Perché i livelli di mercurio nel tonno sono quasi invariati dal 1971 nonostante il calo dell’inquinamento

Ci vorrà molto tempo per smaltire l’inquinamento accumulatosi nei fondali e che continua a circolare negli oceani

[22 Febbraio 2024]

Nonostante gli sforzi per ridurre le emissioni di mercurio nell’ambiente, lo studio “Stable Tuna Mercury Concentrations since 1971 Illustrate Marine Inertia and the Need for Strong Emission Reductions under the Minamata Convention”, pubblicato su Environmental Science & Technology Letters da  un team di ricercatori guidato da Anaïs Médieu Anne Lorrain dell’IRD, Université Brest, CNRS, Ifremer, LEMAR, IUEM e David Point dell’Université Paul Sabatier Toulouse 3, avverte che  sono necessari obiettivi di riduzione delle emissioni più aggressivi per iniziare a ridurre i livelli di mercurio nel tonno.

Le fonti principali di mercurio includono: miniere di carbone e oro; combustione del carbone; industria; rifiuti e cremazione di corpi umani con otturazioni in amalgama. Le restrizioni su molte di queste attività hanno fatto sì che i livelli di emissioni di mercurio nell’atmosfera diminuissero di circa il 90% dal 1990 ad oggi.

All’American Chemical Society (ACS) spiegano che «Le politiche di protezione ambientale hanno contribuito a ridurre l’inquinamento da mercurio derivante dalle attività umane come la combustione del carbone e l’estrazione mineraria in tutto il mondo. Tuttavia, le persone possono ancora essere esposte al metilmercurio e i neonati e i bambini piccoli corrono il rischio più elevato. Il metilmercurio è una sostanza chimica particolarmente tossica che colpisce il sistema nervoso e si prevede che sia la forma principale di mercurio in riferimento alla contaminazione del tonno».

Per questo, i ricercatori hanno deciso di determinare se minori emissioni atmosferiche comportassero minori concentrazioni di mercurio negli oceani, in particolare il metilmercurio presente nelle fonti alimentari che si trovano negli organismi all’apice della catena alimentare, come il tonno.  Il  team internazionale di ricercatori ha studiato i trend del mercurio nel tonno negli ultimi 50 anni e ha simulato l’impatto futuro delle diverse politiche ambientali sui livelli di mercurio negli oceani e nel tonno. Dopo aver messo insieme i dato precedenti pubblicati e i loro nuovi dati sui livelli totali di mercurio provenienti da quasi 3.000 campioni di muscoli di tonni catturati nell’Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano dal 1971 al 2022, i ricercatori hanno esaminato in particolare i tonni tropicali: tonnetto striato, obeso e pinna gialla che da soli rappresentano il 94% delle catture mondiali di tonno.  Gli scienziati fanno notare che per queste tre specie, «Poiché non subiscono migrazioni transoceaniche, qualsiasi contaminazione trovata nei muscoli degli animali probabilmente riflette le acque in cui nuotano».

La Médieu ha commentato: «Abbiamo molti più dati, più anni di campionamento e anche una gamma più ampia di dimensioni dei pesci. Questo è molto importante perché il mercurio si accumula durante la vita dell’animale. Quindi avere un’ampia gamma di dimensioni dei pesci è davvero importante».

Da questa enorme mole di dati che è stata standardizzata per consentire il confronto tra decenni e regioni, sono emerse «Concentrazioni stabili di mercurio nel tonno in tutto il mondo dal 1971 al 2022, ad eccezione di un aumento nell’Oceano Pacifico nordoccidentale alla fine degli anni ’90», legato alle crescenti emissioni di mercurio in Asia, innescate dall’aumento del consumo di carbone per produrre energia. Ma, a livello globale, nello stesso periodo, il mercurio presente nell’aria è diminuito e il team ha teorizzato che «I livelli statici nel tonno potrebbero essere causati dalla miscelazione verso l’alto del mercurio “legacy” dalle acque più profonde dell’oceano fino alle profondità meno profonde dove i tonni tropicali nuotano e si nutrono. Il mercurio esistente potrebbe essere stato emesso anni o addirittura decenni prima e non riflette ancora gli effetti della diminuzione delle emissioni nell’aria».

La Médieu conferma: «C’è un’enorme quantità di mercurio che si trova nei fondali più profondi degli oceani. Questo si mescola con la superficie dell’oceano, dove nuotano i tonni quando si nutrono. Ecco perché c’è un rifornimento continuo di questo mercurio storico che è stato emesso decenni o secoli fa».

All’ACS evidenziano che «I modelli matematici dei ricercatori che simulano tre politiche ambientali progressivamente più restrittive supportano la loro teoria. I modelli prevedono che anche la politica sulle emissioni più restrittiva impiegherebbe dai 10 ai 25 anni per influenzare le concentrazioni di mercurio oceanico, e poi si verificherebbero diminuzioni nel tonno decenni dopo».

I ricercatori riconoscono che le loro previsioni non considerano tutte le variabili relative all’ecologia del tonno o alla biogeochimica marina, ma affermano che i loro risultati «Indicano la necessità di uno sforzo mondiale per ridurre in modo più aggressivo le emissioni di mercurio e un impegno per il monitoraggio continuo e a lungo termine del mercurio nella vita oceanica». .

La Lorrain ha dichiarato a BBC News: «Il nostro studio suggerisce che avremo bisogno di massicce riduzioni delle emissioni di mercurio per vedere una diminuzione dei livelli di mercurio nel tonno. Anche con una massiccia riduzione delle emissioni di mercurio, i nostri risultati mostrano che dovremo essere pazienti prima di vedere un cambiamento nei livelli di mercurio del tonno. Nel complesso, è simile alle emissioni di CO2: se smettiamo drasticamente di emetterla, la CO2 nell’atmosfera si stabilizzerà lentamente e alla fine inizierà a diminuire».