Riscaldamento globale: querce e pioppi emetteranno più isoprene e potrebbero peggiorare l’inquinamento atmosferico
L’isoprene è un composto ignorato che peggiora l’inquinamento atmosferico con l’aumento della temperatura globale
[10 Ottobre 2023]
Thomas Sharkey, un eminente professore del Plant Resilience Institute della Michigan State University (MSU), è l’autore senior dello studio “Hydroxymethylbutenyl diphosphate accumulation reveals MEP pathway regulation for high CO2-induced suppression of isoprene emission” e lo ha presentato con una domanda provocatoria: «Dovremmo abbattere tutte le querce?»
Una domanda che nasce dai risultati dello studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori della MSU e della Bishop’s University del Quebec che ha scoperto che «Su un pianeta che si riscalda, piante come querce e pioppi emettono una quantità maggiore di un composto che aggrava la scarsa qualità dell’aria, contribuendo al particolato problematico e all’ozono nella bassa atmosfera». Il problema è che lo stesso composto, l’isoprene, può anche migliorare la qualità dell’aria rendendo le piante più resistenti ai fattori di stress, inclusi gli insetti e le alte temperature.
Sharkey riassume ponendo altre domande: «Vogliamo che le piante producano più isoprene in modo che siano più resistenti, o vogliamo che ne producano meno in modo da non peggiorare l’inquinamento atmosferico? Qual è il giusto equilibrio? Queste sono davvero le domande fondamentali che guidano questo lavoro. Più comprendiamo, più efficacemente possiamo rispondere».
E’ dagli anni ’70 che Sharkey studia l’isoprene e il modo in cui le piante lo producono e ricorda che «L’isoprene proveniente dalle piante è il secondo idrocarburo più emesso sulla Terra, dietro solo alle emissioni di metano derivanti dalle attività umane. Eppure la maggior parte delle persone non ne ha mai sentito parlare. E’ rimasto dietro le quinte per molto tempo, ma è incredibilmente importante».
A dire il vero, l’isoprene ebbe un monmento di notorietà negli anni ’80, quando l’allora presidente Usa Ronald Reagan affermò falsamente che gli alberi producevano più inquinamento atmosferico delle automobili. Eppure in quella affermazione da primo negazionismo climatico c’era un fondo di verità.
Alla MSU spiegano che «L’isoprene interagisce con i composti dell’ossido di azoto presenti nell’inquinamento atmosferico prodotto dalle centrali elettriche a carbone e dai motori a combustione interna dei veicoli. Queste reazioni creano ozono, aerosol e altri sottoprodotti dannosi sia per gli esseri umani che per le piante».
Sharkey aggiunge: «C’è questo fenomeno interessante in cui l’aria si sposta attraverso il territorio cittadino, raccoglie gli ossidi di azoto, quindi si sposta su una foresta per darti questa miscela tossica. La qualità dell’aria sottovento di una città è spesso peggiore della qualità dell’aria nella città stessa».
Ora, con il sostegno della National Science Foundation, Sharkey e il suo team stanno lavorando per comprendere meglio i processi biomolecolari utilizzati dalle piante per produrre isoprene e sono particolarmente interessati al modo in cui questi processi vengono influenzati dall’ambiente, soprattutto di fronte al cambiamento climatico.
Prima del nuovo studio, i ricercatori avevano capito che alcune piante producono isoprene mentre effettuano la fotosintesi. Sapevano anche che i cambiamenti che il pianeta sta affrontando stavano avendo effetti contrastanti sulla produzione di isoprene: «L’aumento del biossido di carbonio nell’atmosfera ne riduce il tasso, mentre l’aumento delle temperature lo accelera». Una delle domande alla base della pubblicazione del nuovo studio del team MSU era essenzialmente quale di questi effetti avrà la meglio.
L’autrice principale dello studio, Abira Sahu, ricercatrice associata post-dottorato nel team di ricerca di Sharkey, spiega a sua volta: «Stavamo cercando un punto di regolazione nel percorso di biosintesi dell’isoprene in condizioni di elevata anidride carbonica. Gli scienziati cercavano di scoprirlo da molto tempo. E, finalmente, abbiamo la risposta. Per i biologi là fuori, il punto cruciale del documento è che abbiamo identificato la reazione specifica rallentata dal biossido di carbonio, la CO2. Con ciò, possiamo dire che l’effetto della temperatura prevale sull’effetto della CO2. Quando sei a 95 gradi Fahrenheit – 35 gradi Celsius – non c’è praticamente alcuna soppressione della CO2. L’isoprene si riversa come un matto».
Nei suoi esperimenti il team della MSU ha utilizzato piante di pioppo, scoprendo anche che «Quando una foglia sperimentava un riscaldamento di 10 gradi Celsius, la sua emissione di isoprene aumentava più di 10volte».
Un altro autore dello studio, Mohammad Mostofa, racconta che «Lavorando con Tom, ti rendi conto che le piante emettono davvero molto isoprene. La scoperta aiuterà i ricercatori a prevedere meglio la quantità di isoprene emessa dalle piante in futuro e a prepararsi meglio agli impatti di questo. Ma i ricercatori sperano anche che possa aiutare a orientare le scelte che le persone e le comunità faranno nel frattempo. Potremmo fare un lavoro migliorez.
In un’area come quella dove sorge la Michigan State University, dove ci sono più di 20.000 alberi, questo potrebbe significare che in futuro bisognerà piantare meno querce per limitare le emissioni di isoprene. Ma, per quanto riguarda quel che facciamo riguardo agli alberi che già emettono isoprene, Sharkey ha un’idea che non ne implica l’abbattimento: «Il mio suggerimento è che dovremmo fare un lavoro migliore controllando l’inquinamento da ossido di azoto».