Le osservazioni delle associazioni ambientaliste e animaliste alle modifiche della Legge sulla caccia
Le Osservazioni al nuovo testo della proposta di legge C. 2138 Caretta ed abb.
[8 Marzo 2022]
Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 in materia di istituzione degli istituti regionali per la fauna selvatica e per il contenimento dei danni provocati dalla fauna selvatica
Osservazioni articolo 1
All’articolo 1 viene prevista l’istituzione degli Istituti regionali per la fauna selvatica con le medesime funzioni e i medesimi compiti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Questa modifica comporta l’assegnazione da parte delle Regioni e delle Province autonome agli Istituti regionali della facoltà di emettere pareri su molteplici aspetti che sono propri dell’istituto di riferimento statale. Questi organismi regionali possono quindi emettere pareri sui calendari venatori, piani di gestione delle specie in cattivo stato di conservazione, piani di ripopolamento, ecc.
Appare dunque di tutta evidenza come questa modifica, introducendo decine di istituti regionali e limitando il ruolo di coordinamento di ISPRA alle sole attività di carattere nazionale e internazionale (e non regionale), priverebbe lo Stato della possibilità di garantire un’applicazione omogenea delle valutazioni analitiche e scientifiche che rappresentano il presupposto imprescindibile delle misure di tutela ambientale e che per essere efficaci necessitano di essere fondate su una visione complessiva e globale delle dinamiche delle popolazioni animali, in particolare delle specie migratrici, e non su analisi puntiformi e parcellizzate.
Tale misura determinerebbe, pertanto, l’attribuzione, al livello regionale, della funzione di garanzia del rispetto dello standard minimo di tutela dell’ambiente che la Costituzione, in virtù del combinato disposto degli artt. 9 e 117 comma 2 lett. s), affida al livello statale in maniera esclusiva.
Nella pratica si determinerebbe un forte rischio di acuire il contenzioso, già in atto sul piano delle competenze normative e amministrative in materia di tutela dell’ambiente, che verrebbe esteso anche all’ambito delle valutazioni prettamente scientifiche. La moltiplicazione di pareri così circoscriƫti e la mancata definizione di ruoli e competenze, determinando un notevole aumento oltre che del rischio di contenziosi conseguenti all’insorgere di difficoltà gestionali e di questioni interpretative anche delle incombenze burocratiche, si porrebbe altresì in contrasto con i principi di economicità, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Costituzione.
In questo quadro è infine chiaro e concreto il rischio di violazione dei Trattati Europei e degli obblighi derivanti dalla normativa sovranazionale.
Osservazioni articolo 2
Alla lettera a) del comma 1 si modifica l’articolo 14 della legge 157/92, legando esclusivamente la eventuale revisione dei Piani faunistici alle variazioni degli indici di densità venatoria dei singoli Ambiti Territoriali di Caccia.
Ai sensi di quanto dispone il combinato disposto degli artt. 1 e 10 comma 1 della L. 157/1992, il Piano Faunistico Venatorio è finalizzato, innanzitutto, alla tutela della fauna selvatica. Tale finalità è perseguita attraverso la pianificazione del territorio regionale in funzione di numerose e diversificate esigenze che riguardano la tutela delle presenze faunistiche, i miglioramenti ambientali tesi a favorire la riproduzione della fauna selvatica, l’istituzione di zone protette, in particolare i valichi montani destinati alla tutela degli uccelli migratori e piani di immissione di fauna prelevata da zone dove è presente in soprannumero. Inoltre i Piani Faunistico Venatori contengono i criteri che consentono di determinare il risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole.
Subordinare la revisione o modifica del piano faunistico venatorio esclusivamente al mutamento degli indici di densità venatoria minima, ovvero a un indicatore che rappresenta il numero di cacciatori per unità di territorio, equivarrebbe ad un chiaro disconoscimento della intera ratio su cui si fonda la L. 157/1992 la quale, lo si rammenta, dispone, all’art. 1 comma 2 subordina l’esercizio dell’attività venatoria alla necessità che lo stesso “non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica…” e non, viceversa, che l’esigenza di tutela della fauna selvatica, che ai sensi del novellato art. 9 Costituzione è annoverabile tra i principi fondamentali dell’Ordinamento repubblicano, possa arretrare dinanzi all’interesse di garantire una certa densità venatoria nel territorio destinato alla gestione programmata della caccia.
Si pensi, a tal riguardo, che il territorio agrosilvopastorale è sottoposto a continue alterazioni e modifiche anche a seguito degli interventi umani. Da ciò ne deriva che la revisione dei Piani Faunistico Venatori non possa, lo si ribadisce, essere subordinata esclusivamente all’aumentare o diminuire del numero di cacciatori ma debba, al contrario, essere quanto più possibile frequente, al fine di garantire effettività alla sovraordinata esigenza di tutela.
