueranno fino al 19 agosto, dopo di che, la decisione finale verrà rimessa nelle mani del ministro dell’ambiente e delle foreste dell’India.
Alla vigilia dell’Agm della Vendanta a Londra, Putri, una donna Dongria, ha inviato un messaggio alla multinazionale nel quale si legge: «Queste colline di Niyamgiri sono il nostro Dio, il nostro Signore, la nostra Divinità, nostro padre, nostra madre, la nostra vita, la nostra morte, la nostra carne, il nostro sangue, le nostre ossa. Da Niyamgiri abbiamo cibo, acqua e aria; sostiene la nostra vita. Per questo è nostro diritto rimanere uniti a proteggere e salvaguardare Niyamgiri».
Il direttore generale di Survival International, Stephen Corry, mostra una grande ammirazione per questo piccolo popolo: «Nonostante subiscano continuamente intimidazioni e molestie, nella loro lotta contro la miniera di Vedanta i Dongria hanno mostrato coraggio e determinazione davvero motivanti. Speriamo che questo processo, per quanto imperfetto, segni un cambio d’atteggiamento in India verso compagnie obbligate a chiedere il consenso dei popoli indigeni prima di avviare qualsiasi progetto nelle loro terre».