Come la venere acchiappamosche è diventata una pianta carnivora

Grazie al suo genoma si è trasformata in una pianta carnivora che si nutre di insetti

[15 Giugno 2016]

Per secoli La venere acchiappamosche (Dionaea muscipula) ha affascinato i biologi: le basi molecolari della sua evoluzione carnivora sono rimaste per lo più sconosciute, ma lo studio “Venus flytrap carnivorous lifestyle builds on herbivore defense strategies”,  pubblicato su Genome Research dai  ricercatori del progetto Carnivorom – in parte finanziato dal Consiglio europeo della ricerca (CER), che si è ufficialmente concluso a febbraio e ha ricevuto 2,5 milioni di euro di finanziamenti dall’Ue – sembra aver risolto questo mistero biologico.

Il bollettino scientifico dell’Ue Cordis spiega che «La venere acchiappamosche non è certamente l’unica pianta carnivora – la drosera intrappola la preda con i suoi tentacoli adesivi e le piante a caraffa utilizzano enzimi per attirare il loro prossimo pasto. Le abitudini aggressive delle piante carnivore permettono loro di sopravvivere nei terreni poveri, offrendo loro una fonte diversa di azoto e altri nutrienti. Molti biologi hanno a lungo sospettato che tali comportamenti predatori si fossero evoluti quando gli antenati delle piante carnivore odierne hanno trasformato i meccanismi di difesa contro gli insetti nocivi in armi offensive».

Una teoria che ha avuto ulteriori riscontri con lo studio genetico approfondito realizzato dal team di Carnivorum guidato dal biofisico Rainer Hedrich e dal bioinformatico Jorg Schultz, dell’università tedesca Julius Maximilian di Wurzburg.

«In particolare – si legge su Cordis – la venere acchiappamosche riconosce la sua preda utilizzando i peli sensibili presenti sulla superficie interna della trappola. Nelle simulazioni, questi peli producono un segnale elettrico che viene trasmesso alla pianta. Dopo il primo stimolo, la trappola memorizza il segnale ma non si chiude, lo scatto avviene invece dopo il secondo stimolo. La preda catturata attiverà rapidamente i peli sensibili, provocando segnali elettrici ripetitivi che vengono “memorizzati” dalla pianta».

Ma fino ad oggi non sono stati identificati geni carnivori specifici per la venere acchiappamosche e, per comprendere i percorsi molecolari coinvolti nell’alimentazione con insetti, i ricercatori tedeschi e i loro collegi sauditi «hanno generato profili trascrizionali dell’intero genoma delle trappole prima dell’alimentazione e poi dopo che avevano catturato un grillo e iniziavano a digerirlo vivo. In seguito hanno confrontato questi profili di genomi ad altri tessuti vegetali».

Gli scienziati tedeschi e sauditi evidenziano che «Le trappole non stimolate hanno schemi di espressione genica che assomigliano per lo più a quelli delle foglie, sostenendo l’ipotesi che le trappole siano foglie modificate. Tuttavia, le ghiandole all’interno delle trappole, che promuovono la digestione degli insetti e sono attivate alcune ore dopo per aiutare l’assorbimento dei nutrienti, assomigliano molto di più agli schemi di espressione genica delle radici. Essi sono ovviamente determinanti per l’assimilazione dei nutrienti nelle piante non carnivore».

Sembra che la chiave per la straordinaria evoluzione della venere acchiappamosche stia nella chitinasi, un enzima che digerisce la chitina nell’esoscheletro degli insetti. Hedrich spiega che «Di solito, il contatto con la chitina è pericoloso per la pianta, in quanto gli insetti mangerebbero la pianta. Nella venere acchiappamosche, questi processi di difesa sono stati riprogrammati durante l’evoluzione: la pianta ora li usa per mangiare gli insetti».

I ricercatori hanno anche utilizzato la microscopia elettronica per studiare le ultrastrutture delle ghiandole della trappola, scoprendo «strati cellulari specializzati coinvolti nelle attività di secrezione, trasporto dei nutrienti, stoccaggio dell’energia lipidica e biosintesi proteica, necessarie per il funzionamento della trappola».