Presidio Slow Food per la pesca artigianale all’Isola del Giglio. Ma nessuno parla di Area marina protetta
Aderiscono sette pescatori che non si arrendono alle logiche del profitto e del sovrasfruttamento della risorsa ittica
[6 Maggio 2024]
Il nuovo Presidio della pesca artigianale dell’Isola del Giglio nasce dalla volontà di «Combattere il sovrasfruttamento della risorsa ittica, rivitalizzare un’area preziosa e fragile, promuovere la cultura alimentare attraverso l’impegno di persone che – prima ancora di pescatori – sono appassionati di pesca».
Come spiega Claudio Bossini, referente Slow Food del Presidio, «Negli ultimi trent’anni il turismo di massa ha stravolto gli equilibri dell’isola». L’area di riferimento della pesca artigianale dell’Isola del Giglio si estende per un miglio nelle acque circostanti le isole del Giglio e di Giannutri, in provincia di Grosseto.
Sloow Food evidenzia che «L’arrivo di migliaia di visitatori ogni anno su quella che, con appena 21 chilometri quadrati, è la seconda isola più grande dell’Arcipelago toscano non assicura soltanto soldi e benessere: infatti, per rispondere alle esigenze di una clientela sempre più numerosa, alcuni ristoratori hanno scelto di approvvigionarsi di prodotti più economici, di provenienza globale e perciò privi di legami con il territorio. A questo si aggiunge che i fondali, storicamente ricchi e pescosi, vengono sempre più spesso battuti da grandi imbarcazioni provenienti da lontano».
Ido Cavero, referente dei sette pescatori che aderiscono al Presidio, aggiunge: «Ci vorrebbero rispetto e buon senso da parte di chi viene a pescare in queste acque. Certi giorni capita di uscire dal porto e di non poter calare le reti perché dappertutto ci sono le bandiere che segnalano che altri stanno già pescando, barche che usano chilometri e chilometri di reti e fanno la pesca forzata. Significa che pescano senza preoccuparsi troppo di ciò che finisce nella rete: un conto è pescare il pesce “di passo”, catturato mentre migra e un altro conto sono le specie che vivono qua, che devono crescere e riprodursi. Chi viene da fuori, non avendo interesse a rimanere sull’isola, quando finisce di pescare se ne va e basta, lasciando a noi le conseguenze». La vera professione di Cavero è il meccanico, ma ha la barca da sempre e spiega: «Pesco per passione e per avere il pesce da consumare a casa», poi, eventualmente, il resto lo vende. Suo figlio Leonardo, invece, spera di farne una professione vera e propria, forte anche del fatto che alcuni ristoratori dell’isola hanno capito l’importanza e il valore di sostenere i pescatori locali: Bossini conferma: «Abbiamo già notato una risposta positiva da parte della ristorazione locale e delle persone del posto Sostenere questo piccolo nucleo di pescatori significa difendere l’isola da una pesca industriale guidata da logiche predatorie, ma anche salvaguardare il patrimonio storico e culturale dell’isola, ad esempio la capacità di lavorare e cucinare anche quelle che alcuni considerano specie povere», come la boga, il suro, lo zerro, la menola, la musdea, il grongo e la murena. Il disciplinare adottato dai pescatori del Presidio norma chiaramente i tempi e i modi per le catture: no allo strascico e alle reti a circuizione, sì ai palangari e alle reti da posta fissa con dimensioni delle maglie diverse a seconda della stagione e del ciclo biologico della specie che si vuole pescare, per evitare di catturare esemplari troppo giovani e mettere in crisi gli stock ittici. Una scelta che non è soltanto dettata dall’etica, ma dalla consapevolezza che il mare rappresenta una fonte di sostentamento e come tale va rispettato affinché dia sempre da pescare e da mangiare.
«Trent’anni fa al Giglio c’erano una decina di barche grosse e il sabato e la domenica pescavano anche i diportisti – conclude Cavero – eppure il pesce c’era. Oggi siamo rimasti una manciata di barchette, ma il pesce quasi non c’è più. Di chi è la colpa? Del rumore, dell’inquinamento, di chi fa la pesca forzata per accontentare le richieste fuori stagione».
Tutto bene e tutto giustissimo, ma c’è una grossa contraddizione (anzi due): l’area di riferimento della pesca artigianale dell’Isola del Giglio si estende per un miglio nelle acque circostanti le isole del Giglio e di Giannutri, in provincia di Grosseto e l’iniziativa dei pescatori è sostenuta dal Comune dell’Isola del Giglio, si tratta di un mare nel quale esiste – a Giannutri – già una tutela a mare dopo l’istituzione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano nel 1996 e che l’Ente Parco vorrebbe trasformare in una vero parco marino, anche se con un iter ritenuto irrituale da Legambiente perché non contempla l’istituzione dell’Area marina protetta prevista dalla legge sulla protezione del mare del 1982, dalla legge sulle aree protette del 1991 e dalle sue successive modifiche e da diversi trattati internazionali e Direttive europee adottati dall’Italia. La seconda contraddizione è che lo stesso comune che appoggia il presidio Sloow Food (e anche qualche pescatore) si è sempre opposto all’istituzione dell’Area marina protetta al Giglio e non ha mai voluto salvaguardare con campi boe e numero chiuso il mare non protetto (e a volte anche quello protetto) di Giannutri per il quale da molti anni Legambiente Arcipelago Toscano presenta dossier su un assalto insostenibile che è fatto dalle stesse attività che denunciano i pescatori del Giglio.
Umberto Mazzantini, responsabile mare di Legambiente Toscana, commenta: «L’iniziativa del Presidio Sloow Food è ottima e quel che dicono i pescatori gigliesi è condivisibilissimo, ma il passo successivo per ottenere davvero quel che vogliono è l’istituzione dell’Area marina protetta che è prevista “solo” dal 1982, uno scandalo politico che dura dal 42 anni e che deve finire, attuando sia la Direttiva Ue che l’accordo sulla protezione del mare dell’Onu, entrambi adottati dal governo italiano che poi non li attua nemmeno dove le Aree marine protette sono previste da una legge di 33 anni fa. Quello che chiedono i pescatori gigliesi è assolutamente possibile ed attuabile all’interno di un’area marina protetta, come dimostra l’esperienza di Capraia, dove sono stati gli stessi pescatori – e il Comune – ad avanzare addirittura la richiesta di estendere ulteriormente l’Area marina protetta, mentre il governo che dovrebbe portare il mare protetto italiano al 30% non sembra essere d’accordo. Sono contraddizioni che vanno risolte se si vuole davvero uscire da una situazione veramente e volutamente ingarbugliata e salvaguardare la pesca artigianale, la risorsa ittica e il mare come chiedono i pescatori del Giglio»