Quali sono gli animali più vulnerabili all’estinzione a causa dei cambiamenti climatici
Reperti fossili per identificare le specie oggi più a rischio a causa dei cambiamenti climatici causati dall’uomo
[11 Marzo 2024]
I cambiamenti climatici del passato, spesso causati da cambiamenti naturali nei gas serra dovuti all’attività vulcanica, hanno provocato l’estinzione di innumerevoli specie nel corso della storia della vita sulla Terra, ma oggi non è chiaro quali siano i fattori che rendono le specie più o meno resilienti al clima e in che modo l’entità del cambiamento climatico di origine antropica influisce sul rischio di estinzione.
Lo studio “Climate change is an important predictor of extinction risk on macroevolutionary timescales’, pubblicato su Science da un team di ricercatori delle università di Oxford e Bristol, ha cercato di rispondere a questa domanda analizzando la documentazione fossile di invertebrati marini (come ricci di mare, lumache e molluschi) negli ultimi 485 milioni di anni.
I ricercatori evidenziano che «Gli invertebrati marini hanno una documentazione fossile ricca e ben studiata, che rende possibile identificare quando e potenzialmente perché le specie si estinguono».
Utilizzando oltre 290.000 reperti fossili che coprono più di 9.200 generi, i ricercatori britannici hanno raccolto un dataset di tratti chiave che potrebbero influenzare la resilienza all’estinzione, compresi tratti non studiati in profondità in precedenza, come la temperatura preferita. Informazioni che sono state integrate con i dati della simulazione climatica per sviluppare un modello per comprendere quali fattori fossero più importanti nel determinare il rischio di estinzione durante il cambiamento climatico.
Gli autori dello studio hanno così scoperto che «Le specie esposte a maggiori cambiamenti climatici avevano maggiori probabilità di estinguersi. In particolare, le specie che hanno subito variazioni di temperatura di 7° C o più attraverso le fasi geologiche erano significativamente più vulnerabili all’estinzione».
Inoltre dicono che «Le specie che vivono in condizioni climatiche estreme (ad esempio nelle regioni polari) erano sproporzionatamente vulnerabili all’estinzione, e gli animali che potevano vivere solo in un intervallo ristretto di temperature (in particolare intervalli inferiori a 15° C) avevano una probabilità significativamente maggiore di estinguersi».
Ma gli scienziati fanno notare che «La dimensione dell’area geografica era il più forte predittore del rischio di estinzione. Le specie con aree geografiche più ampie avevano una probabilità significativamente inferiore di estinguersi. Anche le dimensioni corporee erano importanti, poiché le specie dal corpo più piccolo avevano maggiori probabilità di estinguersi. Tutti i tratti studiati hanno avuto un impatto cumulativo sul rischio di estinzione. Ad esempio, le specie con areali geografici ristretti e intervalli termici ristretti erano ancora più suscettibili all’estinzione rispetto alle specie che avevano solo uno di questi tratti».
il principale autore dello studio, Cooper Malanoski del Department of Earth Sciences di Oxford conferma che «Il nostro studio ha rivelato che l’area geografica è il più forte predittore del rischio di estinzione per gli invertebrati marini, ma che anche l’entità del cambiamento climatico è un importante fattore predittore di estinzione, che ha implicazioni per la biodiversità oggi di fronte al cambiamento climatico».
Dato che gli attuali cambiamenti climatici di origine antropica stanno già spingendo molte specie sull’orlo dell’estinzione, questi risultati potrebbero aiutare a identificare gli animali più a rischio e definire strategie per proteggerli.
Ne è convinta l’autrice principale dello studio, Erin Saupe, collega di Malanoski. che sottolinea: «Le prove del passato geologico suggeriscono che la biodiversità globale si trova ad affrontare un futuro straziante, date le stime previste sui cambiamenti climatici. In particolare, il nostro modello suggerisce che le specie con escursioni termiche ristrette inferiori a 15° C, che vivono ai poli o ai tropici, sono probabilmente a maggior rischio di estinzione. Tuttavia, se il cambiamento climatico localizzato fosse abbastanza grande, potrebbe portare a un’estinzione significativa a livello globale, spingendoci potenzialmente più vicini a una sesta estinzione di massa».
Secondo il team di ricerca, la ricerca futura in questo campo dovrebbe esplorare come il cambiamento climatico interagisce con altri potenziali fattori di estinzione, come l’acidificazione e l’anossia degli oceani
Uno degli autori dello studio, Dan Lunt della School of Geographical Sciences dell’università di Bristol, conclude: «Questo studio dimostra che nel corso della storia della Terra, il rischio di estinzione della vita marina è stato indissolubilmente legato al cambiamento climatico. Questo dovrebbe fungere da severo avvertimento per l’umanità mentre continuiamo incautamente a causare noi stessi il cambiamento climatico bruciando combustibili fossili».