Prima Conferenza nazionale sui paesaggi costieri organizzata da Legambiente e dall’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani

Rapporto Spiagge: +12,5% concessioni balneari, avanza l’erosione costiera e più tratti di costa non balneabili

Legambiente: «In nessun Paese europeo esiste una situazione simile di gestione delle spiagge»

[15 Luglio 2021]

Dal “Rapporto Spiagge 2021. La situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane”, presentato oggi da Legambiente emerge che «In Italia anche in questa seconda estate di pandemia trovare una spiaggia libera è sempre più difficile. Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione». La prima causa di tutto questo è l’aumento esponenziale in tutte le Regioni delle concessioni balneari che, secondo il rapporto «Nel 2021 arrivano a quota 12.166 (contro le 10.812 degli ultimi dati del Demanio relativi al 2018) registrando un incremento del +12,5%». Tra le regioni record ci sono Liguria, Emilia-Romagna e Campania con quasi il 70% dei lidi occupati da stabilimenti balneari. Altri decisi incrementi si registrano in Abruzzo con un salto degli stabilimenti da 647 nel 2018 a 891 nel 2021 e nelle regioni del sud a partire dalla Sicilia dove le concessioni per stabilimenti balneari sono passati da 438 nel 2018 a 620 nel 2021, con un aumento del +41,5%; seguita da Campania che registra un aumento del +22,8% e dalla Basilicata (+17,6%). Tra i comuni costieri, il record spetta a Gatteo (FC) è quello che ha tutte le spiagge in concessione, ma si toccano numeri incredibili anche a Pietrasanta (LU) con il 98,8% dei lidi in concessione, Camaiore (LU) 98,4%, Montignoso (MS) 97%, Laigueglia (SV) 92,5%, Rimini 90% e Cattolica 87%, Pescara 84%, Diano Marina (IM) con il 92,2% dove disponibili sono rimasti solo pochi metri in aree spesso degradate. Per non parlare dei canoni che si pagano per le concessioni, ovunque bassi e che in alcune località di turismo di lusso risultano vergognosi a fronte di guadagni milionari. Ad esempio per le 59 concessioni del Comune di Arzachena, in Sardegna, lo Stato nel 2020 ha incassato di 19mila euro l’anno. Una media di circa 322 euro ciascuna l’anno».

Ma legambiente evidenzia che «A pesare sulle poche spiagge italiane è anche il problema dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose e che si sta accentuando a causa della crisi climatica. La spesa per combatterla – con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni – è di circa 100 milioni di euro l’anno ed è maggiore rispetto a quanto lo Stato incassa effettivamente dalle concessioni balneari (83milioni gli incassi effettivi su 115 milioni nel 2019, unici dati disponibili)».

Il rapporto evidenzia che «Uno dei problemi è che si continua ad intervenire con opere rigide come pennelli e barriere frangiflutti, che interessano almeno 1.300 km di costa, e su cui bisognerebbe aprire una riflessione sulla reale efficacia». Poi c’è la questione legata alle coste non balneabili: «Complessivamente lungo la Penisola il 7,7% dei tratti di coste sabbiose è di fatto interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sicilia e Campania contano in totale circa 55 km su 87 km interdetti a livello nazionale».

Il rapporto, che scatta una fotografia aggiornata e dettagliata dei lidi italiani con dati e numeri alla mano, facendo il punto anche su nodi irrisolti, questioni ambientali da affrontare ed esperienze green che arrivano da stabilimenti e amministrazioni che hanno deciso di puntare sulla sostenibilità ambientale, verrà presentato nel corso nella prima Conferenza nazionale dei Paesaggi Costieri “Coste in movimento” che si tiene oggi e domani a Lecce organizzata da Legambiente e dall’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani con il contributo del Comune di Lecce, della Regione Puglia e del Parco naturale regionale Bosco e Paludi di Rauccio. Una due giorni di confronto tra realtà del settore, amministrazioni, associazioni e rappresentanti istituzionali, che è anche l’occasione per l’inaugurazione della mostra fotografica “Erosioni” sulle trasformazioni dei territori costieri”, frutto del concorso fotografico nazionale.

