«Attacco senza precedenti. Smascherato il grande bluff della politica al servizio dei cacciatori. Il Decreto se approvato aggraverà l’emergenza cinghiali e PSA, Il governo non si faccia strumentalizzare»
Le Regioni vogliono modificare la legge sulla caccia (e anche quella sui Parchi)
Le associazioni ambientaliste e animaliste: è il decreto doppiette. A rischio la tutela della biodiversità
[14 Luglio 2022]
La svolta, che era nell’aria da tempo, ma oggi alcuni assessori regionali alla caccia hanno convocato una conferenza stampa a margine della Conferenza delle Regioni sul tema del “controllo faunistico” per chiedere al Governo l’approvazione di un Decreto che modifica la legge sulla tutela della fauna selvatica (L. 157/1992) estendendo i periodi di caccia e azzerando le garanzie di tutela. A presentare la proposta è stato l’assessore della Regione Veneto e coordinatore della Commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni Federico Caner: «L’emergenza cinghiali interessa ormai tutti i territori ed è urgentissimo un intervento normativo del Governo per modificare la legge 157 del 1992 con l’ampliamento del periodo di caccia al cinghiale e la possibilità da parte delle Regioni di effettuare piani di controllo e selezione nelle aree protette. Occorre superare l’oltranzismo di una parte estremista del mondo ambientalista e fare i conti con la realtà e con i numeri dell’emergenza cinghiali. Siamo di fronte ad un problema gravissimo che può diventare irrisolvibile se non si interviene subito».
Caner ha evidenziato 4 punti: «La devastazione dei terreni che sta compromettendo diversi raccolti con danni economici rilevantissimi per l’agricoltura del nostro Paese. La questione sanitaria con le necessità di prevenzione rispetto al diffondersi della peste suina africana. La sicurezza dei cittadini minacciata sempre più dalla presenza dei cinghiali anche nei centri abitati o nei luoghi turistici e dalla frequenza di incidenti stradali, spesso anche gravi, causati da questi ungulati. Il decoro urbano che subisce un danno evidente di immagine, collegato alla presenza di branchi, con ricadute negative sul turismo. Il provvedimento che stiamo richiedendo al Governo – e che è stato condiviso con il Ministero della Transizione ecologica e a livello tecnico anche con Ministero delle Politiche agricole – consentirebbe alle Regioni di poter utilizzare leve importanti per contenere il fenomeno entro limiti accettabili anche con azioni temporanee. E il fatto che lo abbiano invocato oggi a gran voce gli assessori di tutte le Regioni dovrebbe essere un elemento sufficiente per accelerarne il varo».
La risposta è arrivata a tambur battente con un comunicato congiunto di Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia: «Si tratta di un attacco senza precedenti alla norma che fissa i principi costituzionali di tutela della biodiversità che in contrasto con quanto dice la scienza e la logica, consegnerebbe il controllo della fauna selvatica, che è patrimonio indisponibile dello Stato, a privati cittadini, in palese conflitto di interesse. E’ assurdo come ancora una volta parte della politica dimostri di essere a totale servizio dei cacciatori e piuttosto che riconoscere il fallimento della governance di questo settore, continui ad alimentare un sistema a cui sono imputabili la gran parte delle responsabilità per i danni subiti dalla collettività, inclusi gli agricoltori. Sono le Regioni, infatti, tra le principali responsabili di aver promosso e favorito concessioni continue a favore dei cacciatori, origine e causa principale, tra l’altro, dell’aumento dei cinghiali in Italia, scavalcando volutamente la Legge nazionale 157 del 1992 sulla tutela della fauna. Altrettanto responsabili sono alcuni parlamentari che fanno da sponda a queste politiche egoistiche e dannose per soli interessi elettorali e di potere. Il Governo non si faccia strumentalizzare e garantisca il rispetto della Costituzione e dei principi Ue».
Ambientalisti e animalisti ricordano che «Da anni il tema dei danni alle produzioni agricole imputati ai cinghiali viene strumentalizzato per introdurre surrettizie forme di caccia anche all’interno di parchi naturali ed oasi di protezione faunistica. Oltre allo stravolgimento della Legge 157 del 1992, cancellando ogni parere scientifico e ogni obbligo di applicazione dei metodi ecologici dando vita ad una caccia senza limiti, anche nei confronti di specie super-protette a livello europeo come orsi e lupi, quello a cui mirano le Regioni è la sottrazione agli Enti parco della autonoma facoltà di organizzare ed autorizzare, sulla base di propri regolamenti previsti dalla Legge 394/91, il “controllo” degli ungulati e della fauna all’interno delle aree protette».
Le 6 associazioni fanno notare che «Le stesse Regioni che hanno acconsentito alle richieste dei cacciatori fino ai primi anni 2000 immettendo cinghiali di ceppo centro-europeo per avere una preda più prolifica e grossa da cacciare e rivendere e che da decenni affidano ai cacciatori la risoluzione del problema, oggi cercano di attribuire a qualche ministero i risultati fallimentari dell’inefficienza dei propri assessorati, che non si sono mai adoperati per una gestione faunistica basata sulla scienza, limitandosi a favorire il giro enorme di interessi che gravita intorno alla caccia al cinghiale in braccata che causa danni enormi e favorisce la diffusione e la proliferazione del cinghiale. Queste amministrazioni, piuttosto che chiedere di ripristinare i corpi di polizia provinciale competenti per legge ad effettuare le attività di controllo e che sono stati azzerati da riforme del passato, invocano quindi ancora una volta la carabina per tutti e ovunque».
Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf concludono: «Sono le regioni che devono rispondere delle loro scellerate e pessime politiche venatorie e rendere conto agli agricoltori e alla collettività del fallimento delle loro azioni che, come testimonia la situazione attuale, hanno solo alimentato e continuato ad aggravare la situazione».