Le api continuano a subire danni nonostante le normative più restrittive sui pesticidi
I più a rischio sono i bombi. Necessarie più incisive politiche Ue, ma sono state indebolite
[30 Novembre 2023]
Mentre gli insetticidi utilizzati in agricoltura sono da tempo sotto accusa per i loro effetti negativi sulle api domestiche e selvatiche, non è ancora noto come gli effetti si estendano oltre le singole sostanze nei campi. Nel nuovo studio “Pesticide use negatively affects bumble bees across European landscapes”. pubblicato su Nature da un folto team internazionale di ricercatori, risponde alle recenti richieste di una valutazione più realistica dei rischi posti su scala territoriale dalle miscele di pesticidi utilizzati comunemente.
Allo studio che ha coinvolto 106 siti in 8 paesi europei hanno partecipato anche Cecilia Costa del CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Gennaro Di Prisco di CREA e CNR, giovanni Tamburini dell’università di Bari e altri ricercatori italiani che lavorano per università straniere.
Al Triniy College Dublin dicono che «I risultati dimostrano che, nonostante il processo di valutazione del rischio più rigoroso al mondo, l’uso di pesticidi approvati nei territori agricoli europei influisce ancora negativamente sugli organismi non target, riducendo significativamente le prestazioni delle colonie di bombi, un animale selvatico chiave e un impollinatore commerciale».
Anche se forse non è stata una grande sorpresa, i rivcercatori evidenziano che i risultati sono stati comunque deludenti: «Le colonie di bombi esposte a questi pesticidi hanno visto riduzioni significative in 1) produzione totale delle colonie (il numero di bozzoli), 2) peso massimo delle colonie e 3) numero di nuove regine».
Uno dei due autori principali dello studio, il biologo Charlie Nicholson della Lunds Universitet, spiega che «Quando si esce dal laboratorio, una sfida dell’ecotossicologia è catturare l’effetto delle pratiche del mondo reale su scale rilevanti per l’organismo. Con il più grande dispiegamento sperimentale sul campo di qualsiasi impollinatore, vediamo che i bombi incontrano più pesticidi nei territori agricoli, con conseguente minor numero di prole. Oltre a questo, i pesticidi causano maggiori danni nei territori con meno habitat».
L’altra autrice principale dello studio, la biologa Jessica Knapp del Trinity College Dublin, aggiunge: «I dati ci mostrano anche come si comportano i bombi quando usiamo meno pesticidi. Queste colonie “più sane” che presentano un minor rischio di pesticidi ci aiutano a generare un riferimento per dimostrare che il 60% delle nostre colonie di bombi fallirebbe gli obiettivi proposti di protezione degli impollinatori. I nostri risultati mostrano che l’attuale presupposto della regolamentazione dei pesticidi – ovvero che le sostanze chimiche che superano individualmente i test di laboratorio e le prove in semi-campo e sono considerate benefiche per l’ambiente – non riescono a salvaguardare le api e potenzialmente altri impollinatori che supportano la produzione agricola e l’impollinazione delle piante selvatiche».
Lo studio rappresenta un risultato chiave diPoshBee, un progetto paneuropeo che punta a monitorare e migliorare la salute delle api e il cui coordinatore, Mark Brown della Royal Holloway University di Londra, sottolinea che «La portata di questo lavoro fornisce un cambiamento radicale nella nostra comprensione dell’impatto dei prodotti chimici per l’agricoltura sulla salute degli impollinatori. Ciò è stato possibile grazie ai finanziamenti dell’UE che hanno sostenuto il progetto coinvolgendo 13 paesi. I bombi e altri animali non riconoscono i confini internazionali e, per proteggerli, dobbiamo adottare un approccio altrettanto internazionale».
Jane Stout del Trinity College di Dublino e coordinatrice dell’esperimento paneuropeo sul campo, ricorda che «Questo lavoro è stato possibile grazie alla collaborazione e alla dedizione dei team transdisciplinari sul campo in ogni Paese e alla partnership con i laboratori che hanno condotto le analisi comuni. Ricercatori, apicoltori e agricoltori hanno lavorato insieme per implementare protocolli comuni per raccogliere questi dati unici. Saranno necessari approcci collaborativi simili se vogliamo invertire la tendenza e offrire la protezione di gran lunga maggiore di cui gli impollinatori hanno bisogno».
I risultati dello studio supportano «La necessità di obiettivi di sostenibilità per ridurre l’uso e il rischio di pesticidi – sfide cruciali evidenziate alla riunione COP 15 della Convention on biological diversity e parte vitale della strategia europea Farm to Fork – con benefici anticipati per le api e, potenzialmente, per i loro servizi di impollinazione». Ma il parlamento europeo è andato recentemente nella direzione contraria e la Commissione Ue si prepara a rinnovare per 10 anni i permessi per l’utilizzo del glifosato.
L’autrice senior dello studio, la biologa Maj Rundlöf della Lunds Universitet, conclude: «Il nostro lavoro sostiene lo sviluppo di una valutazione del rischio ambientale basata sul territorio e un monitoraggio post-approvazione dell’esposizione e degli effetti dei pesticidi sulle api. Il nostro approccio è promettente in questo senso, ma è anche necessario comprendere meglio in che modo la più ampia comunità di impollinatori è esposta e potenzialmente influenzata dall’uso dei pesticidi».