L’oro verde dell’Italia. I Parchi per il Paese
[16 Dicembre 2013]
Parafrasando un ministro del recente passato ci potremmo chiedere: ma la natura si mangia? O è un lusso che in tempi difficili come questi non possiamo permetterci?
Noi di Legambiente pensiamo che un Paese che cerca di guadare la piena della crisi deve darsi una strategia individuando le proprie risorse e le proprie potenzialità. La Natura, la sua tutela ma anche la sua corretta gestione manageriale – può e deve essere il fattore “I” – il fattore Italia – capace di mettere il nostro Paese in posizione di vantaggio nel cammino oltre la crisi economica.
Altro che petrolio e trivellazioni: non è in quella direzione che deve andare l’Italia – verso il ‘900 – , occorre invece avere la capacità di intercettare sfide e strategie moderne. Altro che strade ed aerei per portare i turisti in Italia, ci vuole una nuova cultura dell’accoglienza ed un nuovo modo di gestire le ricchezze ambientali e culturali. L’oro verde dell’Italia è attorno a voi quando passeggiate in un parco o in un’area verde cittadina; L’oro verde dell’Italia è sotto i vostri piedi quando risalite le pendici dell’Etna o del Vesuvio; L’oro verde dell’Italia vi avvolge quando vi immergete nel mare di un’area marina protetta.
La natura dunque come tratto identitario nazionale ed elemento strategico per uscire dalla crisi. Ma c’è di più. La Natura, nell’ultimo decennio è diventato bisogno sociale. L’esperienza degli orti urbani che in migliaia costellano le nostre città, la legge sugli alberi, il fenomeno della custodia dei territori, la gestione di spazi urbani e di territori di qualità, la tutela di specie come le tartarughe, il recupero di sistemi dunali prima degradati: un attivismo di massa a favore della natura che racconta bene quanto gli italiani abbiano voglia di verde, di spazi tutelati, di una migliore qualità della vita. Antidoti concreti anche al dilagante consumo di suolo che insieme al rischio idrogeologico sta aumentando esponenzialmente la fragilità già endemica del territorio italiano. Certo però che se la scelta è permettere la costruzione di stadi “a prescindere” e con premi di cubature residenziali e commerciali nessun parco o orto urbano salverà questo nostro territorio
Sanno i parchi e le aree protette italiane, custodi di pezzi importanti del nostro territorio, rispondere a questa esigenza? Sanno dare risposte ed esperienze reali a questo bisogno sociale? Questa è la sfida che occorre vincere: dimostrare che nei confini di un parco i cittadini possono trovare la risposta ad un loro bisogno ma anche esperienze di gestione virtuose, moderne, moltiplicatrici di effetti benefici per il territorio e le attività economiche.
Certo per fare questo bisogna dismettere qualche vecchio vizio italico:
– a partire da quello che fa della conservazione un’attività elitaria, per pochi eletti ed invece occorre saper trasmettere il valore parco, il valore natura, come elementi popolari, motivo di orgoglio nazionale. Basta allora con le riserve indiane che respingono le comunità locali: che i parchi e le loro gestioni sappiano essere leader territoriali, esempi virtuosi di come si può utilizzare un bene comune nell’interesse collettivo.
– per non parlare della cultura politica che spesso in questi anni, nella gestione dei parchi, delle aree protette, ha avuto il fiato corto delle architetture gestionali senza saper sviluppare una visione strategica. Una visione portante di quale ruolo possa e debba svolgere la gestione anche imprenditoriale di un pezzo qualificante del nostro territorio nazionale.
Come dire? Abbiamo bisogno di azioni certo ma anche di obiettivi condivisi e misurabili da raggiungere. E allora l’appello è al ministero dell’ambiente certo ma anche del turismo, dell’istruzione, dello sviluppo economico: questa conferenza – voluta dal Ministro Orlando – può essere la scelta della strada giusta se ognuno farà la sua parte e si smetterà di trattare l’ambiente come cenerentola dei temi su cui investire e puntare.
Volete qualche dato che dimostri l’utilità di questa nuova visione? A proposito di biodiversità noi italiani sappiamo fare conservazione meglio dei nord americani: i lupi in Italia sono circa mille, di questi 9-10 branchi con 100 esemplari interessano i 75mila ettari del Parco della Majella. Una densità maggiore a quella del mitico parco di Yellowstone, con la differenza che sulla Majella ci sono anche 100 mila abitanti, 10mila capi ovini e 1000 bovini.
Il Lupo, ma non solo, il ritorno della foca monaca alle Egadi, luogo di pesca e turismo di massa; la nidificazione delle tartarughe sulla spiaggia dei Conigli a due passi da centinaia di bagnanti; i fenicotteri rosa negli stagni di Molentargius a due passi da una grande città come Cagliari… sono esempi concreti che c’è del mestiere, c’è dell’abilità gestionale nel “mondo dei parchi” aldilà di alcune governance poco brillanti, della mancanza di fondi, dell’immobilismo museale di alcuni.
Questa la sfida alla politica. Ma anche i parchi debbono saper dimostrare di essere utili al Paese, smettendo di chiedersi cosa può fare il Paese per loro, sapendo esprimere nuove classi dirigenti capaci ed orgogliose di custodire un patrimonio nazionale incalcolabile! Un patrimonio fatto di natura, identità, coesione sociale.
Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, intervento alla Conferenza nazionale la Natura dell’Italia