Parco Yasunì, nel 2007 la storica battaglia contro le trivelle: e poi?
[6 Novembre 2013]
Ultimamente, in ambienti ecologisti e altermondialisti, ma non solo – si veda ad esempio l’Award for Best Initiative for Sustainability assegnato in occasione dello United Nations’ Global South-South Development Expo 2012 e vinto proprio dall’Iniziativa Yasunì -ITT – , si è sentito parecchio parlare dell’Iniziativa Yasunì – ITT.
Per chi non lo sapesse, l’Iniziativa nasce nel 2007 dalla proposta dalla società civile e dai movimenti indigeni ecuadoriani di non estrarre il greggio presente nel sottosuolo del Parco nazionale Yasunì – che è una delle zone più biodiverse del pianeta, oltre ad essere il territorio di numerose comunità indigene, alcune delle quali sono ancora non-contattate o vivono in isolamento volontario.
La proposta della società civile aveva come scopi principali quelli di 1) preservare la biodiversità e le culture ancestrali amazzoniche, 2) ridurre le emissioni di anidride carbonica e 3) rispettare i diritti dei popoli indigeni, così come indicato nella Costituzione ecuadoriana.
Nel 2007, il presidente Rafael Correa ha (parzialmente) adottato l’Iniziativa Yasunì-ITT, che prevedeva il non sfruttamento del petrolio dei campi petroliferi Ishpingo, Tiputini e Tambococha (da cui ITT) compresi entro i confini del parco. In cambio si chiedeva alla comunità internazionale di contribuire con il 50% delle entrate potenziali.
Si trattava di un’iniziativa coraggiosa, innovativa e portatrice di speranze per il futuro. In particolare, possiamo dire che si trattava di un esperimento per la costruzione di nuovi modelli post-estrattivisti e post-sviluppisti orientati al buen vivir[1] e al rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani, di tutti i popoli e della Natura. Un altro aspetto importante è rappresentato dal considerare la diversità biologica e culturale dell’Amazzonia come beni comuni globali. Imparando dalla premio Nobel Elinor Ostrom che ha descritto il ruolo che i beni comuni hanno a livello locale come strumenti pratici di gestione delle comunità, emerge l’importanza di questa nuova categoria di beni comuni nel momento in cui ci si propone di ideare nuovi modelli orientati al buen vivir.
Purtroppo, però, il cammino dell’Iniziativa è stato fin da subito travagliato, infatti, dopo i primi discorsi in cui Correa sembrava appoggiare in toto la nuova filosofia costituzionale, cominciano le marce indietro, gli attacchi contro quelli che definisce “ecologisti infantili” e le pressioni sulle popolazioni locali per autorizzare studi e perforazioni nei loro territori. Infine, nell’agosto di quest’anno, Correa ha annunciato la sua decisione di porre fine all’Iniziativa. I movimenti indigeni, ambientalisti, per i diritti umani, così come moltissimi cittadini Ecuadoriani si stanno mobilitando contro questa decisione: la marce e le manifestazioni si susseguono ed è stata presentata richiesta per lo svolgimento di un referendum, così come previsto dalla Costituzione.
Nel fare un primo bilancio, a nostro parere, non si dovrebbe considerare l’Iniziativa Yasuní-ITT un’occasione sprecata, poiché essa rappresenta il primo passo di un processo che ormai ha preso avvio. Il secondo passo di questo processo dovrebbe essere una moratoria sullo sfruttamento di idrocarburi presenti in aree protette e territori indigeni e tribali, supportata dai principi di diritto internazionale esistenti. Il terzo dovrebbe essere il cambiamento dell’attuale modello d sviluppo e consumo, in favore di modelli orientati al buen vivir.
In questo periodo di crisi economica, sociale e culturale, le alternative possono emergere dalla “periferia” e dai gruppi marginali. I movimenti indigeni in Ecuador (e in altre zone dell’America latina) possono rappresentare queste alternative, anche se i conflitti sono inevitabili. Che sia finalmente l’occasione di capire l’importanza delle proposte che nascono in quei paesi che escono sconfitti dalla corsa allo sviluppo, ma che proprio per questo sono incubatori privilegiati di nuovi scenari e nuovi modelli?!
Cosa puoi fare tu?
Come associazione o singolo individuo, puoi sostenere una delle comunità Kichwa che vogliono resistere all’invasione petrolifera e conservare il loro ruolo di guardiani della selva. La comunità di Llanchama, un vero paradiso terrestre, sta portando avanti un progetto di turismo comunitario che vi consigliamo con tutto il cuore di visitare! Tutte le informazioni sono reperibili su http://llanchamaecoaldea.wordpress.com/ e www.facebook.com/rayas.yasuni o scrivendo a rayasuni@gmail.com.
Come associazione, puoi aderire alle campagne Amazonìa por la vida www.amazoniaporlavida.org/es/General/el-yasuni-la-iniciativa-las-acciones-en-ecuador-y-el-mundo.html (scrivendo a gabrielar@amazoniaporlavida.org) e YASunidos www.yasunidos.org.
L’articolo completo in inglese è reperibile al seguente link: www.eaepeparis2013.com/papers/Full_Paper_Gaia-Calligaris.pdf
Gaia Calligaris e Roberto Trevini Bellini (per greenreport.it)
[1] Il principio motore e il mito originario della cosmovisione e della filosofia andina è quello della relazionalità – mentre, ad esempio per il pensiero occidentale à la razionalità. “Il risultato è uno sforzo complessivo (intellettivo, sensitivo, emozionale, esistenziale) dell’essere umano per ‘trovare il suo posto’ nel mondo” (Josef Estermann, Filosofia andina. Estudio intercultural de la sabidurìa autòctona andina, Abya Yala, 1998). La conseguenza è che l’essere umano (runa) è parte integrante di quel tutto di cui fanno parte la sua comunità e la natura (Pachamama).