Le faggete vetuste italiane sono Patrimonio dell’Umanità, un segnale positivo per il futuro delle Foreste italiane
Il record Italiano: 53 siti Unesco dall’eccezionale valore universale
[12 Luglio 2017]
Un percorso iniziato nel 2007, con il riconoscimento assegnato alle Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi, che ha portato dopo dieci anni all’ingresso di 10 siti italiani, su 63 proposti a livello europeo, nella Lista Unesco Patrimonio dell’Umanità. Una decisione, questa, che rende le foreste di faggi il più esteso sito diffuso a livello europeo, coinvolgendo ben 12 Paesi, dalla Germania alla Bulgaria, dalla Spagna alla Croazia, dall’Ungheria all’Italia.
La 41 sessione della Commissione per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO ha riconosciuto come queste dieci faggete, ricche di piante secolari, rappresentino “un eccezionale esempio di foreste temperate e intatte, e mostrano uno dei più completi ed esaurienti modelli e processi ecologici di faggeta europea”. Contengono inoltre, un “prezioso serbatoio genetico di faggi e conservano svariate specie associate e dipendenti da questi habitat forestali”
Nella lista rientrano le faggete del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (a Villavallelonga-Valle Cervara, Lecce nei Marsi-Moricento, Pescasseroli-Coppo del Principe e Coppo del Morto, Opi-Val Fondillo); quelle di Sasso Fratino (Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi), della Foresta Umbra (Parco Nazionale del Gargano), di Cozzo Ferriero (Parco Nazionale del Pollino), del Monte Cimino (Soriano nel Cimino) e di Monte Raschio (Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano), per una superficie complessiva di oltre 2.000 ettari.
Il territorio italiano è oggi quello che possiede il maggior numero di siti – 53 per la precisione – dall'”eccezionale valore universale”, un record tra tutti i Paesi del mondo. Senza contare che le faggete italiane conservano tra gli alberi più vecchi d’Europa, con esemplari che hanno quasi 600 anni, e che possono arrivare sino a 50 metri. Da sottolineare, inoltre, che per il nostro Paese questo è il primo riconoscimento di un patrimonio naturale “espressamente per il suo valore”.
Ciò significa riconoscere l’importanza del ruolo delle nostre foreste, tra cui quelle vetuste, che rappresentano la massima espressione di naturalità nei nostri territori e un elemento chiave nella strategia di conservazione della biodiversità. Questo riconoscimento è anche il frutto del lavoro di squadra svolto dalle aree protette, un lavoro lungo e complesso efficacemente coordinato da Gianluca Piovesan e Alfredo De Filippo dell’Università della Tuscia e opportunamente sostenuto dalla Direzione generale per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente.
Durante la fase di designazione sono stati considerati diversi elementi, dalle caratteristiche del territorio, alle modalità di gestione e alla struttura di management. Sono state inoltre raccolte informazioni sull’organizzazione interna dell’Ente gestore e sulla sua capacità di divulgazione e promozione, di fruizione turistica sostenibile, nonché i rapporti con le comunità locali e le istituzioni scientifiche. Gli aspetti scientifici presi in considerazione hanno riguardato tra gli altri anche le attività di monitoraggio e ricerca.
di Antonio Nicoletti – Responsabile Nazionale Aree protette e biodiversità di Legambiente