REDD+: vengono rispettati i diritti della comunità indigene? 10 criteri per capirlo (VIDEO)

Una nuova legge tutela meglio i diritti fondamentali e all’ambiente dei popoli pigmei della Repubblica Democratica del Congo

[3 Gennaio 2023]

La 16esima Conferenza della parti dell’United Nations framework convention on climate change (Cop16 Unfccc) tenutasi a Cancun nel 2010 ha adottato 7 principi di salvaguardia per il Reducing emissions from deforestation and forest degradation, and enhancement of forest carbon stocks (REDD+) e due di questi principi riguardano la partecipazione diretta delle popolazioni indigene e delle comunità locali (IP e LC) e il rispetto dei loro diritti.  Si tratta di principi sono pensati per essere “interpretati” dai Paesi REDD+ utilizzando i loro quadri giuridici nazionali, per decidere, ad esempio, chi è riconosciuto come IP o LC e cosa si intende per “rispetto” o “partecipazione”. Man mano che i Paesi superano la fase di attuazione per i pagamenti basati sui risultati REDD+, è urgente riesaminare gli standard di salvaguardia. Ciascun processo di salvaguardia nazionale è specifico e oltre al quadro Unfccc, c’è una proliferazione di transazioni di mercato volontarie, ciascuna con i propri standard di salvaguardia.

Uno studio realizzato  da Juan Pablo Sarmiento Barletti, Anna Larson e Marie-Bernard Dhedya Lonu, del Global Comparative Study of REDD+ del Center for International Forestry Research (Cifor), predendo a modello la Repubblica democratica del Congo, esamina Come sono state interpretate le salvaguardie e cosa significan per IP e LC.  La congolese Dhedya Lonu  fa notare che «I processi di interpretazione nazionale delle salvaguardie di Cancun dipendono dai quadri giuridici nazionali che non sempre favoriscono il riconoscimento e il rispetto dei diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali (IP e LC). Questo nonostante l’evidenza che IP e LC sono efficaci amministratori forestali e allo stesso tempo sono tra le popolazioni più vulnerabili alla crisi climatica».

I ricercatori spiegano che «Nell’ambito del Global Comparative Study on REDD+ ( GCS REDD+ ) di Cifor-Icraf, abbiamo condotto una revisione di documenti legali e interviste con specialisti nella Repubblica democratica del Congo (RDC) per comprendere il livello di riconoscimento e protezione dei diritti degli IP e LC  nel diritto e da parte della politica nel contesto di REDD +. Vogliamo capire se le tutele assicurino che le iniziative “non facciano male” ed esplorare la possibilità che possano addirittura spingerle a “fare meglio”. I risultati preliminari di tale revisione – la prima fase di un’analisi comparativa delle esperienze con le salvaguardie REDD+ in RDC, Indonesia e Perù – sono disponibili in una recente pubblicazione».

Il team del Cifor  ha sintetizzato i risultati preliminari in una tabella con 10 criteri: 1) riconoscimento legale di gruppi storicamente sottorappresentati; 2) allineamento con le salvaguardie di Cancun; 3) riconoscimento delle disuguaglianze di genere o dell’esclusione delle donne; 4) riconoscimento dei diritti degli IP ai sensi del diritto internazionale; 5) riconoscimento dei diritti sulla terra e sulle risorse naturali di IP e LC; 6) riconoscimento dei diritti comunitari sul carbonio; 7) riconoscimento del diritto di IP e LC al consenso libero, preventivo e informato; 8) meccanismi formali di ripartizione dei benefici; 9) meccanismi formali di reclamo; 10) monitoraggio, rendicontazione e verifica del rispetto dei diritti e delle questioni relative all’inclusione sociale. Ogni criterio è stato valutato per vedere se la legislazione nella RDC  sia conforme in tutto, in parte o per niente e ne è risultato che «Nella RDC la quasi totalità dei risultati mostra un parziale allineamento, con importanti progressi negli ultimi mesi».

