L’omosessualità nei mammiferi è più frequente nelle specie sociali ed è più diffusa nei primati
Il comportamento omosessuale svolge un ruolo importante nel mantenimento delle relazioni sociali e nella mitigazione dei conflitti
[9 Ottobre 2023]
Lo studio “The evolution of same-sex sexual behaviour in mammals”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori dell’Estación Experimental de Zonas Áridas (EEZA-CSIC) e di Universidad de Granada (UGR) del Centro de Investigaciones sobre Desertificación (CIDE) di CSIC, la Universitat de València (UV) e Generalitat Valenciana (GVA) ha indagato sul comportamento omosessuale nei mammiferi e ha concluso che «Si verifica più frequentemente in quelle specie che interagiscono all’interno dello stesso gruppo. I risultati suggeriscono che questo comportamento sessuale tra individui dello stesso gruppo, prevalente nel caso dei primati, gioca un ruolo importante nello stabilire e nel mantenere i loro legami».
I ricercatori spagnoli ricordano che «I comportamenti omosessuali nei mammiferi non umani, operativamente definiti come “Comportamenti transitori che normalmente vengono eseguiti ad un certo punto durante la riproduzione con un membro del sesso opposto, ma che sono invece diretti verso membri dello stesso sesso”, hanno attirato l’attenzione di discipline diverse come la sociologia, la psicologia, la zoologia, la biologia evoluzionistica o l’ecologia comportamentale. Poiché non contribuisce direttamente alla riproduzione, è considerato un enigma evolutivo».
Dal nuovo studio arriva la conferma che «Il comportamento sessuale tra individui dello stesso sesso è una tendenza comune nei mammiferi, registrata finora in circa il 5% delle specie e nel 50% delle famiglie. Inoltre, è praticato con prevalenza simile da maschi e femmine. Secondo i dati attualmente disponibili, non è distribuito in modo casuale tra i lignaggi dei mammiferi, ma tende ad essere particolarmente diffuso in alcuni casi, soprattutto nei primati, dove è stato osservato in almeno 51 specie, dai lemuri alle scimmie. Mentre in alcune specie questo è accidentale e si verifica solo in situazioni molto specifiche, in circa il 40% delle specie il comportamento omosessuale è un’attività moderata o addirittura frequente durante la stagione degli amori».
Lo studio ha rilevato «Un’associazione significativa, a livello di specie, tra la comparsa di comportamenti sessuali tra individui dello stesso sesso e il comportamento sociale, sia nei maschi che nelle femmine, con le specie sociali che hanno maggiori probabilità di mostrare questo tipo di comportamento. . Questi risultati supportano l’ipotesi che questo comportamento sessuale sia stato evolutivamente favorito come un modo per stabilire, mantenere e rafforzare relazioni sociali che possono aumentare i legami e le alleanze tra i membri dello stesso gruppo».
Il principale autore dello studio, José María Gómez, del Departamento de Ecología Funcional y Evolutiva de dell’EEZA-CSIC, sottolinea che «Il nostro studio suggerisce che il comportamento sessuale omosessuale esibito dai mammiferi non umani, piuttosto che un comportamento aberrante o disadattivo, è un adattamento che svolge un ruolo importante nel mantenere le relazioni sociali in entrambi i sessi e mitigare i rischi. Questa analisi filogenetica comparativa ha anche trovato una relazione tra questo comportamento sessuale e la violenza intrasessuale, in questo caso solo nei confronti dei maschi. Le specie i cui maschi sono più violenti hanno maggiori probabilità di mostrare questo comportamento sessuale ad un certo punto della loro vita».
Una delle autrici dello studio, Adela González dell’UGR. aggiunge che «Secondo i dati disponibili, questo comportamento non è distribuito in modo casuale tra i lignaggi dei mammiferi, ma tende piuttosto ad essere particolarmente diffuso in alcuni gruppi, soprattutto nei primati, dove è stato osservato in almeno 51 specie, dai lemuri alle scimmie».
Per un altro autore dello studio, Miguel Verdú del CSIC, «Come per la maggior parte dei tratti, l’evoluzione ci ha lasciato una traccia di incalcolabile valore per comprendere questo comportamento in natura».
Gómez avverte però in un’intervista al New York Times che lo studio potrebbe non far molta luce sull’orientamento sessuale negli esseri umani: «Il tipo di comportamento sessuale omosessuale che abbiamo utilizzato nella nostra analisi è così diverso da quello osservato negli esseri umani che il nostro studio non è in grado di fornire una spiegazione per la sua espressione oggi».
Precedenti studi sul comportamento omosessuale hanno in genere comportato attente osservazioni di una singola specie o di un piccolo gruppo di specie, il team spagnolo ha invece cercato i grandi modelli evolutivi che hanno dato origine al comportamento in alcune specie ma non in altre in ben 6.649 specie di mammiferi viventi che discendono da antenati simili a rettili a partire da circa 250 milioni di anni fa. Esaminando la letteratura scientifica, hanno notato quali di loro erano stati visti esibire comportamenti omosessuali, definiti come qualsiasi cosa vada dal corteggiamento all’accoppiamento alla formazione di legami a lungo termine.
I ricercatori hanno stilato un elenco di 261 specie che mostravano questi comportamenti omosessuali.
L’analisi ha mostrato che maschi e femmine avevano quasi la stessa probabilità di essere osservati mentre attuavano comportamenti sessuali omosessuali. In alcune specie, lo fa solo un sesso, ma in altre – compresi i ghepardi e i cervi dalla coda bianca – hanno comportamenti sessuali omosessuali sia i maschi che le femmine.
I ricercatori hanno poi studiato come si manifesta questo comportamento nell’albero evolutivo dei mammiferi e hanno scoperto che le specie coinvolte sono sparse sui rami dell’albero, suggerendo che il comportamento fosse sorto indipendentemente in ciascun lignaggio. Gómez evidenzia che «Con i dati attuali disponibili, sembra che si sia evoluto più volte».
Per lo studio, gli antenati dei principali gruppi di mammiferi viventi, come i primati o i felini, probabilmente non avevano comportamenti sessuali omosessuali, ma con l’evoluzione di nuovi lignaggi, alcuni di loro iniziarono a mostrare questo comportamento. Ad esempio, le scimmie si sono ramificate da altri primati circa 25 milioni di anni fa e poi hanno sviluppato un tasso di comportamento sessuale omosessuale molto più elevato rispetto alle specie appartenenti a rami più antichi di primati, come i lemuri.
Gli scienziati spagnoli hanno poi cercato i tratti che avevano in comune questi rami dello stesso sesso e un’analisi statistica dell’albero evolutivo ha rivelato che «Tendevano ad essere specie sociali invece che solitarie».
Paul Vasey, un primatologo canadese dell’università di Lethbridge che non ha partecipato allo studio, ha commentato sul New York Times: «Diversi ricercatori che hanno studiato il comportamento sessuale omosessuale hanno ipotizzato che l’evoluzione dei gruppi sociali lo abbia favorito. Ma stavano guardando alle singole specie, piuttosto che all’albero della vita. Per chiunque abbia familiarità con la letteratura scientifica, non penso che sia una grande sorpresa vedere che il comportamento sessuale omosessuale è legato alla socialità. E’ bello vedere questa conclusione supportata dai metodi utilizzati dagli autori».