Il numero di uccelli è diminuito del 25% in 40 anni, le specie degli ambienti agricoli di quasi il 60%

Ogni anno in Europa scompaiono in media 20 milioni di uccelli. 800 milioni in meno dal 1980

L'agricoltura intensiva è all'origine della scomparsa dell’avifauna europeea

[19 Maggio 2023]

Lo studio “Farmland practices are driving bird populations decline across Europe”, pubblicato su PNAS e frutto di un’ampia collaborazione scientifica europea alla quale hanno partecipato Elisabetta de Carli di FaunaViva e Guido Tellini Florenzano di Dimensione Ricerca Ecologia Ambiente (DREAM), ha quantificato per la prima volta l’impatto diretto di diverse attività umane sugli uccelli su scala continentale: i dati raccolti in quasi 40 anni mostrano «Una perdita di quasi un quarto del numero di uccelli durante questo periodo».

Lo studio, il più ampio e completo mai realizzato sugli uccelli in Europa, dimostra L’effetto negativo e preponderante dell’intensificazione delle pratiche agricole» e rivela che, da 40 anni, ogni anno in Europa scompaiono in media 20 milioni di uccelli. Ovvero 800 milioni in meno dal 1980. La responsabilità predominante di questa strage è dell’evoluzione delle pratiche agricole.

Per arrivare a questa conclusione, gli scienziati hanno confrontato diverse pressioni legate all’attività antropica: l’evoluzione delle temperature, l’urbanizzazione, le aree forestali e le pratiche agricole. Sono stati così in grado per la prima volta di quantificare e dare priorità ai loro impatti sulle popolazioni di uccelli, mettendo insieme il dataset più completo di sempre: 37 anni di dati provenienti da 20.000 siti di monitoraggio ecologico in 28 Paesi europei, per 170 diverse specie di uccelli. Dati che consentono persino di osservare da vicino l’effetto delle pressioni cumulative a livello di ciascun Paese, da un anno all’altro.

Se le popolazioni di uccelli risentono di questo “cocktail” di pressioni, lo studio dimostra che «L’effetto negativo dominante è quello dell’intensificazione agricola, cioè l’aumento della quantità di fertilizzanti e pesticidi utilizzati per ettaro. Ha portato al declino di molte popolazioni di uccelli, e ancor più di uccelli insettivori. In effetti, fertilizzanti e pesticidi possono interrompere l’equilibrio dell’intera catena alimentare di un ecosistema».

L’altra pressione più importante è quella legata all’aumento globale delle temperature, che colpisce soprattutto le specie che prediligono il freddo, con un calo del 40%, ma non risparmia le specie che prediligono il caldo, con un meno 18%. Infine, mentre il numero di uccelli è diminuito in tutto il continente, alcuni ecosistemi sono colpiti più gravemente di altri: «Mentre il numero di uccelli forestali è diminuito del 18%, questa cifra sale al 28% per gli uccelli urbani ed è balzata al 57% per gli uccelli agricoli uccelli», fanno notare al CNRS.

La Francia – che insieme all’Italia è il Paese Ue con più specie di avifauna –  è un buon specchio della situazione europea: è comunque uno dei Paesi con la più alta superficie agricola ad agricoltura intensiva, ma anche tra quelli la cui superficie è aumentata di più di recente. Inoltre, la temperatura è aumentata di circa 1° C tra il 1996 e il 2016 e la superficie artificiale è al di sopra della media europea e la copertura forestale al di sotto della media europea, sebbene sia aumentata dal 1996. In Francia il numero di uccelli agricoli e forestali è diminuito rispettivamente del 43 % e 19%. Il numero di uccelli che nidificano nelle aree urbane è aumentato del 9%. Alcune specie hanno visto diminuire drasticamente le loro popolazioni: circa -75% per la passera mattugia, il saltimpalo e la pispola, per esempio.

Al CNRS  evidenziano che «Questo declino mostra l’impatto delle attività umane su un intero gruppo di specie con esigenze molto diverse. Questo è il segno di un profondo degrado ambientale. Più direttamente, gli uccelli sono coinvolti nelle interazioni fondamentali negli ecosistemi: predazione e regolazione di altre specie, dispersione dei semi, risorse per altre specie predatrici. La loro scomparsa mette quindi a repentaglio tutti gli ecosistemi».

I ricercatori concludono: «Questo lavoro dimostra l’urgenza di ripensare l’attuale modalità di produzione alimentare».