I programmi di salvaguardia insulare non tengono conto del cambiamento climatico
Mantenere a galla la biodiversità delle isole che affondano. Il caso del Kakapo
[26 Febbraio 2014]
Un team di ricercatori francesi, australiani e neozelandesi ha pubblicato su Trends in Ecology and Evolution lo studio “Climate change, sea-level rise, and conservation: keeping island biodiversity afloat” che dimostra come «i programmi di salvaguardia insulari negli ultimi 5 decenni hanno avuto uno spettacolare successo, eppure generalmente non tengono conto degli impatti del cambiamento climatico». I ricercatori sostengono invece che «l’intero spettro dei cambiamenti climatici, in particolare del livello dei mari e la perdita delle condizioni climatiche adatte, deve essere rapidamente integrato nella ricerca e gestione della biodiversità insulare».
Uno degli autori dello studio, il neozelandese James Russell, della School of Biological Sciences e del Department of Statistics dell’università di Auckland, scrive su News Watch del National Geographic che «Le isole sono giustamente un obiettivo di investimento importante per la conservazione. Alcune delle specie più minacciate del mondo vengono trasferite nelle isole, dove possono essere più facilmente monitorate e sono al sicuro dalle minacce. Le specie invasive possono essere completamente rimosse dalle isole con precise operazioni di eradicazione, permettendo agli abitanti originari delle isole a rifiorire ancora una volta. Quindi, non meraviglia molto che le isole ospitino molta più biodiversità delle aree continentali comparabili. Tuttavia, vi è una minaccia dalla quale nemmeno le più isolate isole del mondo saranno al sicuro: il cambiamento climatico».
L’effetto più evidente ed ovvio del cambiamento climatico sulle isole sarà l’aumento del livello del mare che nel prossimo secolo potrebbe arrivare a un metro, con la conseguente perdita di territorio, in molte isole scarsamente elevate sul mare, dalle quali magari sono state eradicate le specie invasive, saranno quindi loro stesse estinte dal mare che eradicherà anche i loro abitanti, umani e animali e vegetali. Ma Russell ricorda che la minaccia del cambiamento climatico non riguarda solo queste isole ed atolli: «Anche sulle isole più grandi, le tempeste più frequenti e le inondazioni possono causare danni ad aree molto più grandi del semplice aumento del livello del mare. Forse la minaccia più inquietante è lo spostamento della nicchia climatica. Le specie minacciate endemiche traslocate sulle isole hanno spesso bassa capacità di dispersione e, se il loro clima ottimale si sposta altrove, non saranno in grado di seguirlo da sole, senza l’assistenza dell’uomo».
Cosa comporta questo per la salvaguardia della natura nelle isole? I ricercatori pensano che a medio-lungo termine (100 anni) «I conservation managers dovranno dare la priorità a quelle isole dove vale la pena investire in future eradicazioni. Le specie in pericolo che si trovano, o sono state trasferite, nelle , piccole isole (ad esempio isole indenni da organismi nocivi) possono essere spostati nelle isole maggiori. Nel lungo termine, gli scienziati ed i manager dovranno riflettere su come eradicare o gestire le specie invasive nelle isole abitate molto grandi, o applicare i loro strumenti di conservazione insulare ad aree continentali, al fine di garantire la longevità dei progetti di conservazione delle specie».
Ci sono già alcuni posti dove questo sta già accadendo e Russell fa l’esempio dei kakapo (Strigops habroptilus) che nel 2012 sono stati trasferiti in Hauturu o Toi/Little Barrier Island, dove sono state scoperte in un nido tre uova fertili deposte dai simpatici uccelli. Un evento che ha elettrizzato i ricercatori del kākāpō Recovery ed il Department of Conservation/Te Papa Aytawahi della Nuova Zelanda che li finanzia.
Ormai al mondo restano solo 150 kakapo e 9 di loro sono stati trasferiti ad Hauturu o Toi, nel golfo di Hauraki, all’interno di un progetto per vedere se l’isola sia adatta come sito gestito a lungo termine.
La manager del programma kākāpō Recovery, Deidre Vercoe Scott, aveva detto che ci sarebbero voluti anche 10 anni prima di capire se i kakapo fossero in grado di allevare con successo, senza supporto umano, i loro pulcini su Hauturu o Toi, ma la scoperta del nido della kakapo “Heather” il 18 febbraio fa pensare che questo avverrà molto prima del previsto e la stessa Vercoe Scott ha detto: «Una tale scoperta è emozionante. Heather si sta ovviamente comportando bene sta mostrando fiducia che in questa stagione ci sia cibo a sufficienza per crescere i suoi pulcini».
La deposizione delle uova fertili ha ridato fiducia al team di Kakapo Recovery, che era rimasto deluso per l’elevato numero di uova non fertili deposte a Whenua Hou/Codfish Island che ospita la principale popolazione nidificante di kakapo: delle 15 uova trovate in 7 nidi, solo tre erano vitali, 6 si sono dimostrate infertili e in una è morto l’embrione, 5 uova vanno ancora verificate.
I goffi kakapo, pappagalli notturni che pesano fino a 7 Kg e che sono incapaci di volare, vengono monitorati costantemente e così, tra il 29 gennaio e il 3 febbraio, sono sti filmati 3 accoppiamenti tra Heather e il kakapo maschio Dobbie.
I due uccelli erano già stati ad Hauturu o Toi per diversi anni. I Kakapo erano già stati introdotti sull’isola nel 1982 e allevati con successo negli ‘80 e ‘90, anche se avevano bisogno di cibo supplementare e di protezione dai kiore (Rattus exulans – ratto del Pacifico o polinesiano) così nel 1999 tutti i kakapo sono stati rimossi da Hauturu o Toi in modo da poter eradicare i kiore. Poi nel 2012 sono stati reintrodotti i kakapo.
La Vercoe Scott ha detto che «Questa volta, ai Kakapo su Hauturu o Toi non verrà somministrato cibo supplementare, ma tutti i nidi saranno attentamente monitorati. Se possono allevare pulcini da soli, allora sapremo che Hauturu o Toi è una valida opzione per il recupero Kakapo in futuro». L’isola è infatti potenzialmente molto importante per garantire la sopravvivenza dei Kakapo: oltre a Whenua Hou è l’unica dove possono vivere i Kakapo che non sia raggiungibile a nuoto da ratti ed ermellini.