La fluorescenza trovata in 125 specie di mammiferi, persino nei gatti
I mammiferi fluorescenti sono molto più comuni di quanto si pensasse
[11 Ottobre 2023]
Recentemente, è stato scoperto che diversi mammiferi “brillano” sotto la luce ultravioletta (UV), incluso l’ornitorinco. Ma fino ad ora nessuno sapeva quanto la fluorescenza fosse diffusa tra i mammiferi. Lo studio “All-a-glow: spectral characteristics confirm widespread fluorescence for mammals”, pubblicato recentemente su Royal Society Open Science da un team di ricercatori della School of Molecular and Life Sciences della Curtin University e del Western Australian Museum, ha scoperto che ha scoperto che è estremamente comune: «Quasi tutti i mammiferi da noi studiati mostravano qualche forma di fluorescenza», scrivono i ricercatori su The Conversation
La ricerca ha anche esaminato il bagliore emesso dai mammifero per determinare se si trattasse davvero di fluorescenza e non di qualche altro fenomeno. Poi è stato testato se la fluorescenza osservata negli esemplari museali fosse naturale e non causata da metodi di conservazione. Quindi, per ottenere informazioni sugli eventuali benefici derivanti dall’esposizione ai raggi UV di un mammifero, il team di ricerca australiano ha cercato collegamenti tra il tipo e il grado di fluorescenza e lo stile di vita di ciascuna specie.
Su The Conversation i ricercatori spiegano: «I frequentatori delle discoteche avranno familiarità con i vestiti bianchi, o forse con il loro gin tonic, che brillano di blu sotto la luce UV. Questo è un ottimo esempio di fluorescenza: quando l’energia della luce UV, che è una forma di radiazione elettromagnetica invisibile agli esseri umani, viene assorbita da alcune sostanze chimiche.Queste sostanze chimiche emettono quindi luce visibile, che è una radiazione elettromagnetica a bassa energia. Nel caso del gin tonic questo è dovuto alla presenza della molecola di chinino nell’acqua tonica. Nel caso degli animali questo può essere dovuto a proteine o pigmenti presenti nelle squame, nella pelle o nel pelo».
La fluorescenza è abbastanza comune tra gli animali. È stata segnalata in specie di uccelli, rettili, anfibi, pesci, coralli, molluschi e, soprattutto, scorpioni e altri artropodi. Ma era stata descritta meno frequentemente nei mammiferi, anche se studi recenti hanno fornito diversi esempi.
«Sapevamo già – ricordano gli scienziati – che le ossa e i denti brillano di fluorescenza, così come i capelli bianchi e le unghie umane. Alcuni roditori sotto la luce UV emettono una luce rosa e gli ornitorinchi si illuminano di blu-verde. Il nostro team si è riunito perché eravamo curiosi di conoscere la fluorescenza nei mammiferi. Volevamo sapere se il bagliore segnalato recentemente per varie specie fosse davvero fluorescenza, e quanto fosse diffuso questo fenomeno».
Lo studio ha analizzato esemplari conservati e congelati da musei e parchi naturali e ha iniziato con gli ornitorinchi per vedere se si poteva replicare la fluorescenza trovata in precedenza in altri esemplari di questa specie così singolare.
I ricercatori raccontano che «Abbiamo fotografato esemplari di ornitorinco conservati e congelati sotto la luce UV e abbiamo osservato un bagliore fluorescente (anche se piuttosto debole). Per essere sicuri che si trattasse di fluorescenza e non di qualche altro effetto simile, abbiamo utilizzato una tecnica chiamata spettroscopia di fluorescenza. Questo ha comportato l’invio di varie fonti di luce ai campioni e la registrazione delle specifiche “impronte digitali” del bagliore risultante, note come spettro di emissione. In questo modo, abbiamo potuto confermare che quel che abbiamo visto era effettivamente fluorescenza».
Questo processo è stato ripetuto con altri mammiferi e sono state trovate chiare prove di fluorescenza nel pelo bianco, nelle spine e persino nella pelle e nelle unghie dei koala, dei diavoli della Tasmania, degli echidna dal becco corto, dei vombati dal naso peloso del sud, dei quenda (bandicoot), dei bilby maggiori e persino dei gatti.
I ricercatori fanno notare che «Sia i campioni museali appena congelati che quelli trattati chimicamente erano fluorescenti. Ciò significava che non erano sostanze chimiche di conservazione come borace o arsenico a causare la fluorescenza. Quindi abbiamo concluso che si trattava di un vero fenomeno biologico».
Per pasare alla fase successiva, sono stati utilizzati campioni della collezione del Western Australian Museum ed è stata registrata ogni specie di mammifero che risultava fluorescente quando i campioni venivano esposti alla luce UV. E’ cosi che «Abbiamo trovato 125 specie fluorescenti di mammiferi, che rappresentano tutti gli ordini conosciuti – dicono i ricercatori – La fluorescenza è chiaramente comune e ampiamente distribuita tra i mammiferi. In particolare, abbiamo notato che il pelo bianco e chiaro è fluorescente, mentre la pigmentazione scura impedisce la fluorescenza. Ad esempio, le strisce bianche di una zebra erano fluorescenti mentre le strisce scure no».
Il nuovo dataset è stato utilizzato per verificare se la fluorescenza potrebbe essere più comune nelle specie notturne e per farlo l’area totale di fluorescenza è stata correlate con tratti ecologici come la notte, la dieta e la locomozione. Ne è venuto fuori che «I mammiferi notturni erano infatti più fluorescenti, mentre le specie acquatiche erano meno fluorescenti di quelle che vivevano nelle tane, negli alberi o a terra».
Gli scienziati australiani concludono: «Sulla base dei nostri risultati, riteniamo che la fluorescenza sia molto comune nei mammiferi. In effetti, è probabilmente lo stato predefinito dei peli a meno che non siano fortemente pigmentati. Questo non significa che la fluorescenza abbia una funzione biologica: potrebbe essere semplicemente un artefatto delle proprietà strutturali dei peli non pigmentati. Tuttavia, suggeriamo che la fluorescenza possa essere importante per ravvivare le parti pallide degli animali utilizzate come segnali visivi. Questo potrebbe migliorare la loro visibilità, soprattutto in condizioni di scarsa illuminazione, proprio come gli sbiancanti ottici fluorescenti aggiunti alla carta bianca e ai vestiti».