Come sottolineato dall’ISPRA nel “Documento orientativo sui criteri di omogeneità e congruenza per la pianificazione faunistico – venatoria” la corretta gestione delle specie selvatiche oggetto di caccia passa attraverso una analisi qualitativa e quantitativa dei carnieri (e non solo) che deve puntare ad ottenere le seguenti informazioni:
- distribuzione spaziale delle specie;
- evoluzione nel tempo delle popolazioni sottoposte a prelievo;
- struttura delle popolazioni per età e sesso;
- analisi della sopravvivenza, della dispersione spaziale, e del contributo fornito al carniere da parte della selvaggina liberata per fini di ripopolamento.
In altri termini, la pianificazione e la sua revisione non riguarda, né può riguardare solo la densità venatoria ma ha ad oggetto una serie molteplice di aspetti che devono essere prioritariamente considerati.
Alla lettera b) del medesimo comma si propone di modificare totalmente l’articolo 19 della legge 157/92 cancellando del tutto dal controllo faunistico la previsione del ricorso preventivo ai metodi ecologici e il concetto di selettività. La letteratura scientifica ha ampiamente dimostrato che il controllo faunistico deve prevedere una serie di iniziative coordinate con l’adozione di diverse azioni, soprattutto dissuasive, in cui l’abbattimento è un aspetto marginale e soprattutto quando adottato deve avvenire in modo selettivo. Di contro la formulazione proposta cancella tale percorso e affida il controllo al solo contenimento numerico mediante abbattimenti senza nessuna selezione; anche in questo caso la letteratura scientifica ha dimostrato ampiamente che tale approccio non solo è inutile bensì provoca esattamente l’effetto contrario. Questa formulazione consentirebbe alle Regioni di predisporre piani di abbattimento di qualsiasi specie selvatica, comprese anche quelle particolarmente protette dalle norme comunitarie, quali ad esempio Lupi e Orsi. Si pone inoltre in contrasto con l’articolo 19 bis della legge 157/92, laddove l’adozione di tali piani dovesse riguardare specie di uccelli. L’articolo 19 bis rappresenta l’articolo di recepimento dell’articolo 9 della Direƫva 2009/147/CE (Direttiva Uccelli) e quindi il comma così come elaborato rappresenta una violazione della Direttiva europea. Si rammenta che proprio per la medesima violazione, l’Italia ha già subito una pesante condanna da parte della Corte di Giustizia della Unione Europea.
Sempre alla lettera b) del medesimo comma, si affida la conduzione dei piani di controllo ai cacciatori (lettera e del proposto comma 2 bis). Tale previsione è estremamente criticabile poiché affida la conduzione di un interesse pubblico a soggetti privati, che perseguono, pur legittimamente, interessi differenti e non necessariamente coincidenti con quelli su cui si fondano le attività di controllo. La formazione di questi soggetti è affidata ad organi di Polizia e non ad organi tecnico scientifici, per finire questi soggetti dovrebbero eseguire i piani senza che sia prevista nessuna forma di coordinamento o di controllo del loro operato. Infatti, essendo il controllo faunistico escluso dall’esercizio venatorio, è facile considerare come tale norma, affidandone l’esercizio ai cacciatori, determini una forte difficoltà nello svolgimento delle attività di vigilanza e contrasto delle attività illecite perpetrate in danno della fauna selvatica. Si pensi, ad esempio, alla possibilità di esercitare il controllo da parte dei cacciatori nei giorni di silenzio venatorio, in aree protette in cui è vietato l’esercizio dell’attività venatoria e con l’utilizzo mezzi di caccia non previsti nell’elenco tassativo di cui all’art. 13 L. n. 157/1992. Per fare un esempio pratico, in caso di abbattimento di specie non consentite non è chiaro quale provvedimento sanzionatorio si debba applicare nei confronti dell’autore di tale condotta. Tale modifica rischierebbe, quindi, da una parte, di consentire gli abbattimenti tutto l’anno a qualsiasi specie e in tutto il territorio nazionale, anche quello protetto, senza che vi sia una cornice sanzionatoria e dall’altra di limitare le attività di controllo esercitato dai soggetti a cui è fidata dall’art. 27, la vigilanza sull’applicazione della norma in esame ponendosi in netto contrasto, non solo con le esigenze costituzionali di tutela della biodiversità ma anche con le esplicite richieste più volte formulate dalla Commissione Europea in merito alla necessità di rendere più efficaci le attività di contrasto agli illeciti contro la fauna selvatica in Italia ed esporrebbe lo Stato al concreto rischio di subire una nuova procedura di infrazione.
di ENPA, LAC, LAV, Legambiente, LIPU e Wwf Italia