I ricercatori ricordano che «L’interpretazione delle salvaguardie REDD+ è stata effettuata in un contesto in cui, nonostante i progressi degli ultimi due decenni in materia di conservazione e ambiente, i diritti dei PI non erano stati tutelati. Piuttosto, gli IP sono stati raggruppati insieme a “comunità locali”, definite come gruppi che sono “tradizionalmente organizzati sulla base della consuetudine e uniti dai vincoli di solidarietà di clan o parentali che ne sostengono la coesione interna [e] caratterizzati dal suo attaccamento a un territorio ”. Questa definizione è problematica in quanto non consente il corretto riconoscimento degli IP, ma li accomuna anche ad alcune popolazioni rurali che tendono ad emarginarli, esacerbando il loro status già vulnerabile e le esperienze di estrema povertà». Alla fine del 2022, una nuova definizione di PI è diventata legge con la firma del Presidente della RDC  della Legge sulla promozione e protezione dei diritti dei popoli indigeni pigmei. Per quanto riguarda i diritti fondiari, la Costituzione della RDC garantisce la proprietà collettiva dei terreni acquisiti per legge o per consuetudine. «Tuttavia fa notare lo studio – la proprietà fondiaria spetta esclusivamente allo Stato e, in pratica, comunità e privati ​​possono detenere solo diritti di godimento, uso, usufrutto, passaggio e concessioni su terreni demaniali. Alcuni progressi in materia di diritti sulle risorse sono stati compiuti nel Codice forestale del 2002, che concedeva alle comunità locali il diritto di ottenere concessioni forestali e di conservazione. Tuttavia, l’attuazione di queste concessioni è impegnativa a causa dei costi e delle competenze tecniche richieste. Attualmente, anche la RDC sta apportando modifiche alla legge fondiaria. Insieme alla nuova legge sui diritti dei popoli indigeni pigmei, questi sviluppi politici possono catalizzare il progresso verso i diritti sulla terra e sulle risorse di IP e LC man mano che vengono attuati».

In materia di uguaglianza di genere e diritti delle donne, la RDC ha ratificato trattati e convenzioni e la sua Costituzione stabilisce il principio di uguaglianza tra uomini e donne. Ma per quanto riguarda le risorse naturalia, solo la strategia quadro REDD+ nazionale richiede l’integrazione trasversale delle questioni di genere nelle politiche, nella pianificazione e nell’attuazione dei progetti REDD+.

Quanto ai diritti sul carbonio, un’ordinanza ministeriale del 2018 sul REDD+ afferma che gli stock di carbonio forestale sono di proprietà dello Stato e riconosce che le unità di riduzione delle emissioni sono di proprietà di coloro che investono nel  REDD+, il che può includere le comunità locali. Lo studio afferma che «I piani di ripartizione dei benefici REDD+ dovrebbero essere standardizzati e le riforme settoriali nei settori della proprietà fondiaria e della pianificazione dell’uso del suolo, tra le altre aree, dovrebbero aiutare a chiarire gli accordi di ripartizione dei benefici» e conclude: «Nonostante gli encomiabili progressi con la Legge sulla promozione dei diritti dei popoli pigmei indigeni, nonché la posizione della RDC tra i Paesi più avanzati in Africa per quanto riguarda REDD+, rimangono una serie di importanti riforme. La seconda lettera di intenti firmata tra la RDC e la Central African Forest Initiative (CAFI) offre l’opportunità di sostenere queste riforme».

Un quadro teoricamente promettente che si scontra con la durissima realtà di un Paese che è in gran parte vittima da decenni di un’infinita guerra per le risorse e dove localmente la legge è applicata in maniera arbitraria. Come ricorda la Dhedya Lonu, «Nella Repubblica Democratica del Congo, le popolazioni indigene sono state a lungo sottorappresentate negli organismi pubblici nazionali; hanno subito l’espropriazione della loro terra senza un giusto e proporzionato indennizzo; mancavano del  pieno godimento della terra che occupano e delle sue risorse; avevano uno scarso accesso ai servizi sociali di base come l’istruzione, l’alloggio, l’assistenza sanitaria e la giustizia. Questo nonostante la protezione delle convenzioni internazionali e il riconoscimento che furono i primi occupanti della terra», Ma anche per lei l’approvazione della legge n. 22/030 sulla protezione e la promozione dei diritti delle popolazioni pigmee indigene può essere una svolta: «La nuova legge migliora le basi per un REDD+ più equo e contribuisce al potenziale per migliori politiche di salvaguardia. Dal 2002, con l’avvento del Codice forestale, sono stati compiuti progressi nella conservazione della natura e dell’ambiente. Tuttavia, alcuni gruppi vulnerabili che potrebbero essere interessati dalle attività nel settore non hanno avuto una protezione legale sufficiente, comprese le popolazioni indigene pigmee. La nuova legge ne riconosce lo status giuridico, che costituisce la base per l’istituzione di un quadro normativo adeguato ed efficace per la loro tutela».