Legambiente e Osservatorio spiegano che «La scelta di Lecce ha un valore anche di messaggio rispetto alle sfide che riguardano il futuro delle aree costiere, ci troviamo infatti in un Comune che ha preso decisioni ambiziose e innovative a tutela della spiaggia e in una Regione che ha fissato un obiettivo di spiagge libere che è il più alto in Italia. Proprio dalla città pugliese l’associazione ambientalista lancerà le sue proposte chiedendo di approvare quanto prima una legge per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge e per premiare la qualità dell’offerta dei lidi in concessione. In particolare, i primi tre obiettivi della Legge dovranno essere quelli di stabilire un limite massimo del 50% per le spiagge in concessione in ogni comune, con regole per garantire passaggi e spazi per i cittadini. Premiare la qualità dell’offerta dei lidi in concessione e adeguare i canoni delle spiagge in concessione. L’altra proposta che lancia Legambiente è quella di approvare al più presto un piano nazionale di adattamento al clima, con specifica attenzione per le aree costiere come hanno fatto gli altri grandi Paesi europei. Solo in questo modo sarà possibile affrontare i crescenti impatti di eventi estremi sulla costa, l’erosione e la questione dell’innalzamento del livello del mare che porterà a sommergere molti tratti del territorio italiano secondo gli scenari disegnati da Enea e Cmcc».

Dal rapporto emerge che, per quanto riguarda le spiagge libere, «Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto si confermano le cinque regioni in cui non esiste nessuna norma che specifichi una percentuale minima di costa destinata alle spiagge libere o libere attrezzate. Altre regioni sono invece intervenute fissando percentuali massime, ma poche sono quelle intervenute con provvedimenti davvero incisivi e con controlli a tutela della libera fruizione».

Tra i casi virtuosi la Puglia e la Sardegna che hanno stabilito il principio del diritto di accesso al mare per tutti fissando una percentuale di spiagge libere del 60% e del 40% per quelle da poter dare in concessione. Segue il Lazio che fissa al 50% la quota minima di spiaggia libera o libera attrezzata. Ma è proprio lungo il litorale romano che si registra il record negativo per continuità di litorale senza spiaggia libera, con un muro a Ostia che impedisce per circa 3,5 chilometri di vedere il mare e di fruirne gratuitamente. Legambiente ricorda che «Nel marzo 2020, sono stati abbattuti i manufatti abusivi nell’area dell’ex stabilimento “L’Arca”, un passo in avanti ma comunque di piccole dimensioni rispetto al problema».

Il rapporto evidenzia che «Resta il nervo scoperto della poca trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e della non completezza dei dati per delle aree che appartengono al demanio dello Stato. Gli ultimi dati disponibili sulle entrate dello Stato sono del 2019, poiché lo scorso anno nella relazione tecnica del cosiddetto “Decreto Agosto” di risposta alla crisi pandemica, si trova che l’ammontare è pari a 115 milioni, di cui solo 83 però effettivamente riscossi. Non solo appare rilevante questa differenza tra quando dovuto e effettivamente pagato, ma risultano ancora da versare 235 milioni di euro di canoni non pagati dal 2007. Sembra quasi che allo Stato non interessino i canoni delle spiagge. Eppure il giro di affari degli stabilimenti balneari è stato stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui».

