L’istrice è arrivato nelle terre del Prosecco
Un esemplare investito a nord di Conegliano Veneto, è la segnalazione più orientale nell’Italia settentrionale
[2 Ottobre 2017]
Fino al 1970, l’istrice, il più grande dei roditori italiani, era presente solo nel Centro e Sud Italia, soprattutto nel versante tirrenico. Successivamente, e fino ad oggi, l’areale di distribuzione si è espanso fino quasi a raggiungere l’arco alpino. Le specie avrebbe prima oltrepassato l’Appennino, dalla costa tirrenica alle Marche, dove l’espansione al Nord avrebbe avuto inizio, raggiungendo dunque Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Veneto, Piemonte e Trentino Alto Adige.
L’espansione dell’istrice sembrerebbe essere stata favorita dall’espansione delle aree coperte da boschi sul territorio nazionale e dal regime di protezione legale a cui la specie è sottoposta dalla fine degli anni ’70. Ultimo, ma non ultimo, il cambiamento climatico attualmente in corso potrebbe aver favorito la conquista delle regioni settentrionali da parte di questo roditore di origine nord-africana.
Per quanto riguarda la regione Veneto, a dispetto di alcune osservazioni più datate, la colonizzazione dell’istrice è iniziata alla fine degli anni ’90 in provincia di Rovigo. Dal 1997, la specie è segnalata nelle aree collinari delle province di Verona e di Vicenza, mentre alcune osservazioni relative alla provincia di Venezia sono state condotte all’inizio degli anni 2000.
A metà settembre 2017, un esemplare di istrice è stato investito a nord di Conegliano Veneto, in provincia di Treviso, venendo a rappresentare la segnalazione più orientale di questa specie in Italia settentrionale. L’animale investito, un maschio adulto, rappresenta la prima osservazione riportata per questa specie in provincia di Treviso.
Viste le abitudini alimentari dell’istrice, essenzialmente basate su organi ipogei di accumulo e frutta (soprattutto fichi e uva), la presenza dell’istrice in quest’area dovrà essere accuratamente monitorata.
Sebbene infatti i danni da questa specie alle colture siano irrisori rispetto a quelli provocati dal cinghiale o dallo storno, le principali colture minacciate sono i cereali, le patate e appunto le vigne. Pertanto, si raccomanda la messa a punto di un piano di monitoraggio di dettaglio, volto a misurare le consistenze della popolazione e a predisporre misure per ridurre eventuali perdite economiche.
Difatti il successo di alcune realtà produttive, in particolar modo del Prosecco, ha portato nell’ultimo decennio ad un consistente mutamento dello scenario vitivinicolo veneto e ad un notevole investimento in terreni dedicati alla vite. In tale contesto la sostenibilità ambientale ha sovente assunto un peso marginale rispetto alla sostenibilità economica. Il contesto produttivo che si sta consolidando vede pertanto un radicale cambiamento nelle priorità di gestione dell’azienda vitivinicola: qualità e livelli produttivi hanno ormai raggiunto standard molto elevati in Veneto e particolarmento nell’area del Coneglianese. La varietà Glera, vitigno da cui proviene il famoso prosecco, è una realtà importante non solo per l’economia veneta ma anche per il made in Italy nel mondo. Negli ultimi anni il Prosecco è passato da fenomeno a solida realtà. Infatti, la superficie investita a Glera ammonta a 27.803 ettari totali e rappresenta la quinta varietà più diffusa a livello nazionale. In Veneto, sua zona natia, è l’incontrastata numero uno con una superficie coltivata di 24.054 ettari che costituiscono il 29,6% della viticoltura regionale, che è di circa 81.000 ettari. Di questi, la maggioranza sono classificati come Prosecco doc mentre i restanti ettari come Prosecco docg. Sulla scia di questo vertiginoso trend positivo, nel 2016 le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, per soddisfare l’incremento di domanda, hanno autorizzato l’ampliamento della superficie di coltivazione del prosecco, sottolineando la notevole importanza economica non solo a livello regionale ma anche nazionale. La qualità del prodotto, legata principalmente al territorio, è dovuta anche ad altri fattori colturali che contribuiscono a migliorare il rapporto vitigno/ambiente, tra i quali la base genetica (vedi selezione clonale). Inoltre molte energie sono destinate alla difesa da fattori biotici (come patogeni fungini e batterici o animali che possano creare danni) e abiotici (come stress termici o idrici conseguenti al cambiamento climatico) in un’ottica di sostenibilità ambientale, rendendo necessario e basilare un continuo monitoraggio per prevenire possibili danni alla viticoltura Veneta, fiore all’occhiello della nostra nazione.
Emiliano Mori, dipartimento di scienze della Vita dell’Università di Siena