Le falene bianche accecano i bambini del Nepal?
Indagini ambientali e sequenziamento genomico per cercare di saperne di più sulla SHAPU. Ma scarseggiano i finanziamenti
[7 Novembre 2023]
Nel poverissimo Nepal appena colpito da un altro devastante terremoto, settembre è in genere la fine della stagione dei monsoni ed è il periodo dell’anno in cui gli oculisti iniziano a preoccuparsi.
Infatti, in alcune parti del Paese una misteriosa e debilitante infezione oculare, nota come panuveite iperacuta stagionale 1 (SHAPU – seasonal hyperacute panuveitis), inizia a colpire soprattutto bambini. I primi sintomi sono solitamente un arrossamento indolore e una perdita di pressione in un occhio. Se la SHAPU non viene trattata entro 24 – 48 ore, i bambini corrono il rischio di perdere la vista.
Ma quest’anno i ricercatori nepalesi sono più impegnati e meglio attrezzati che mai per determinare la causa di questa sconcertante malattia: dispongono per la prima volta di indagini ambientali, sequenziamento genomico e un sistema di reporting per rintracciarne l’origine. Ma stanno affrontando grossi problemi di finanziamenti e quest’anno le notizie sulla malattia sono cambiate. Come spiega Ranju Kharel (Sitaula), un oftalmologo dell’Istituto di medicina dell’università Tribhuvan di Kathmandu, «”I casi provengono da territori precedentemente non segnalati e anche la gravità dei sintomi è diventata piuttosto imprevedibile».
La SHAPU venne scoperta nel 1979, quando l’oftalmologo Madan P. Upadhyay, ora presidente emerito presso la BP Eye Foundation di Kathmandu, fu svegliato da un uomo che stringeva al petto la figlia di tre anni, con l’occhio destro infiammato. Una scena che Upadhyay aveva già visto nel 1975 e poi nel 1977 e che chiamò malattia di SHAPU, notando che, inspiegabilmente, i casi sembravano aumentare ogni due anni.
Anu Manandhar, specialista di uveite al’l’Istituto di oftalmologia Tilganga di Kathmandu, ricorda su Nature che «Inizialmente, pensavamo che la malattia fosse solo un’infiammazione, ma avrebbe ridotto l’intero bulbo oculare e le opzioni di trattamento non avrebbero potuto salvare la vista nei bambini». La causa rimaneva però sconosciuta, e i medici sono costretti a provare freneticamente varie opzioni di trattamento, inclusi antibiotici, steroidi e altri farmaci per gli occhi, senza alcuna garanzia di successo. A volte i farmaci funzionano, in altri casi gli stessi trattamenti hanno scarso effetto.
Fino al 2021, la SHAPU veniva spesso sottovalutata e pochi casi all’anno venivano documentati nelle cartelle cliniche e nelle riviste scientifiche. Ma nel 2021, il Nepal ha dovuto affrontare un’epidemia con oltre 150 casi accertati e questo ha attirato una notevole attenzione da parte dei media locali. Di conseguenza, nel 2023 i medici si sono preparati meglio e dispongono di un sistema per la segnalazione tempestiva dei casi in tutto il Paese. Questo li ha già aiutati a comprendere meglio la geografia della malattia. Kharel spiega ancora: «Supponevamo che i casi SHAPU fossero limitati al terreno di media collina del Nepal occidentale. Ora stiamo assistendo a casi segnalati nel Nepal centrale, inclusa Kathmandu, e persino negli altopiani orientali, inclusa la regione dell’Everest».
Inoltre, il nuovo sistema di segnalazione ha dimostrato che l’epidemia del 2023 è stata particolarmente grave. «Negli ultimi due mesi abbiamo registrato quasi 100 casi di SHAPU», dice Kharel.
Gli scienziati speravano che una semplice coltura di laboratorio rivelasse la causa dell’infezione. Ma i test non hanno dato risultati chiari e hanno rilevato vari microrganismi, inclusi i batteri Staphylococcus e Streptococcus. Kharel sottolinea che «ltri studi sulle colture hanno persino rivelato la presenza di virus come gli anelloviridae umani e il virus varicella-zoster, e persino di alcuni funghi».
