Qui non si parla… di parchi
[15 Maggio 2014]
Feste e ponti sono finiti, ma nonostante la gravità della situazione di parchi non si è tornati ancora a parlare. Eppure la lettera del presidente di Federparchi al ministro Galletti denunciava la sconcertante situazione dei parchi nazionali, tutti o quasi senza direttivo. E stando anche alle notizie di stampa non è che nelle regioni le cose vadano poi tanto meglio, se persino un parco storico come quello del Ticino deve fare i conti con un bel po’ di guai.
C’è però per fortuna anche qualche notizia migliore, come l’accordo a cui finalmente si è giunti dopo le tirate d’orecchie di Napolitano per il parco dello Stelvio.
Quello che continua tuttavia a brillare per l’assenza, dopo le solite contorsioni sulla legge del Senato, è una ripresa di impegno e di iniziativa politico-istituzionale sul piano nazionale. Per le regioni e i comuni non mancano certo i problemi, in vista anche di quel nuovo Titolo V che potrebbe riservargli qualche brutta sorpresa, ma la Conferenza delle regioni e l’Anci le loro idee e proposte da tempo le stanno sottoponendo all’attenzione del governo, sostenendole con chiarezza e vigore.
Per i parchi invece è scena muta. Di idee – non di penose sortite a cui non crede nessuno – non ce ne sono. Cosa vogliono i parchi dal governo, dalle regioni, dai comuni e dalle province in via di chiusura, che intanto stanno tagliando i loro contributi? Cosa stanno facendo, a partire da Roma, perché i parchi nazionali abbiano i loro comitati direttivi e soprattutto dei piani in grado di funzionare come hanno funzionato molti di quelli regionali? Appunto, come di politica in altri tempi, di parchi oggi non si parla. E per favore non si dica che serve una nuova legge. Quella vecchia basta e avanza se i parchi e la loro rappresentanza tornano finalmente a farsi sentire e valere. E invece ho visto che il prossimo direttivo di Federparchi discuterà, tanto per cambiare, di emendamenti.
Mi si lasci dire che come Gruppo di San Rossore abbiamo sperimentato che se si hanno idee da proporre, come noi facemmo con il ministro Orlando, qualcosa a casa si riesce a portare. Insomma, le cose gira e rigira non sono poi tanto complicate se non si ha – come si vede – per la testa altro.
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