Nella RDC, gli IP sono stati equiparati alle comunità locali, definite giuridicamente come: «Una popolazione tradizionalmente organizzata sulla base delle consuetudini e unita dai vincoli di solidarietà di clan o parentali che ne sostengono la coesione interna. Si caratterizza anche per l’attaccamento a un territorio» . Una definizione che non consentiva il riconoscimento dei diritti separati degli IP. La nuova legge cerca di affrontare questo problema definendoli come «Popoli di cacciatori-raccoglitori che generalmente vivono nella foresta, che si identificano come tali e si distinguono dagli altri popoli congolesi per la loro identità culturale, il loro modo di vivere, il loro attaccamento e stretto legame con la natura e le loro conoscenze autoctone».

La Dhedya Lonu  evidenzia che «Sebbene la legge sia di portata generale, fornisce ampie garanzie dei diritti ambientali dei popoli indigeni pigmei. La legge stabilisce inoltre un quadro normativo per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale nella RDC in 62 articoli, suddivisi in 8 capitoli, tra cui i diritti civili e politici, i diritti economici, sociali e culturali, il diritto all’ambiente, il diritto alla terra e alla natura risorse e il diritto al lavoro. I principi della legge coprono un’ampia gamma di questioni relative alle questioni ambientali, tra cui il consenso libero, preventivo e informato (FPIC), la partecipazione delle popolazioni pigmee indigene alla gestione dei loro ecosistemi e il godimento della loro terra e delle loro risorse; stabilisce inoltre sanzioni penali a garanzia della sua applicazione».

La legge garantisce diversi diritti fondamentali, compreso quello all’ambiente che garantisce «Un ambiente sano e non inquinato nelle terre occupate o utilizzate dai popoli indigeni pigmei».  La  Dhedya Lonu  sottolinea che «L’inclusione dei diritti sulla terra e sulle risorse naturali è un significativo passo avanti. Garantiscono il riconoscimento e la protezione della terra e delle risorse che i popoli indigeni pigmei tradizionalmente possiedono, occupano o utilizzano, in conformità con i loro usi e costumi. Questi diritti sono garantiti, tra l’altro, dal divieto del loro trasferimento o reinsediamento senza FPIC e in cambio di un giusto ed equo compenso».

Ma la ricercatrice congolese ribadisce che «Nonostante questi meriti, ci sono ancora progressi da fare. Infatti, conoscendo gli sforzi e i tempi per ottenere questa legge, è preoccupante constatare che la sua corretta applicazione richiede 9 provvedimenti e meccanismi specifici da parte dello Stato, delle Province e degli enti territoriali decentrati, 3 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e 1 ordinanza del Ministro degli affari sociali. Resta da vedere l’attuazione. Inoltre, i diritti delle donne sono menzionati solo in modo generico, non riuscendo così a riconoscere che le donne sono spesso emarginate per quanto riguarda l’accesso alla terra e alle risorse. Per quanto riguarda l’FPIC, richiede solo il previo consenso degli IP in caso di creazione di aree protette sulla loro terra ogni volta che ciò può influenzare direttamente o indirettamente il loro stile di vita».

La  Dhedya Lonu  conclude con una nota di speranza: «Tuttavia, la legge è tempestiva e continua a far sperare in un miglioramento delle condizioni di vita e del trattamento delle popolazioni indigene pigmee della RDC. Resta da vedere come il riconoscimento dei diritti alla terra e alle risorse che è centrale per la legge sosterrà l’equa partecipazione degli IP e dei loro territori agli sforzi REDD+ della RDC».

Videogallery

  • CIFOR's study of REDD+