Le specie invasive portate dalle navi sono una grossa minaccia per la biodiversità dell’Antartide

Il traffico navale verso l’Antartide è molto di più di quanto si credeva e potrebbe mettere a rischio specie marine uniche e pesca

[11 Gennaio 2022]

Lo studio “Ship traffic connects Antarctica’s fragile coasts to worldwide ecosystems”, pubblicato su PNAS da Arlie McCarthy,  Lloyd Peck e David Aldridge del British Antarctic Survey (BAS) e dell’ università di Cambridge ha tracciato i movimenti globali di tutte le navi che entrano nelle acque antartiche e fa notare che ormai «L’Antartide è collegata a tutte le regioni del globo tramite una vasta rete di attività navali. La pesca, il turismo, la ricerca e le navi da  rifornimento stanno esponendo l’Antartide a specie invasive e non autoctone che minacciano la stabilità del suo ambiente incontaminato».

I ricercatori hanno identificato ben 1.581 porti che hanno collegamenti con l’Antartide e sottolineano che «Tutti potrebbero essere una potenziale fonte di specie non autoctone. Le specie – tra cui cozze, cirripedi, granchi e alghe – si attaccano agli scafi delle navi, in un processo chiamato “biofouling”. La nostra scoperta suggerisce che potrebbero arrivare nelle acque antartiche da quasi ovunque in tutto il mondo».

La McCarthy, una zoologa del BAS e dell’università di Cambridge, spiega che «Le specie che crescono sullo scafo di una nave sono determinate da dove la nave è stata. Abbiamo scoperto che i pescherecci che operano nelle acque dell’Antartide visitano una rete piuttosto ristretta di porti, ma le navi turistiche e di rifornimento viaggiano in tutto il mondo. Siamo rimasti sorpresi di scoprire che l’Antartide è molto più connessa a livello globale di quanto si pensasse in precedenza. Queste navi viaggiano in tutto il mondo, il che significa che quasi ovunque potrebbe esserci una potenziale fonte di specie invasive. Quelle specie non autoctone possono cambiare completamente un ecosistema. Possono creare habitat completamente nuovi che renderebbero più difficile per gli incredibili animali antartici trovare il proprio posto dove vivere. I nostri risultati dimostrano che le misure di biosicurezza devono essere attuate in una gamma più ampia di luoghi rispetto a quella attuale. Esistono norme rigorose per impedire che specie non autoctone entrino in Antartide, ma il loro successo si basa sull’avere le informazioni per informare le decisioni di gestione. Ci auguriamo che i nostri risultati migliorino la capacità di rilevare le specie invasive prima che diventino un problema».

Gli scienziati britannici sono particolarmente preoccupati per lo spostamento delle specie da un polo all’altro: «Queste specie sono già adattate al freddo e possono fare il viaggio su navi turistiche o di ricerca che trascorrono l’estate nell’Artico prima di attraversare l’Atlantico per la stagione estiva antartica».

È stato scoperto che le navi di ricerca rimangono nei porti dell’Antartide per periodi più lunghi rispetto alle navi turistiche. I pescherecci di altura e le navi da rifornimento rimangono in media ancora più a lungo. Ricerche precedenti hanno dimostrato che soggiorni più lunghi aumentano la probabilità che vengano introdotte specie non autoctone.

A causa della posizione remota e isolata del contnente ghiacciato, la fauna antartica non ha sviluppato difese verso molti gruppi di specie. Ad esempio, i mitili possono crescere sugli scafi delle navi e se venissero introdotte accidentalmente in Antartide attualmente non avrebbero concorrenti. Anche i  granchi che in altre aree della Terra vivono in acque poco profonde introdurrebbero una nuova forma di predazione che gli animali antartici non hanno mai conosciuto prima.

Aldridge del Dipartimento di zoologia dell’università di Cambridge, e autore senior del rapporto, ricorda che «Le specie invasive e non autoctone sono una delle maggiori minacce alla biodiversità dell’Antartide: le sue specie autoctone sono state isolate negli ultimi 15-30 milioni di anni. Possono anche avere un impatto economico, attraverso l’interruzione della pesca». Anche la massiccia pesca del krill negli oceani meridionali potrebbe anche doversi fermare a causa dell’impatto delle specie invasive portate dalle navi. Il krill è un componente importante del mangime per pesci utilizzato nell’industria dell’acquacoltura globale e l’olio di krill è venduto come integratore alimentare.

Lo studio, finanziato da Whitten Studentship, General Sir John Monash Foundation e Natural Environment Research Council britannico, ha combinato i dati verificati degli scali delle navi con le osservazioni satellitari dell’attività navale a sud di -60° di latitudine, dal 2014 al 2018, scoprendo che le navi navigavano più frequentemente tra l’Antartide e i porti del Sud America meridionale, dell’Europa settentrionale e dell’Oceano Pacifico occidentale.

L’Oceano Australe intorno all’Antartide è l’ambiente marino più isolato della Terra e sostiene una comunità unica di vita vegetale e animale ed è l’unica regione marina mondiale senza specie invasive conosciute. Ma al BAS avvertono che «L’aumento dell’attività navale in questa regione sta aumentando la minaccia di introduzione accidentale di specie non autoctone».

In Antartide il turismo è regolamentato: le navi turistiche devono seguire protocolli di biosicurezza. Ma il nuovo studio ha rivelato che il turismo rappresenta il 67% delle visite alle località antartiche, seguito dalla ricerca scientifica (21%) e dalla pesca (7%).

Secondo l’International Association of Antarctic Tour Operators, la stagione 2019/20 ha visto più di 70.000 persone visitare la regione e, anche se nel 2020 e 2021 c’è stato un forte calo del turismo antartico a ausa della pandemia di Covid-19, il numero di turisti è aumentato costantemente da quando le prime centinaia di visitatori provenienti dal Cile e dall’Argentina arrivarono ​​nelle South Shetland Islands negli anni ’50. «E un aumento –  dicono i ricercatori – che ha altre conseguenze».

La McCarthy ha detto a BBC News: «Ovunque vadano queste navi, vediamo altri tipi di impatto umano sull’ambiente, che si tratti di rilascio accidentale di rifiuti, inquinamento, collisioni con la fauna selvatica o disturbo acustico».

Peck, un biologo marino del British Antarctic Survey, conclude: «Le misure di biosicurezza per proteggere l’Antartide, come la pulizia degli scafi delle navi, attualmente si concentrano su un piccolo gruppo di gateway ports riconosciuti. Con queste nuove scoperte, chiediamo migliori protocolli di biosicurezza e misure di protezione ambientale per proteggere le acque antartiche dalle specie non autoctone, in particolare perché le temperature oceaniche continuano ad aumentare a causa dei cambiamenti climatici».