I ricercatori hanno però notato che molte persone hanno riferito aneddoticamente di essere state in contatto diretto o indiretto con una “falena bianca” prima della comparsa della malattia. In un sondaggio pubblicato per la prima volta online nel 2020, Kharel e il suo team hanno scoperto che «L’unica differenza statisticamente significativa tra le persone con SHAPU e un gruppo di controllo era che gli individui con SHAPU avevano quasi 7 volte più probabilità rispetto agli individui di controllo di riferire di aver avuto contatti con farfalle o falene bianchez.
Le falene bianche del genere Gazalina sciamano attraverso il Nepal alla fine della stagione dei monsoni. Per Daya Ram Bhusal, entomologo dell’università di Tribhuvan, «I risultati dell’indagine di Kharel e dei suoi colleghi, insieme al momento della schiusa della falena Gazalina, presentano un forte argomento a favore del legame con la falena Gazalinaz
Una pista che è stata seguita negli ultimi due mesi dal team di Bhusal che ha esaminato i principali distretti del Nepal occidentale che in passato hanno avuto ripetuti focolai di SHAPU e che sta raccogliendo dati dai luoghi in cui sono state registrate le falene ed esaminando fattori ecologici come temperatura, umidità, tipo di vegetazione e altitudine.
Bhusal fa il punto della situazione: «Dobbiamo anche confermare la classificazione tassonomica della falena. In Nepal sono state registrate tre specie di falene del genere Gazalina e sono tutte bianche. Alcune o tutte le specie potrebbero essere associate alla malattia». Il suo team prevede anche di condurre analisi biochimiche confrontando il fluido vitreo di un occhio infetto con i composti dei peli di falena per determinare se una tossina specifica presente nelle falene stia causando l’infiammazione.
Ma perché la malattia colpisce alcune persone ma non altre? Per cercare di rispondere a questa domanda, Kharel e il suo team stanno raccogliendo campioni dagli occhi infetti e non infetti di persone con SHAPU e dai loro parenti. Esamineranno questi campioni alla ricerca di materiale genetico proveniente da batteri e virus per determinare se esiste un microrganismo colpevole.
Il problema è che questi ricercatori che stanno facendo progressi sulla SHAPU non hanno i fondi per fare tutto ciò che è necessario. L’utilizzo del sequenziamento avanzato del DNA consente ai ricercatori di cercare materiale genetico in un campione per far luce sui tipi di microrganismi presenti. Ma il Nepal non dispone di un laboratorio di sequenziamento metagenomico, quindi i campioni devono essere spesso spediti negli Stati Uniti d’America e in altri Paesi per essere analizzati, con forti costi e perdita di tempo. Negli ultimi anni il governo del Nepal ha aumentato il suo sostegno alla ricerca, ma il progetto è ancora cronicamente a corto di fondi.
Kharel fa notare che «Le iniziative di ricerca stanno andando nella giusta direzione, ma il cambiamento della distribuzione geografica della malattia e la gamma dei sintomi segnalati continuano a rendere SHAPU più misteriosa».
Finora, in questa stagione Hara Maya Gurung, un oftalmologa dell’Himalaya Eye Hospital di Pokhara, nel Nepal centrale, ha diagnosticato la SHAPU a circa 30 persone e conferma che «I casi di quest’anno sembrano così strani poiché nessun paziente ha menzionato di essere entrato in contatto diretto con la falena bianca. E quest’anno, i soggetti hanno spesso presentato complicazioni alla cornea, all’iride e alla sclera (la parte bianca dell’occhio), cosa molto insolita per la SHAPU».
Kharel conclude su Nature: «Spero che una soluzione a questo annoso enigma sia all’orizzonte. Ma per il momento, sembra che il Nepal continuerà ad affrontare queste tragiche epidemie biennali».