Per trovare il cibo le api e i bombi usano il “supersenso” degli squali

E le falene australiane si spostano per mille chilometri tracciando la rotta con la Via Lattea

[12 Agosto 2020]

E’ noto che per andare alla ricerca di polline di fiore in fiore le api utilizzano i loro occhi composti e antenne sensibili. Ora Horizon – The EU Research & Innovation Magazine  pubblica i primi risultati di una  nuova ricerca che sta rivelando che i bombi hanno un altro senso nascosto che consente loro di rilevare quando un fiore è stato visitato l’ultima volta da un altro insetto.

Daniel Robert, della School of Biological Sciences dell’università di Bristol, ha infatti scoperto che i bombi sono in grado di percepire deboli campi elettrostatici che si formano mentre volano vicino a un fiore e spiega su Horizon: «Misurando il campo elettrico che circonda il fiore, Un’ape ha la capacità, anche senza atterrare, di sapere se un fiore è stato visitato negli ultimi minuti o secondi.

Una scoperta fatta per la prima volta nel 2013 nello studio “Detection and Learning of Floral Electric Fields by Bumblebees” pubblicato su Science da un team di ricercatori di cui faceva parte anche Robert   e che è solo uno degli esempi di elettroricezione nell’aria. Anthony King su Horizon spiega che «Questo senso è noto da tempo nei pesci come gli squali e le razze, che possono rilevare i deboli campi elettrici prodotti da altri pesci nell’acqua. E’ stato anche scoperto che mammiferi acquatici come ornitorinchi e delfini usano campi elettrici per aiutarli a cacciare le prede. Ma invece che cacciare i pesci, i bombi sembrano usare la loro capacità di percepire i campi elettrici per aiutarle a trovare fiori che sono probabilmente ricchi di polline e nettare. I bombi sviluppano una carica elettrostatica perché mentre volano perdono elettroni a causa dello sfregamento dell’aria contro il loro corpo, determinando una piccola carica elettrica positiva. L’effetto è un po’ come sfregare un palloncino da party contro i capelli o un maglione, tranne per il fatto che la carica accumulata dalle api è circa 10.000 volte più debole». Invece i fiori sono radicati a terra, una fonte ricca di elettroni, e tendono ad essere caricati negativamente. Si ritiene che siano queste cariche elettrostatiche che aiutano api e bombi a raccogliere più facilmente il polline. «Il polline caricato negativamente si attacca al bombo caricato positivamente perché le cariche opposte si attraggono – spiega ancora Horizon – Una volta che il polline si attacca all’ape, anche questa diventa più caricata positivamente durante il volo, rendendo più probabile che si attacchi alla parte femminile di un fiore caricata negativamente, nota come stigma».

Ma Robert e le sue colleghe Dominic Clarke ed Erica Morley si sono chiesti se ci potesse essere qualcosa di più in questa interazione e, quando hanno inserito un elettrodo in un fiore, hanno rilevato una corrente che scorre attraverso la pianta ogni volta che un bombo si avvicinava in aria. Il loro studio “The bee, the flower, and the electric field: electric ecology and aerial electroreception”, pubblicato nel 2017 sul Journal of Comparative Physiology A, ha rivelato che «Il fiore e il bombo con carica opposta generano un campo elettrostatico tra di loro che esercita una piccola forza attrattiva».

Poi, per studiare se i bombi sono consapevoli di questo campo elettrostatico, hanno offerto loro dei piccoli recipienti con o senza ricompense di zucchero. Quelli con lo zucchero avevano anche 30 volt di elettricità per creare un campo elettrico e hanno così dimostrato che i bombi potevano percepire il campo elettrico e apprendere che era associato a una ricompensa. Senza la carica, i bombi non erano più in grado di identificare correttamente il disco contenente materiale zuccherino.

Lo studio “Reception and learning of electric fields in bees”, pubblicato nel 2013 su Proceedings of the Roya Society B da un team di ricercatori tedeschi  ha dimostrato che anche le api da miele sono in grado di rilevare un campo elettrico. Ma come bombi ed api ci riuscissero restava un mistero che ha portato Robert a creare il progetto ElectroBee che ha permesso di scoprire che la peluria che ricopre il corpo delle api si muove in presenza di deboli campi elettrici e che «Ognuno di questi peli ha alla sua base nervi che sono così sensibili da poter rilevare piccoli movimenti – fino a sette nanometri – causati dal campo elettrico».

