Ridurre le emissioni e migliorare l’agricoltura per proteggere la natura selvaggia

A causa del riscaldamento globale, 2,7 milioni di km2 di aree selvagge diventeranno adatte all’agricoltura

[23 Ottobre 2023]

Lo studio “Wilderness areas under threat from global redistribution of agriculture”, pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori dell’università di Exeter dimostra che «L’umanità deve ridurre le emissioni di carbonio e utilizzare i terreni agricoli in modo più efficiente per proteggere la parte selvaggia rimanente del nostro pianeta».

Gli scienziati britannici ricordano che «Il cambiamento climatico sta rendendo alcune aree selvagge più adatte alla coltivazione, aumentando il rischio di espansione agricola, soprattutto nelle aree settentrionali, tra cui Canada, Scandinavia e Russia». Lo studio ha valutato la “futura idoneità climatica” di oltre 1.700 varietà di colture e prevede che «Nei prossimi 40 anni, 2,7 milioni di chilometri quadrati di aree selvagge diventeranno nuovamente adatte all’agricoltura. Si tratta del 7% del totale delle zone selvagge rimanenti al mondo al di fuori dell’Antartide».

La proiezione di 2,7 milioni di chilometri quadrati di aree selvagge che diventeranno nuovamente adatte all’agricoltura in 40 anni si basa su un futuro ad alte emissioni (scenario climatico RCP8.5). In uno scenario medio (RCP4.5), l’area è di 1,85 milioni di km2.

Inoltre, lo studio prevede inoltre che «La varietà di colture che possono essere coltivate diminuirà sul 72% dei terreni attualmente coltivabili in tutto il mondo, spingendo ulteriormente all’espansione dell’agricoltura nelle zone selvagge».

Uno degli autori dello studio, Ilya Maclean dell’Environment and Sustainability Institute del Penryn Campus di Exeter, sottolinea che «Solo poche aree del nostro pianeta rimangono relativamente incontaminate dall’influenza umana. Riscaldando il nostro pianeta, rendiamo contemporaneamente meno produttivi i terreni agricoli esistenti e apriamo possibili nuove aree per l’agricoltura, soprattutto nell’estremo nord. Senza protezione, queste preziose aree naturali – con la loro grande biodiversità e valore culturale – potrebbero andare perdute in modo irreversibile».

L’espansione dell’agricoltura è già la causa principale della perdita di biodiversità sui territori a livello globale ed entro il 2050 la produzione alimentare potrebbe dover raddoppiare per soddisfare la domanda della crescente popolazione umana. La principale autrice dello studio, Alexandra Gardner, anche lei dell’Environment and Sustainability Institute, conclude: «Per proteggere la parte selvaggia del nostro pianeta, dobbiamo ridurre urgentemente le emissioni di gas serra. Dobbiamo anche utilizzare i nostri terreni agricoli in modo più efficiente. Possiamo nutrire una popolazione più ampia sui terreni agricoli di cui già disponiamo, ma dobbiamo aumentare l’efficienza delle colture, coltivare le colture giuste per le condizioni che ci sono, ridurre il consumo di carne (che è inefficiente e produce elevate emissioni) e tagliare gli sprechi alimentari».