Natura e conservazione ambientale in Mesoamerica

Le foreste che ancora resistono stanno riducendosi a vista d’occhio, lasciando immensi spazi in cui gli animali, le scimmie in particolare, si sono ridotti al lumicino

[4 Gennaio 2024]

Per Mesoamerica si intende il territorio di 750.000 kmq dell’America Centrale che si trova fra le due Americhe, quella del Nord e quella del Sud, e che si estende dal sud del Messico fino ai confini con il Panama.

Antropologicamente e culturalmente il Mesoamerica in passato ha avuto delle grandi civiltà, per esempio quella Maya e quella Azteca. Si tratta di un’area vastissima che include sette Paesi: il Messico (meridionale), il Guatemala, l’El Salvador, il Belize, l’Honduras, il Nicaragua e il Costa Rica.

Essi hanno vissuto e vivono tuttora momenti molto difficili da un punto di vista ambientale, poiché tutto sta diventando sempre più precario. Le foreste che ancora esistono in Mesoamerica stanno riducendosi a vista d’occhio, lasciando immensi spazi deforestati in cui gli animali, le scimmie in particolare, si sono ridotti al lumicino.

Questi Paesi si stanno dimostrando molto deboli nei confronti della conservazione dell’ambiente e fanno in realtà pochi interventi per proteggere ciò che è rimasto nei territori. Le popolazioni umane, in continuo e costante aumento, stanno facendo pressioni notevoli sulle terre e le autorità non riescono a contenere le loro pretese: i contadini chiedono sempre più spazi per l’agricoltura e per la coltivazione di piantagioni, spesso non autoctone e soprattutto di frutta tropicale (banane, manghi, avocado, cacao, eccetera); per non parlare della coltivazione del caffè, che in queste terre viene praticata da secoli.

Dopo l’arrivo degli spagnoli nel 1519 e la sconfitta definitiva del popolo Maya nel 1546, il Mesoamerica è diventato un territorio da sfruttare in tutti i suoi aspetti, con gli schiavi catturati in Africa utilizzati nei campi e nelle miniere, lavori ai quali erano più adatti rispetto ai pochi indigeni sopravvissuti, che erano stati principalmente dei guerrieri.

Se adesso non si pone alcun rimedio, non si fanno progetti di conservazione e non si diffonde un rispetto generale per la natura da parte di tutti, presto molte specie animali selvatiche non esisteranno più in questi luoghi.

Sarebbe la distruzione di tutta la biodiversità del Mesoamerica: rimarranno solo gli uomini che per sopravvivere si uccideranno a vicenda, come infatti è già avvenuto.

Le guerre civili in El Salvador dal 1979 al 1992, in Nicaragua dal 1979 al 1990 e in parte anche in Honduras come base dei contras finanziati dagli Stati Uniti d’America contro i rivoluzionari sandinisti del Nicaragua hanno avuto un impatto catastrofico su queste nazioni.

Non si è trattato di guerre solo ideologiche e politiche, come sarebbe facile pensare, ma anche di una lotta per la sopravvivenza: tutto è stato depredato e distrutto senza nessun rispetto per l’ambiente, soprattutto per le scimmie (in spagnolo monos) che nell’immaginario collettivo erano, e lo sono ancora, la rappresentazione del male, della lussuria e dell’inferno; un facile capro espiatorio per giustificare la malvagità umana.

Sono diventate anche uno stereotipo linguistico che si utilizza per offendere e vessare il prossimo, un nemico o un contendente: monos, cioè scimunito o altri significati di questo genere.

Nonostante tutte queste disgrazie, inclusi terremoti e uragani devastanti, tra tutti i paesi del Mesoamerica il Nicaragua è quello che ha fatto di più per l’ambiente, istituendo nuovi parchi nazionali e aree protette.

Più di quanto sia stato fatto per esempio in Guatemala, in cui sopravvivono tra grandi difficoltà l’Alouatta palliata, l’Alouatta pigra e l’Ateles paniscus, e in Belize, dove vivono l’Alouatta palliata e l’Ateles paniscus.

Da questo punto di vista il Nicaragua si può considerare all’avanguardia, sebbene dopo il Costa Rica, un Paese che sin dalla sua nascita come Stato indipendente nel 1821 non è stato mai coinvolto in guerre civili ma solo afflitto da qualche terremoto terrificante.

Nonostante le sue disavventure, in Nicaragua esistono tre specie di scimmie (Alouatta palliata, Ateles geoffroyi e Cebus capucinus) grazie a delle pianificazioni per la loro riproduzione e per il loro reinserimento in zone protette.

Le scimmie in El Salvador hanno subito una sorte peggiore: praticamente non ci sono più. Quelle rimaste, poche decine, sono state relegate in due piccole aree di studio, quella di Chaguatique e quella di El Tercio. Se ora si chiedesse a un salvadoregno se ancora nel suo Paese esistono delle scimmie, di cui un tempo era ricchissimo, egli non saprebbe cosa rispondere.

Dopo la guerra civile El Salvador pensa solo alla ricostruzione e la gente non si preoccupa più di tanto della salvaguardia dell’ambiente. Hanno costruito canali irrigui, strade e viadotti e aperto nuove miniere, ma i capitali provengono dall’estero: multinazionali che adoperano la strategia del “mordi e fuggi” e che quindi ai danni precedenti ne aggiungono sostanzialmente altri.

Questo è il quadro generale della situazione in Mesoamerica, fatte salve alcune eccezioni molto più rassicuranti, ma solo da un punto di vista della salvaguardia dell’ambiente, per esempio in Messico e soprattutto in Costa Rica.

Grazie all’istituzione di ventisei tra parchi nazionali, riserve e aree protette, in Messico sopravvivono due specie di scimmie: Alouatta palliata e Ateles geoffroyi. In Costa Rica, oltre a queste due, ci sono i Saimiri (S. sciureus e S. oerstedii).

La speranza è che in El Salvador questo processo di risanamento prenda presto l’avvio e che la natura e la biodiversità di questo Paese e anche del resto del Mesoamerica possano risollevarsi.