Natura in Europa, quanto vale? Il 18% degli uccelli e il 7,5% dei pesci a rischio estinzione
Green Week, Timmermans: «Per vincere competizione globale l’unica risposta per l’Ue può essere la sostenibilità»
[4 Giugno 2015]
DA BRUXELLES. L’evento principe, all’apertura della Green Week di Bruxelles, è nato azzoppato. Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, avrebbero dovuto dare il la alla più importante conferenza europea sulle politiche ambientali dell’Unione, ma non si sono presentati. Il primo impelagato nella preparazione dell’ennesimo faccia a faccia col premier ellenico Tsipras, il secondo bloccato all’aeroporto di Nairobi da una bufera: comunque un modo incisivo di ricordare chi tiene ancora il coltello dalla parte del manico, tra natura e uomo.
«È importante ricordare – sottolinea dal palcoscenico il commissario all’Ambiente dell’Ue, il maltese Karmenu Vella – che noi abbiamo bisogno della natura più di quanto la natura non abbiamo bisogno di noi. La natura ci aiuta, senza mai chiedere il conto. Ma le nostre prime stime, arrestare la perdita di biodiversità e servizi ecosistemici entro il 2020 potrebbe costare all’Europa una cifra pari a 50 miliardi di euro all’anno». Si tratta comunque di stime, probabilmente prudenti se il solo lavoro degli insetti impollinatori viene ricondotto a un valore di 15 miliardi di euro l’anno.
Davanti a cifre simili sul valore della natura in Europa, la domanda giusta non è chiedersi se potremmo comunque sopportare la perdita. «Quando si prosciuga un fiume, si distrugge una foresta o sparisce una specie – snocciola con piglio critico il Ceo di BirdLife International, Patricia Zurita – è impossibile quantificare la perdita col metro economico, internalizzado i costi. Ho grande stima per l’impegno profuso in questa direzione, ma come economista credo che lo si stia facendo perché siamo innamorati dei numeri, e ci piace farci governare da essi». È il vecchio e scomodo problema dell’incommensurabilità tra sfere diverse, caro all’economia ecologica, che torna a pungere e a rafforzare il bisogno di stabilire dei limiti.
«Cosa fermerà la distruzione della natura se non delle buone leggi, e la loro concreta applicazione?», chiosa retoricamente Zurita. A finire al centro di un vero dibattito sono le direttive Habitat e Uccelli, in corso di valutazione (e di possibile ridefinizione) da parte della Commissione europea. L’obiettivo dichiarato, e ribadito con forza durante la Green Week è quello di valutarne serenamente l’efficacia per individuare se e come migliorarle. La paura diffusa tra le associazioni ambientaliste, invece, è quella di una deregulation.
Negli ultimi 25 anni l’Ue è stata leader mondiale nella lotta per la difesa della biodiversità, e le direttive Habitat e Uccelli sono il principale manifesto di questo successo. Ciò non significa che la biodiversità europea, nel suo complesso, goda di buona salute.
Il 18% degli uccelli che sorvola i cieli europei è minacciato di estinzione, e lo stesso vale per il 7,5% dei pesci che nuota nei nostri mari: le Red List presentate durante la Green Week sono molto chiare in proposito. Per la corrente di pensiero rappresentata sul palco da Zurita, è un problema di mancata applicazione di direttive in sé ottime; per la Commissione, potrebbe essere necessario rivedere le leggi alla base. Determinante, in tal senso, sarà l’esito della consultazione pubblica in corso in questi mesi.
La sola Natura 2000, il più grande network mondiale di aree protette – che copre il 18% del territorio dell’Europa e il 4% della sua superficie marina, in una forma di cooperazione unica tra i 28 membri dell’Ue – porta in dote qualcosa come 200-300 miliardi di euro l’anno in benefici economici, per i più venali.
La speranza è che la Commissione se ne ricordi davvero al momento di passare dalle parole ai fatti. Il suo primo vicepresidente, Frans Timmermans, si mostra aperto al confronto: «Aggiornare le direttive non significa abbassarne gli standard. La tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile sono tra gli obiettivi principali di questa commissione, non sono marginali. Non possiamo però portare avanti da soli quest’agenda. Dateci una mano e, aiutateci, per favore, a mostrare a quanti ancora ritengono un costo la protezione della natura che è proprio la natura il più grande patrimonio dell’Europa.
Sullo sviluppo sostenibile – chiosa Timmermans, virando su quella politica per l’economia circolare anch’essa in corso di revisione da parte della Commissione – l’Europa deve avere sempre una posizione di leadership, non solo perché è giusto, ma perché è la cosa più intelligente da fare. Non possiamo vincere la crescente competizione globale puntando sul ribasso dei salari o sull’incremento dei volumi, l’unica risposta per l’Europa può essere la sostenibilità, l’economia circolare. Vi invito a guardare con occhio critico quello che facciamo e vi prometto: non vi deluderemo». Parole che avranno presto da superare il banco di prova dei fatti: entro fine anno la nuova direttiva dovrà essere presentata, e ogni promessa è debito.