La diplomazia dell’orangutan della Malaysia
Wwf: esportare oranghi non li salverà dall’estinzione, vanno difesi in situ e dalle piantagioni di palme da olio
[9 Maggio 2024]
Intervenendo a un forum sulla biodiversità a Genting, una località ad est della capitale Kuala Lumpur, il ministro delle materie prime della Malaysiaia, Johari Abdul Ghani, ha detto che la Malaysia intende donare degli oranghi ai Paesi che importano grandi quantità del suo olio di palma, a cominciare da Unione europea. India e Cina. Poi Johari ha scritto sul suo account X, ex Twitter, che «Questo dimostrerà alla comunità globale che la Malaysia è impegnata nella conservazione della biodiversità» e, quasi a rispondere a chi ha fatto subito notare che le piantagioni di palme da olio sono la principale causa di perdita di biodiversità nelle regioni rurali, il ministro ha aggiunto «La Malaysia non può adottare un approccio difensivo nei confronti della questione dell’olio di palma. Dobbiamo invece mostrare ai Paesi del mondo che la Malaysia è un produttore sostenibile di palma da olio e si impegna a proteggere le foreste e la sostenibilità ambientale».
La Malaysia è il secondo produttore mondiale di olio di palma e la diplomazia dell’orangutan arriva dopo che nel 2023 l’Unione europea ha deciso di eliminare gradualmente entro il 2030 le materie prime, come l’olio di palma, che sono legate alla deforestazione. La Malaysia sostiene che il divieto è stato introdotto per proteggere il mercato Ue dei semi oleosi.
Johari ha paragonato il suo piano alla “diplomazia dei panda” del governo comunista cinese che da tempo invia panda giganti in altri Paesi per cementare amicizie e affari. Ma attualmente la Cina presta per 10 anni i panda solo agli zoo stranieri, che di solito devono restituire l’eventuale prole entro pochi anni dalla nascita, poi i giovani panda nati all’estero vengono inseriti nel programma di allevamento nazionale dei panda in Cina. Inoltre, Pechino presta i panda a condizione che i Paesi che li ricevono soddisfino determinate condizioni per la loro cura. La Malaysia lo sa bene, visto che ha ricevuto due panda cinesi nel 2014 e che per loro ha costruito un recinto climatizzato da diversi milioni di dollari allo zoo nazionale di Kuala Lumpur.
Anche se ci sono centri di conservazione degli oranghi e dei loro cuccioli orfani negli Stati del Sarawak e nel Sabah, nel Borneo malese, e diverse ONG gestiscono programmi per ripristinare il loro habitat, la Malaysia non ha un programma di allevamento per gli oranghi.
Johari ha esortato i grandi produttori di olio di palma a collaborare con le ONG per la salvaguardia degli oranghi e la sostenibilità dell’olio di palma viene utilizzato in un’enorme varietà di prodotti, dallo shampoo ai rossetti, al gelato ai prodotti da forno e ad altri generi alimentari. Dopo le campagne ambientaliste contro l’olio di palma in Europa e in Asia, l’industria ha cercato di migliorare la sostenibilità attraverso coalizioni volontarie “virtuose” come la Roundtable for Sustainable Palm Oil (RSPO).
Ma il Wwf ha subito criticato la diplomazia dell’orangutan di Johari e ha ricordato che la produzione di olio di palma in grandi piantagioni ha contribuito in modo decisivo alla significativa perdita dell’habitat degli oranghi sia in Malaysia che in Indonesia, che è il principale esportatore di olio di palma, e che questo ha portato gli oranghi ad essere in grave pericolo di estinzione, con una popolazione di meno di 105.000 esemplari nel Borneo malese censita nel 2012 e che dopo è ancora calata, tanto che il Wwf avverte che, se non verranno introdotte misure efficaci per proteggere gli oranghi, il loro numero dovrebbe scendere 47.000 individui entro il 2025.
In una nota pubblicata dalla Reuters si legge che «Il Wwf sostiene la conservazione in situ della fauna selvatica e sollecita che i partner commerciali vengano portati in Malayia per sostenere questa iniziativa, invece di mandare gli oranghi fuori dal Paese».
Per Justice for Wildlife Malaysia il piano di di Johari richiede ulteriori ricerche e ha esortato il governo malese a prendere in considerazione misure diplomatiche alternative.