Le api pompiere che tengono fresco l’alveare quando fa troppo caldo
All’interno dell’alveare un altro gruppo funge da condizionatore per non far morire le larve
[25 Luglio 2016]
Lo studio “The behavioral regulation of thirst, water collection and water storage in honey bee colonies”, pubblicato sul Journal of Experimental Biology da Madeleine Ostwald, Michael Smith e Thomas Seeley del Department of neurobiology and behavior della Cornell University, ha esaminato come una colonia di api mellifere sviluppa e placa la sua sete quando il suo alvweare si riscalda troppo, fino ad arrivare all’’ipertermia. «Abbiamo scoperto che una colonia deve fortemente aumentare la sua assunzione di acqua perché il raffreddamento per evaporazione è fondamentale per alleviare l ipertermia dell’alveare e che deve rapidamente aumentare la sua assunzione di acqua, perché una colonia mantiene solo una piccola riserva d’acqua». E hanno anche scoperto che allora devono entrare in azione i pompieri della colonia che mettono in moto un meccanismo che diventa un condizionatore collettivo dell’aria.
Infatti, quando le api di un alveare soffrono il caldo, entra in azione una squadra speciale che invece di polline e nettare porta acqua per il raffreddamento della colonia. Una parte delle api resta nell’alveare a curare la prole, altre lo lasciano per aumentare il flusso d’aria, e altre ancora vanno in giro alla ricerca di stagni o pozze per rifornirsi. Queste api “pompiere” si riempiono la pancia di acqua, tornano all’alveare e rigurgitano il liquido. Le altre api lo succhiano e a loro volta lo spruzzano all’interno dell’alveare, permettendo la colonia di raffreddarsi con l’evaporazione dell’acqua.
Susan Nicolson, una scienziata sudafricana dell’università di Pretoria che non ha partecipato allo studio, sottolinea su New Scientist che «I ricercatori si sono a lungo concentrati su come le api raccolgono il polline e il nettare, mentre hanno passato relativamente poco tempo ad indagare su come raccolgono l’acqua. Noi non sappiamo molto su come le api gestiscono l’acqua. E’ stato un po’ un gap».
Seeley spiega: «Si sospettava che il rifornimento costante di acqua fosse importante durante il caldo estremo», per capire se era vero, i ricercatori della Cornell hanno esposto in laboratori due alveari, ognuno dei quali abitato da circa 3.000 api, a lampade che li riscaldavano.
Quando le api non avevano accesso all’acqua, le colonie si sono mostrate attive fino a circa 43 gradii centigradi, una temperatura pericolosamente elevata, visto che se vengono superati i 40° C le larve delle api possono disidratarsi e morire. Quando i ricercatori hanno ripristinato l’accesso all’acqua, le arnie sono state raffreddate fino a raggiungere una temperatura al di sotto della soglia letale.
«L’acqua non è solo la ciliegina sulla torta – aggiunge Seeley – è fondamentale per il loro raffreddamento. Senza questo, non possono realmente controllare la temperatura nell’alveare nido durante i giorni caldi”. Ma i ricercatori non erano sicuri di come le api “pompiere” sapessero collettori quando era necessaria più acqua. Per scoprire, hanno aumentato la temperatura e hanno guardato come rispondevano le singole api. Quando l’alveare a corto di acqua, le api che restano a guardia della prole e regolano la temperatura interna dell’alveare, chiedono ulteriore acqua per il raffrescamento toccando con le loro lingue le bocche delle api pompiere, affinché vomitino su di loro più liquido. «Queste sollecitazioni erano quasi inesistenti in condizioni più fresche – spiega ancora Seeley – Davano loro l’acqua e ancora le pregavano, quasi le tormentavano». Il che motiva i collettori di acqua ad uscire dall’alveare per cercarne ancora di più».
Gran parte delle api bottinatrici ha smesso di fare il pompiere quando le altre api hanno smesso di supplicarle per avere più acqua, ma non prima di avere spruzzato con l’acqua su tutte le loro compagne che restavano nell’alveare.
Dopo una giornata passata in condizioni calde e secche, diverse decine di api – sia le pompiere che le altre – si trasformano in piccoli serbatoi di acqua, stivata in una regione espandibile di loro intestino. Le api stoccano anche un po’ d’acqua nelle celle di cera, ma dato che l’acqua può facilmente evaporare, quelle che Seeley chiama “le api bottiglia d’acqua” possono essere un metodo più efficiente per immagazzinare liquido rinfrescante.
Un altro ricercatore che non è stato coinvolto nello studio, James Nieh dell’università della California di San Diego, conclude su New Scientist: «La cosa interessante di questo studio è che chiarisce come le singole api sono stimolate a rispondere ad una necessità a livello di colonia. E fornisce una nuova visione di questo meccanismo del quale sospettavamo da lungo tempo, ma ora abbiamo maggiori dettagli concreti su come funziona».