La legge del Senato e il destino delle aree marine protette

[29 Febbraio 2016]

Il dibattito al senato sulla legge di modifica della 394 sta entrando in una fase in cui è bene avere chiaro cosa si profila, rischi inclusi. Forse è bene ricordare che il primo testo del 2001 – che chiamare proposta di legge è uno sproposito – prevedeva la cancellazione della norma che stabilisce che nei brevi tratti di costa prospicenti alle regioni si possano istituire aree protette marine regionali. La cancellazione della norma avrebbe tagliato fuori le regioni da qualsiasi competenza traslocando armi e bagagli al ministero.

Va detto però che non si trattava di una norma cervellotica dell’ultima ora – resa ancor più cervellotica dal fatto che la si sfoderava nel ventennale della legge quadro – Già molti anni prima il ministro Ronchi sostenne che la legge quadro prevedeva che le aree marine protette, se confinanti con un parco, dovevano essere affidate alla sua gestione; ma questo riguardava solo i parchi nazionali. Era una balla come poi dichiarò la Corte dei conti, ma lui nel caso del parco regionale di Portofino non gli affidò l’area marina protetta, assegnandola ad un Consorzio di enti locali. Insomma una gestione separata senza senso, che contrastava clamorosamente con quelle politiche di integrazione terra-mare che anche la Comunità europea aveva intrapreso.

Il senatore D’Alì insomma aveva ripescato nel cestino delle cose da buttare l’abrogazione della norma, così da evitare storie e opposizioni. Ora che – 5 anni dopo – disponiamo di un testo di legge definibile tale andiamo a vedere che fine hanno fatto le aree marine protette.

Al comma 5 quinques si legge: ‘le aree protette regionali con estensione a mare sono prioritariamente affidate alla gestione delle Regioni e degli enti locali da esse delegati. Le regioni adeguano ai dispositivi  della presente legge i provvedimenti istitutivi delle predette aree protette regionali con estensione a mare escludendo i tratti di mare dalla perimetrazione’. Insomma sono parchi con estensione a mare ma il mare non rientra nel loro perimetro. Quindi la loro azione e gestione riguarda solo il territorio non marino? La risposta la si trova nell’articolo 13, che stabilisce che quelle aree marine dovranno essere affidate – sentite le regioni (mai d’intesa) – ad un Consorzio di gestione (tornano in ballo anche in consorzi) per il 70% enti locali, enti pubblici e associazioni ambientaliste con possibilità di affidamento di gestione a soggetti di natura privata.

La riserva marina è affidata a enti pubblici, istituzioni scientifiche e associazioni ambientaliste con convenzioni e anche qui a soggetti privati. L’art 19 (bis) stabilisce che  vi sarà un programma triennale per Amp e ogni 3 anni saranno revisionati dal ministero che vedrà chi ha fatto bene i compiti. Insomma, i parchi nazionali e regionali con area a mare per la parte marina risponderanno al ministero di cosa hanno fatto. Ma il loro compito non avrà nulla a che fare con la loro gestione complessiva dell’area protetta. Insomma il piano triennale del ministero – tanto per cambiare – sarà separato e non avrà nulla a che fare con l’attività complessiva del nostro sistema di aree protette.

In nessun paese europeo i parchi sono gestiti in questo modo. Il che spiega come meglio non si potrebbe perché il testo del Senato non preveda nulla – nulla! – in sede nazionale che ripristini una norma fondamentale della 394, cancellata tra le prime, che aveva istituito un Comitato di programmazione con Stato, regioni ed enti locali per costruire un sistema nazionale di aree protette. Tentativo fallito anche con la legge Bassanini perché il ministero anche allora se ne infischiò.

Per concludere sul punto credo che non sia possibile approvare una normativa del genere. E trovo  sconcertante che Federparchi non si sia ancora ricordata che alla seconda Conferenza nazionale dei parchi a Torino – Matteoli ministro – noi presentammo precise proposte su questo aspetto messe a punto al Parco del Conero come Centro studi di Federparchi. Quelle proposte furono accolte dal ministero il quale poi, tanto per non smentirsi, non ne fece di nulla. Se non ci pensa neppure Federparchi chi dovrà farlo?

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