LNDC Animal Protection: «E’ già paradossale mettere un cacciatore a fare le regole sulla caccia, ma difenderlo dopo una denuncia è intollerabile. Vergogna»

Lombardia: il vicepresidente cacciatore della commissione Agricoltura non si dimette

Bravo (FdI) aveva proposto di alleggerire i controlli sui richiami vivi e è stato denunciato dai Carabinieri Forestali proprio per violazioni di quelle norme

[1 Febbraio 2024]

Con 47 voti contrari e 21 favorevoli, il Consiglio regionale della Lombardia ha respinto la richiesta di dimissioni di Carlo Bravo dal suo incarico di vice presidente della Commissione agricoltura. Bravo era stato candidato da Fratelli d’Italia alle elezioni regionali di un anni fa proprio per attirare i voti dei cacciatori: è stato fondatore dell’Associazione Cacciatori Lombardi – che si definisce movimento di lotta e mobilitazione politica, in difesa dell’attività Venatoria . e dal 2001 al 2008  ne è stato presidente provinciale di Brescia, per poi diventarne  presidente regionale dal 2008 al 2023. Accettando la candidaturadi FdI aveva detto che «L’esigenza di candidarsi nelle fila di Fratelli d’Italia è essenzialmente quella di avere un cacciatore ed dirigente venatorio fidato, che possa fare gli interessi della caccia in consiglio regionale, e che possa dare le dovute risposte politiche – amministrative che sono mancate negli ultimi degli 10 anni» e tra i punti del suo programma c’era quello che sembrava averlo inguaiato: «Situazione Anelli Inamovibili dei richiami vivi insostenibile, controlli Venatori in alcune provincie lombarde che resentano i limiti di legge, si alle deroghe, si alla cattura di richiami vivi». Bravo è stato eletto ed è stato subito nominato vicepresidente della Commissione agricoltura della Regione Lombardia.

A novembre, Bravo è stato denunciato dai Carabinieri Forestali proprio per violazione delle norme sui richiami vivi perché gli anellini applicati agli uccelli che deteneva risultavano manipolati e per questo è scattata la denuncia per falsificazione di sigilli.

Il 30 gennaio la maggioranza di destra-centro del Consiglio regionale della Lombardia lo ha salvato da una mozione delle opposizioni, presentata da Michela Palestra del Patto Civico,  che chiedeva la sua decadenza dalla carica di Vicepresidente della commissione Agricoltura. La Palestra ha commentato: «Il Consigliere Bravo è rimasto al suo posto? Ebbene si. Dopo tante settimane, finalmente il Consiglio Regionale ha “discusso” il caso Bravo, Vicepresidente della Commissione competente in tema di caccia, ma non ha affrontato le ambiguità di Regione e dei suoi rappresentanti sulla materia venatoria. Carlo Bravo è stato denunciato dai carabinieri forestali, affronterà la questione e verrà giudicato da chi competente ma la maggioranza si è attaccata alla vicenda giudiziaria, giocando sull’equivoco per respingere la richiesta di dimissioni.  Se ascoltate il mio intervento non c’è il riferimento alla vicenda giudiziaria, che sarà chiarita in altra sede ma ho evidenziato con forza il continuo tentativo di allargare le maglie sulla caccia scivolando in approvazione di leggi che espongono Regione Lombardia a forti rischi sul piano della legittimità, sanzioni, ricorsi».

La consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, Paola Pollini, ha sottolineato che «La questione era semplice: il Consiglio regionale ritiene opportuno che il Consigliere Bravo continui a ricoprire la carica di Vicepresidente della commissione Agricoltura? Logico aspettarsi che di fronte a un palese conflitto di interesse, quello che riguarda chi si trova nella condizione di scrivere le regole per la cui violazione è stato denunciato dai Carabinieri Forestali, il centrodestra trovasse il modo di compattarsi».

L’opposizione infatti non è certo andata avanti a schioppettate, ma ha sollevato un problema e di etica politica e di conflitto di interessi per il vicepresidente di una commissione denunciato per aver violato alcune disposizioni sui richiami vivi. E Marco Carra, capodelegazione del Pd in Commissione agricoltura, spiega così la decisione di condividere e sottoscrivere la mozione bocciata dalla maggioranza: «L’Aula del consiglio regionale non è il luogo dei processi, ma la Commissione Agricoltura deve essere tutelata, perché in questa prima parte di legislatura abbiamo assistito a una serie di forzature giuridico-amministrative e legislative che hanno messo in difficoltà anche gli uffici dell’assessorato. Non accettiamo lezioni da chi, nel corso degli ultimi decenni, nelle Aule della nostra rappresentanza politico istituzionale, ha fatto gesti – penso ai cappi esibiti in Parlamento – di “punitismo giustizialista”, come lo definiscono ora gli stessi esponenti della maggioranza che oggi governano Paese e Regione. Noi facciamo una riflessione di natura politica: la Commissione Agricoltura deve essere tutelata. Al vicepresidente Bravo non chiediamo di dimettersi da consigliere regionale e nessuno pretende che non porti la sua visione politica all’interno della Commissione o in quest’Aula. Ma sulla base di quello che è accaduto, gli chiediamo di farsi da parte rispetto all’incarico che ricopre. Anche in previsione del dibattito sui temi della caccia che sarà molto aspro».

Su questa vicenda politica, che in qualsiasi altro Paese dell’Europa occidentale avrebbe probabilmente portato alle dimissioni automatiche di un politico denunciato per simili reati, è molto più pesante il giudizio della presidente LNDC Animal Protection Piera Rosati: «Proprio il consigliere Bravo aveva fin dall’inizio del suo mandato proposto di modificare le norme sulla detenzione di richiami vivi, prevedendo anche un cospicuo stanziamento per sostituire gli anellini di metallo con delle fascette di plastica, oltre a emendamenti affinché i controlli sui richiami vivi fossero meno stringenti. Davvero una curiosa coincidenza che, tra l’altro, espone la Regione Lombardia a sanzioni europee. A seguito di questo increscioso “incidente”, l’opposizione in consiglio regionale aveva chiesto all’aula di destituire Bravo dal suo ruolo nella commissione agricoltura che si occupa anche della regolamentazione del mondo venatorio. La risposta della maggioranza è stata un inspiegabile ma prevedibile diniego, stringendosi compatta intorno al proprio uomo e quindi lasciando che conservasse il suo ruolo. E’ già paradossale che un cacciatore sia messo in una posizione chiave per regolamentare la caccia, come se non esistesse un conflitto di interessi, ma che possa continuare a farlo nonostante una denuncia per una violazione rilevata dai Carabinieri è veramente inaccettabile. Si fa un gran parlare di legalità e di rispetto delle regole e sarebbe bello se i politici fossero i primi a dare il buon esempio, anche per questioni di opportunità e decoro. Purtroppo, anche in questo caso, dobbiamo prendere atto che non è così».