Proteggere gli habitat per previene le pandemie
I meccanismi che collegano cambiamento ambientale e diffusione di agenti patogeni dagli animali all’uomo
[27 Marzo 2024]
Mentre le agenzie della sanità pubblica di tutto il mondo cercano di capire come prevenire/reagire alla prossima pandemia, il nuovo studio “Ecological Countermeasures to Prevent Pathogen Spillover and Subsequent Pandemics”, pubblicato su Nature Communications da un folto team internazionale di ricercatori, propone di utilizzare prospettive ecologiche per prevenire epidemie prima che si verifichino.
Alla Cornell University ricordano che «Le pandemie iniziano quando animali portatori di malattie, come i pipistrelli, si avvicinano a persone, bestiame o altri animali e trasmettono nuovi agenti patogeni. Virus come SARS-CoV-2, SARS-CoV-1, Nipah, Hendra e forse Ebola si sono tutti diffusi fatalmente dai pipistrelli agli esseri umani, a volte attraverso un ospite intermedio».
Il team internazionale di 25 scienziati guidati da Raina Plowright, del Department of public and ecosystem health della Cornell ha proposto una roadmap su come prevenire la prossima pandemia, tutelando le aree naturali e promuovendo la biodiversità, fornendo così agli animali cibo sufficiente, rifugi sicuri e distanza per limitare il contatto e il trasferimento di agenti patogeni all’uomo.
La Plowrigh sottolinea che «Il mondo è concentrato su come rilevare e quindi contenere un nuovo agente patogeno una volta che circola negli esseri umani, piuttosto che su come possiamo impedire prima di tutto che l’agente patogeno entri nella popolazione umana».
Un altro autore dello studi, Charley Willison, anche lui della Cornell. sottolinea che «La prevenzione pandemica promuove l’equità nella salute riducendo il rischio che si verifichi una pandemia, riducendo il rischio di malattia per tutti».
La strategia di prevenzione della pandemia si basa sugli approfondimenti di 2 studi del 2022 i cui risultati sono applicabili a tutti gli animali potenzialmente portatori di malattie zoonotiche. I ricercatori evidenziano che «Quei documenti – su come i pipistrelli possono diffondere il virus fatale Hendra ai cavalli e alle persone – spiegavano che quando i pipistrelli perdono i loro habitat naturali e le fonti di cibo invernali, le loro grandi popolazioni si dividono e migrano in piccoli gruppi verso le aree agricole e urbane. Inoltre diventano stressati, in parte a causa di fonti di cibo inadeguate, e perdono più virus nelle urine. Il virus cade a terra dove i cavalli al pascolo si infettano; i cavalli a loro volta possono infettare le persone. Ma quando gli habitat naturali possono fornire cibo adeguato, soprattutto maggesi nei mesi invernali, i pipistrelli ritornano in questi habitat, si aggregano in gran numero e smettono di diffondere il virus».
La roadmap del team di ricerca utilizza questo e altri casi di studio per spiegare i meccanismi che collegano il cambiamento ambientale e la diffusione di agenti patogeni dagli animali all’uomo e identifica interventi ecologici per interrompere questi collegamenti e quadri politici per implementarli.
Alla Cornell spiegano ancora che «I cambiamenti nell’uso del territorio sono un fattore importante per la diffusione di agenti patogeni dalla fauna selvatica alle persone, attraverso comportamenti umani che mettono le persone a stretto contatto con gli animali. Ad esempio, quando gli esseri umani costruiscono strade in aree naturali precedentemente intatte, aumentano le opportunità di esposizione umana alle specie selvatiche. Con un accesso più in profondità nelle aree naturali, aumenta il commercio di animali selvatici, si aprono nuove industrie come l’estrazione del guano di pipistrello nelle caverne e nuove comunità possono cacciare di più, spesso per sopravvivere. Le persone hanno contratto la malattia macellando pipistrelli o mangiando frutta contaminata dalla saliva di pipistrelli». Inoltre, come ha rivelato il caso di studio sul virus Hendra, «Senza un habitat intatto, gli animali si stressano e diffondono più virus e si spostano in cerca di cibo verso le aree agricole e urbane, sovrapponendosi maggiormente alle persone».
La Plowright avverte che «Molti esperti ritengono che la prossima pandemia deriverà da un nuovo agente patogeno che deve ancora infettare le persone, ha affermato Plowright. Gli interventi ecologici che interrompono questi meccanismi di spillover iniziano proteggendo i luoghi in cui mangiano gli animali. Dobbiamo assicurarci che ci sia sempre un’abbondante fornitura di cibo disponibile in ogni periodo dell’anno, soprattutto quando gli animali si trovano in fasi di vita stressanti come la riproduzione e la migrazione».
Dopo, è importante proteggere i luoghi in cui gli animali possono rifugiarsi o aggregarsi. Dato che decine di migliaia di pipistrelli possono rifugiarsi sotto delle tettoie e dentro delle caverne, quando queste aree vengono disturbate queste popolazioni possono frammentarsi, spostarsi e diffondere più virus. Inoltre, i pipistrelli che vivono nelle caverne potrebbero non avere altre caverne in cui trasferirsi, nel qual caso restano lì, si stressano e probabilmente diffondono più virus. E’ fondamentale anche la protezione dei territori che fungono da cuscinetto tra le persone e la fauna selvatica.
La Plowright fa notare che «Ci sono trilioni di microbi in natura, ma raramente ci ammaliamo, perché ci sono molte, molte barriere tra noi e i nuovi agenti patogeni. Alla fine, per le comunità che entrano in contatto con gli animali, è importante garantire che le persone abbiano la protezione di cui hanno bisogno per evitare l’esposizione agli agenti patogeni».
I ricercatori propongono soluzioni che non solo proteggano gli esseri umani dalla prossima pandemia, ma preservino anche la biodiversità e mitighino il cambiamento climatico. Per la Plowrigh «I quadri politici dovrebbero cercare di riflettere queste sinergie. Mentre i funzionari della sanità pubblica si sono concentrati sulla ricerca biomedica, che è necessaria, esistono solo una manciata di studi ecologici che esplorano i fattori che determinano lo spillover e cosa lo ferma.
Gli autori dello studio sottolineano la necessità di istituire un’agenzia o di un gruppo internazionale in grado di valutare e sintetizzare i dati sulla prevenzione, preparazione e risposta alla pandemia e raccogliere parametri sull’integrità dei territori ed ecologica e sulla biodiversità.
Willison conclude: «La limitata capacità politica, unita all’aumento del rischio di pandemie dovute al cambiamento climatico, richiede un’azione. Maggiori investimenti nelle politiche pandemiche in generale, con un’enfasi sulla prevenzione della pandemia, promuoveranno strategie di mitigazione della pandemia più efficaci ed eque».