Un’iniziativa contro i rifiuti marini, per realizzare impianti di riforestazione della posidonia
Livorno, al via la sperimentazione di reti in bioplastica biodegradabili in mare
Seggiani (Università di Pisa): «Le potenzialità di impiego delle reti in bioplastica sono molto ampie, per esempio nell’itticoltura, o nei cosiddetti orti marini»
[3 Gennaio 2022]
Le attività marine hanno un impatto diretto e significativo sui rifiuti umani dispersi nel blu, tanto che l’Europarlamento stima come i rifiuti della pesca e dell’acquacoltura rappresentino il 27% di tutti i rifiuti marini. Un dato che può essere migliorato a partire dall’innovazione tecnologica, come quella in fase di test sperimentale all’acquario di Livorno.
In una vasca è stata infatti installata una rete costituita da una bioplastica in grado di degradarsi in acqua salata, che verrà usata per realizzare impianti di riforestazione della Posidonia oceanica, una pianta essenziale per l’ossigenazione dell’ecosistema marino.
Un risultato frutto della collaborazione tra Asa, Università di Pisa, Francesco Cinelli – già docente di Ecologia marina e Scienza subacquea all’Ateneo pisano – BioIspra, l’Acquario di Livorno e l’azienda tessile Coatyam.
«I supporti proposti per la riforestazione dei fondali – spiega Maurizia Seggiani, docente di Fondamenti chimici delle tecnologie all’Unipi – hanno un grande impatto ambientale, perché costituiti da reti di ferro rivestite con monofilamenti di polipropilene che causano la dispersione in mare di microplastiche e la morte delle specie marine che vi rimangono intrappolate. Il nostro gruppo di ricerca ha individuato e testato una bioplastica, il Pbsa (polibutilene succinato-co-adipato), usata in diverse applicazioni in sostituzione di plastiche tradizionali ma mai fino ad ora per applicazioni di restauro marino. Dal Pbsa è stata ricavata una rete con proprietà meccaniche adeguate a contenere le talee di piccole piante di posidonia, e in grado di biodegradarsi in un paio d’anni, il tempo necessario alla pianta per mettere radici».
La rete per la messa a terra delle piante è stata realizzata grazie alla collaborazione con Coatyarn, azienda leader nel settore tessile specializzata nella produzione di filati rivestiti ad alto contenuto tecnologico, e il primo prototipo è stato posato all’acquario di Livorno assieme ad alcune talee di posidonia per verificarne l’efficacia nel trattenere le piantine al suolo per il tempo necessario al loro radicamento.
Il prossimo passo, previsto nella primavera 2022, sarà un test in mare aperto, in prossimità dell’Isola D’Elba, dove le praterie di posidonia sono interessate dallo scarico del dissalatore in costruzione a Lido di Capoliveri, che ha reso necessario operazioni di trapianto della posidonia.
«Le potenzialità di impiego delle reti in bioplastica sono molto ampie – conclude Seggiani – per esempio nell’itticoltura, o nei cosiddetti “orti marini”. Inoltre, le reti possono anche essere usate sulla terraferma, per esempio per consolidare frane e scarpate con un materiale in grado di biodegradarsi in quell’ambiente una volta che ha svolto la sua funzione».