Intanto, denuncia Legambiente, «Continua il valzer della proroga senza gara delle concessioni balneari: ultima, in ordine di tempo, quella approvata nella Legge di Bilancio 2019 e nel recente Decreto Rilancio che le estende fino al 2033, nonostante già nel 2009 l’Ue abbia avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia chiedendo la loro messa a gara, visto che la Direttiva Bolkestein del 2006 prevede procedure di evidenza pubblica». Il vicepresidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, ha ricordato che «La situazione delle spiagge in concessione in Italia non ha paragoni con nessun Paese europeo. Un patrimonio ambientale e pubblico così straordinario deve essere gestite nella massima trasparenza, tutelando il diritto a fruire delle spiagge. Oggi non è così, non esista una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione, per cui assistiamo a una corsa alle nuove concessioni e a situazioni dove non esistono più spiagge libere. Chiediamo alla politica e ai balneari di smetterla di parlare della Direttiva Bolkestein, lasciando la questione delle aste alla magistratura, e di affrontare assieme finalmente le questioni delicate che interessano le coste italiane, come l’erosione, il diritto alle spiagge libere e la qualità dei servizi, la tutela della costa. Inoltre, al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, spetta il compito di rendere finalmente trasparenti e accessibili i dati che riguardano il modo con cui vengono gestite queste delicate aree in cui troppo spesso assistiamo a vere e proprie privatizzazioni di fatto. Quando ci sarebbe bisogno di capire come. Da un Governo europeista e impegnato nella transizione ecologica come quello guidato da Mario Draghi ci aspettiamo che finalmente si affrontino questi temi e si punti ad un grande progetto di riqualificazione delle aree costiere, della loro accessibilità e fruizione turistica Per Legambiente sono chiare le priorità che vanno affrontate con una nuova Legge di riordino delle coste e con politiche che puntino a valorizzare questo straordinario patrimonio».

Per Ruggero Ronzulli, presidente Legambiente Puglia, «Risulta fondamentale confrontarsi e discutere unitamente sui temi della riqualificazione delle aree costiere, accessibilità e fruizione turistica. Partire proprio dalla Puglia ci sembra un messaggio importantissimo perché la nostra regione se da un lato ha avuto una crescita importante in termini di turismo, dall’altro sta subendo in modo pesante l’erosione costiera a causa di interventi dell’uomo progettati e pensati male. E’ fondamentale istituire una cabina di regia che guardi il tema a 360° rispettando il paesaggio, il territorio, le spiagge e lo sviluppo turistico».

Ma ci sono anche buone notizie green: il report segnala gli stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità: ci sono quelli plastic free, quelli che investono sul solare, che salvaguardano le dune, valorizzano prodotti a km zero, prevedono spazi ad hoc per chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica. Tra le new entry di quest’anno: Bagno Giulia 85 – Riccione è il primo stabilimento entrato a far parte del progetto provinciale sul turismo sostenibile “Agenda 21e la Spiaggia Tamerici – Cesenatico un arenile rinaturalizzato libero, dove a differenza delle altre spiagge libere qui l’ombrellone non lo devi portare, perché l’ombra è disponibile, naturale, gratuita grazie agli ombrelloni di tamerice. La spiaggia è accessibile anche a persone con ridotta capacità motoria e anche i servizi essenziali come le cabine spogliatoio e le docce sono state realizzate con pali di castagno privi di corteccia e l’acqua tiepida è garantita da un sistema di tubi interrati, per sfruttare il surriscaldamento del suolo.

Infine, nel rapporto c’è spazio anche per le best practises per contrastare l’erosione costiera. Tra gli esempi virtuosi a Bergeggi (SV) la spiaggia delle Sirene è rinata dopo l’intervento di ripascimento del 1992, mentre a Vallecrosia (IM), grazie a finanziamenti ottenuti nel 2004, sono stati utilizzati 300 mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone con l’ottimo risultato di rendere inutili i pennelli e creare una spiaggia di 60-70 metri già nel 2006. In Sardegna il comune di Posada (NU) ha, nel corso degli ultimi anni facendo anche tesoro delle conseguenze traumatiche delle alluvioni, intrapreso una scelta di pianificazione e gestione delle trasformazioni del territorio, in particolare a Monte Orvile, che si è dimostrata all’avanguardia per la messa in sicurezza del territorio dalla speculazione edilizia e da fenomeni di dissesto idrogeologico.  Altra buona pratica di gestione arriva da Gallipoli (LE), dove sono state utilizzate palizzate in castagno come struttura di difesa dall’erosione marina e accumulo del trasposto eolico per il ripascimento spontaneo del piede dunale, e graticciate sui versanti per la stabilizzazione del sedimento, previsto anche un imponente ripristino vegetazionale sul nuovo profilo e all’interno dei campi dunali.