Robert ritiene che «Quando un’ape visita un fiore, può annullare parte della carica negativa e quindi ridurre il campo elettrostatico che si forma quando le api si avvicinano. Questo cambiamento nella forza del campo elettrostatico potrebbe consentire ad altre api che volano oltre di capire se vale la pena visitare un fiore prima che atterrino, aiutando a risparmiare tempo ed energia. Altri segnali, come i cambiamenti nel colore e nell’odore dei fiori, avvengono in pochi minuti o ore, mentre le interruzioni del potenziale elettrico avvengono in pochi secondi».

Ora. Robert e il suo team stanno testando la loro teoria secondo la quale il campo elettrico aiuta le api a sapere quali fiori visitare. Quest’estate stanno contando le visite dei bombi ai fiori in un prato e misurando i campi elettrici intorno ai fiori. Horizon sottolinea che «Le loro scoperte potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere meglio la relazione tra piante e insetti impollinatori, il che può rivelarsi cruciale per migliorare la produzione di molte colture di frutta vitali che si affidano alle api per l’impollinazione».

Robert sta anche studiando se i bombi utilizzano la loro carica elettrostatica per comunicare ai loro compagni di nido i posti migliori dove andare a cercare il polline.

Ma mentre i bombi e le api utilizzano il loro straordinario potere sensoriale per trovare cibo a pochi chilometri dai loro nidi, un altro insetto usa un altro senso nascosto per fare viaggi molto più lunghi. Si tratta delle falene australiane di Bogong (Agrotis infusa) che da tutta l’Australia compie lunghissime migrazioni notturne di giorni e settimane, a volte percorrendo oltre 1.000 km, per raggiungere le Alpi Australiane nel sud-est del Paese dove vanno in letargo in grotte sopra i 1.800 metri per tutta l’estate australiana, per poi intraprendere il viaggio di ritorno. L’unico insetto noto per avere un comportamento migratorio simile e la farfalla monarca del Nord America che però per spostarsi fa affidamento sulla posizione del sole. Invece le falene volano di notte e questo ha affascinato lo zoologo svedese Eric Warrant della  Lunds universitet sin da quando era studente a Canberra.

Warrant sospettava che, per trovare la loro rotta, le falene potessero usare il campo magnetico terrestre, ma gli esperimenti con bobine per esporre le falene  di Bogong a un campo magnetico terrestre manipolato sono falliti e lo studio “The Australian Bogong Moth Agrotis infusa: A Long-Distance Nocturnal Navigator”, pubblicato nel 2016 su Frontiers in Behavioral Neuroscience ha constatato che le falene sembravano essere influenzate dal campo magnetico, ma che per migrare utilizzavano anche qualcos’altro: la vista.

Warrant, che sta cercando di svelare il modo in cui le falene percepiscono i campi magnetici della Terra nel suo progetto MagneticMoth spiega su Horizon: «E’ un po’ come quando facciamo le escursioni. Leggiamo la bussola, quindi cerchiamo qualcosa verso cui camminare in quella direzione, un albero o la cima di una montagna». La sua ricerca ha già dimostrato che le falene controllano la loro bussola interna ogni due o tre minuti e continuano a basarsi su un segnale visivo. Il problema è: cosa sono in grado di vedere gli insetti di notte? Ulteriori ricerche hanno rivelato qualcosa di straordinario. Quando  Warrant ha scaricato il programma planetario open source Stellarium e ha proiettato il cielo notturno australiano sopra le rotte delle falene in migrazione, ha scoperto che utilizzano le stelle.

Warrant fa notare che «Pochissimi animali hanno la capacità di leggere le stelle e di usarle per trovare nord, sud, est o ovest. ‘Noi abbiamo imparato come farlo. Lo fanno alcuni uccelli».

Ms è probabile che, con gli occhi sfaccettati che hanno, le falene di Bogong non seguano una singola stella guida ma qualcosa di molto più esteso, panoramico e visibile e Warrant ricorda che «Nell’emisfero meridionale, la Via Lattea è molto più distinta di quanto non lo sia qui nell’emisfero settentrionale. E’ davvero una striscia di luce pallida nella quale sono intervallate stelle molto luminose». Lo scienziato svedese è convinto che, almeno in parte, le falene siano guidate verso le loro fresche grotte alpine dalla luce della Via Lattea.  E Horizon aggiunge che «La scoperta potrebbe anche portare allo sviluppo di nuovi tipi di navigazione anche per la nostra stessa specie. Il GPS, ad esempio, si basa su una costellazione di satelliti vulnerabili».

Warrant conclude: «Studiare un insetto in grado di volare per 1.000 km fino a una grotta usando un cervello delle dimensioni di un chicco di riso, potrebbe aiutarci a trovare alternative. Gli animali sembrano risolvere problemi complessi con poco materiale e basse quantità di energia».